Ieri pomeriggio sono confluite verso Lisbona, da ogni angolo del Portogallo, 300 mila persone tra disoccupati, lavoratori e pensionati, giovani e anziani, tutti, insieme, contro le misure sin qui adottate dal governo. Un fiume in piena, o meglio un mare di bandiere rosse, gialle, rosse-verdi, e un grido «O povo unido jamais sera vencido».
Siamo soltanto all’inizio di un percorso complesso, così vale la pena lottare anche se si sa perfettamente che nell’immediato non si otterrà quasi null;, lo si fa perché quello che importa, oggi, è che ci sia un luogo – il sindacato – dove tanti diseredati possano ritrovare la loro dignità. Perché a volte, la lotta, da mezzo si trasforma in fine e questo è già abbastanza.
Per ora, la coalizione di governo non ha di che impensierirsi troppo: raccoglie ancora il 41% dei consensi contro il 25% del suo principale antagonista, il partito socialista. Bloco de Esquerda e Partido Comunista, uniche formazioni schierate contro le «politiche della Troika», molto difficilmente andranno al governo nei prossimi anni e quindi il loro pur considerevole 14% viene considerato poco o nulla. Ma si sa, le cose possono cambiare in fretta e l’appoggio dei media presto potrebbe non essere più sufficiente a convincere l’«opinione pubblica» circa la necessità di togliere diritti a destra e a manca pur di salvare il sistema bancario.
L’avvertimento lanciato da Armenio Carlos nel suo primo comizio in una manifestazione nazionale – «Compagni. noi non ci arrenderemo!» – suona dnque come una promessa che sarebbe stupido, da parte dell’«arco del debito», sottovalutare.
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