In 35 anni i governi spagnoli hanno varato ben 8 ‘riforme’ del mercato del lavoro. Tutte peggiorative. E quella approvata venerdì scorso dal governo Rajoy è ‘il colpo di grazia’ ai diritti dei lavoratori. Ne è convinto l’economista basco Koldo Irurzun, intervistato oggi dal quotidiano ‘Gara’. “Intanto la ‘reforma laboral’ serve a distrarre l’opinione pubblica” spiega Irurzun a proposito della propaganda di governo e imprenditori secondo i quali è la rigidità del mercato del lavoro una delle cause della crisi. L’economista spiega come la riforma del PP porti alle estreme conseguenze le linee di politica economica già adottate dai socialisti. “La riforma del 1994, che ha cambiato ben 65 articoli dello Statuto dei Lavoratori su 96 totali, era stata già molto aggressiva nei confronti della classe lavoratrice”. Ora Rajoy vuole smantellare del tutto quel patto tra lavoratori e stato che ha permesso fino ad ora un certo grado, seppur sempre minore, di benessere e garanzie. Sicuramente la misura più grave introdotta venerdì, denuncia Irurzun, è il ‘contratto di formazione e apprendistato’. “Cercò di introdurlo già il Psoe negli anni ’80 e venne sventato da un poderoso sciopero generale. Venne già allora denominato ‘contratto spazzatura’ perché introduce il massimo grado di precarizzazione possibile, estendendo fino ai 30 anni di età la massima flessibilità finché il tasso di disoccupazione sarà superiore al 15%”. Un contratto che può durare fino a 3 anni, che permette la licenziabilità senza giusta causa e che fissa la retribuzione tra il 75 e l’85% del Salario Minimo Interprofessionale (SMI). Il che vuol dire che milioni di giovani – e meno giovani – dovranno lavorare per anni ad un salario di circa 500 euro. Naturalmente il governo ha deciso un massiccio piano di incentivi e defiscalizzazioni alle imprese, che in questo modo guadagnano due volte: risparmiando sui salari dei propri dipendenti e pagando meno tasse allo Stato e meno contributi pensionistici. “Di fatto per le imprese si tratta di un contratto a costo zero sul fronte pensionistico, assai favorevole agli imprenditori” nota Irurzun.
Il governo ha ideato anche un altro tipo di contratto, riservato al 99,23% delle imprese esistenti, cioè a quelle con meno di 50 dipendenti. Stabilisce un periodo di prova di un anno (mentre attualmente l’apprendistato dura tre mesi rinnovabili solo in casi eccezionali) durante il quale il padrone può licenziare il dipendente senza alcun limite. Il salario previsto è così basso che è previsto che il dipendente riceva anche un 25% dell’assegno di disoccupazione. Una vera e propria umiliazione che però rende visibile il paradosso per cui un lavoratore percepisce un salario così basso da dover essere integrato dallo Stato.
Inoltre, spiega l’economista, sarà più facile per le imprese anche realizzare licenziamenti collettivi, e non solo in casi in cui l’azienda sia in perdita. Licenziare diventerà, al di là dei nuovi contratti spazzatura, comunque più facile. Anche nella pubblica amministrazione che oggi conta circa 850 mila dipendenti. Gli imprenditori e la classe politica si giustificano con la necessità di combattere la disoccupazione, soprattutto giovanile, e con quella di equiparare il mercato del lavoro spagnolo con quello del resto dell’Unione Europea. Lo slogan è: “tornare ad essere competitivi”. Difficilmente la controriforma del mercato del lavoro farà diminuire il tasso di disoccupazione. Le imprese, avendo a disposizione contratti per loro più convenienti, attueranno un turn over della propria forza lavoro, cercando di espellere chi ha un contratto più ‘costoso’ per sostituirlo con i contratti spazzatura.
Irurzun mette in rilievo la violazione della sovranità nazionale e popolare rappresentata dalle riforme imposte dall’Unione Europea: “la sovranità viene completamente scardinata sulla base di alcuni interessi economici. Queste riforme producono una diminuzione della democrazia, in conseguenza di una minore sovranità’
A rendere patente la violazione della sovranità nazionale – e popolare – è stato nelle ultime ore un vero e proprio schiaffo della troika al governo Rajoy. Le misure del nuovo esecutivo di Madrid, draconiane e prese in tutta fretta, non sono servite a ricevere il placet da parte della Commissione Europea. Che ora afferma di non poter accettare una revisione del rapporto deficit-pil come invece sembrava emergere nei mesi scorsi. “Entro la fine dell’anno il deficit deve scendere al 4.4% del Pil” ha tuonato il commissario agli affari economici e monetari Olli Rehn. Che poi ha chiesto che la finanziaria venga presentata subito, e non dopo le elezioni regionali del 25 marzo in Andalusia e nelle Asturie, come vorrebbero i popolari timorosi di perdere consensi visto che ora sono loro a gestire i tagli e i licenziamenti. Non è facile ed è spesso controproducente, come avviene anche in Grecia per i partiti che sostengono Papademos, essere ubbidienti ai diktat che vengono da Bruxelles. Come ridurre il rapporto deficit-pil dall’8 al 4.4% in un anno? I pesanti tagli alla spesa pubblica contenuti nel decreto del 30 dicembre, il progetto di legge sul «deficit zero» e la cosiddetta «riforma» del mercato del lavoro, approvata venerdì non bastano. E si annuncia un massacro sociale senza precedenti, pari a quello che sta mettendo in ginocchio Grecia e Portogallo.
Ma i sindacati spagnoli non si muovono. Nonostante parte della loro base, il redivivo movimento degli indignados e i purtroppo deboli sindacati non concertavi di ambito statale chiedano a gran voce l’indizione immediata di uno sciopero generale, le direzioni delle Comisiones Obreras e dell’Uniòn General de los Trabajadores continuano a fare melina. Hanno convocato manifestazioni in tuttala Spagnama per domenica 19 febbraio. Niente scioperi e niente conflitto frontale. Domenica il malcontento dei lavoratori e degli spezzoni sindacali più combattivi nei confronti delle direzioni dei due grandi sindacati concertativi potrebbe emergere in maniera eclatante. Nel frattempo i sindacati di ambito basco – tradizionalmente combattivi e indipendenti dal quadro sindacale spagnolo – hanno convocato uno sciopero generale. Il prossimo 29 marzo ELA, LAB, ESK, STEE-EILAS, EHNE e Hiru, che rappresentano la maggioranza dei lavoratori dipendenti delle 4 province basche spagnole ma anche il movimento degli allevatori, dei contadini, quello degli autotrasportatori ed altri spezzoni del lavoro autonomo, chiamano a una grande giornata di sciopero soprattutto contro la ‘reforma laboral’ di Rajoy.
Nel frattempo le mobilitazioni territoriali e di settore non si contano. Questa sera una manifestazione indetta dalle forze sindacali basche e dalla sinistra indipendentista percorrerà le strade di Barakaldo, periferia operaia di Bilbao. Sempre oggi ma in Navarra il sindacato indipendentista e di classe Lab è impegnato in una giornata di mobilitazione “contro la disoccupazione e i tagli e per l’equa ripartizione della ricchezza”.
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