Menu

India. I maoisti chiedono la liberazione dei prigionieri politici

I guerriglieri maoisti che nello Stato indiano di Orissa hanno rapito Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, hanno chiesto ai governi dello Stato e dell’Unione di sospendere entro stasera tutte le operazioni di sicurezza e di avviare una trattativa. Lo riferiscono i media indiani. In un audio-messaggio in cui precisa che il rapimento sarebbe avvenuto due giorni fa, quando i due realizzavano “riprovevoli fotografie” a donne che facevano il bagno in un fiume, il leader dei maoisti in Orissa, Sabyasachi Panda, ha sostenuto che si deve aprire subito una trattativa sul documento contente 13 rivendicazioni diffuso dal movimento nel febbraio 2011. La piattaforma fu pubblicata dopo il rilascio del rappresentante del governo nel distretto di Malkangiri, R. Vineel Krishna, tenuto in ostaggio per otto giorni. In essa trovano posto richieste storiche come il rilascio dei prigionieri politici e la sospensione dell’Operazione Green hunt contro la guerriglia maoista (nota come Naxaliti). La registrazione è stata inviata a molte televisioni.  In un estratto andato in onda, una voce maschile in lingua locale pone le condizioni per il rilascio degli italiani e poi avverte: “se il governo non farà quello che chiediamo, sarà l’unico responsabile per quello che può succedere ai turisti”.

Con i due italiani erano stati rapiti anche due indiani ma sono stati immediatamente dopo rilasciati, secondo il sito Times Now. Il ministro dell’Interno locale ha precisato che il rapimento è avvenuto la notte scosra nella zona confinante tra i distretti di Kandhamal e Ganjam. Bosusco e Colangelo si trovavano nella zona dal 12 marzo insieme ai due indiani di Puri, precisano ancora le fonti locali. Secondo il capo della polizia locale i due italiani erano arrivati insieme a due tour operator locali a Daringibadi, una località turistica nel distretto di Kandhamal.

L’operazione Green Hunt

I guerriglieri maoisti chiedono la sospensione dell’Operazione Green Hunt: Questa vasta operazione militare e di polizia, è stata scatenata dal governo indiano nelle zone dove sono attivi i Naxaliti, si distingue dalle altre guerre dei governi contro i popoli (in Palestina, in Kurdistan, in Colombia, ecc.) per le dimensioni che, per le truppe dispiegate, supera la guerra in Afghanistan (da 150.000 a 200.000 sono i soldati già dispiegati). Investe una parte dell’India grande quanto Francia e Germania insieme, popolata da cento milioni di indigeni. in queste aree forestali non ci sono solo risorse naturali. In questa regione vive gran parte dei circa 100 milioni di Adivasi (cioè, della popolazione tribale) dell’India. Gli Adivasi hanno resistito con tutti i mezzi a loro disposizione ai tentativi del governo di cacciarli dalle loro terre ancestrali con la violenza. Gli attivisti Adivasi si sono opposti al programma di espropriazioni del governo in base al Quinto Allegato della Costituzione Indiana, dedicato ai diritti degli Adivasi e alle disposizioni per proteggerli. Le lotte e le denunce degli Adivasi hanno ragioni reali. Il governo indiano ha risposto alle loro legittime proteste con la mano pesante, in violazione della lettera e dell’intento della Costituzione Indiana. I movimenti di resistenza pacifica nella regione si sono scontrati con la brutalità della polizia e con la forza militare. Una parte del movimento di resistenza ha dovuto armarsi. Settori della società civile (tra cui la scrittrice Arundaty Roy) hanno sollecitato il governo centrale a fermare l’Operazione Green Hunt e ad avviare negoziati con le diverse organizzazioni popolari che si oppongono al saccheggio delle risorse naturali. La risposte del governo all’idea del dialogo, in generale, non sono state incoraggianti, visto l’incremento dei piani di militarizzazione, delle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza, della repressione delle voci di dissenso, e dei sequestri e delle uccisioni di dirigenti delle organizzazioni popolari.

I naxaliti. Intervista a Rahul Pandita

Qui di seguito una intervista a Rahul Pandita, autore del recente libro – “Ciao Bastar, la storia non detta del movimento maoista indiano”- rilasciata al Wall Street Journal. Il saggio di Pandita guarda all’evoluzione del naxalismo nel corso degli ultimi dieci anni, e le prospettive che hanno innescato in India. Il libro di Pandita è una inchiesta che si concentra nella regione di Bastar dello stato indiano del Chhattisgarh, che è una dei principali fronti di guerra tra il governo e i maoisti indiani. Non è secondario ricordare che attualmente il movimento maoista in India agisce dentro un vero e proprio corridoio rosso, che attraversa da sud a nord il paese nella zona est.

Quali importanti cambiamenti si sono sviluppati nella ribellione maoista del 1998 ad oggi?

Mr.Pandita: Penso che è passata da forza di resistenza a forza offensiva. Si sono ampliati. Ora hanno un esercito ben addestrato e altamente motivato di diverse migliaia di uomini e donne chiamato PLGA, Esercito Popolare Guerrigliero di Liberazione, con moderne armi da guerra. Oltre a questi guerriglieri, hanno anche seconde linee militari o forza ausiliarie di base. Alcune di queste forze ausiliari portano armi rudimentali, ed altre armi tradizionali, come archi e frecce. In Dantewada [una zona nel Chhattisgarh], l’anno scorso, per esempio, la guerriglia maoista ha fatto cadere in una imboscata una divisione di polizia, in cui sono stati uccisi 75 poliziotti. C’erano circa 200 maoisti. Attraverso una tipica formazione di 200 maoisti, di cui circa 60-70 sono direttamente militanti del PLGA, il resto di loro sono forze ausiliarie. Una volta che la polizia o i soldati si arrendono, il commando guerrigliero sequestra sempre tutte le armi disponibili. Quindi, in termini di armi, in termini di formazione militare, e sia in termini di espansione globale, hanno guadagnato molto.

La Corte Suprema ha recentemente stabilito che il Governo dello Stato del Chhattisgarh deve smettere di usare i giovani abitanti dei villaggi tribali come truppe per gli squadroni della morte (polizia ausiliaria indiana), nella lotta contro il movimento maoista. Che impatto pensi avrà tale ordine della corte suprema sulla capacità del governo di reprimere l’insurrezione maoista?

Mr.Pandita: E ‘una domanda molto difficile. Non è una situazione in bianco e nero, ci sono sfumature di grigio, ovviamente. Ci sono circa 40.000 membri delle forze ausiliarie di polizia [utilizzate nel lavoro non pubblico di repressione] in tutta l’India. Sono ragazzi presi dalle zone tribali di età compresa tra 18 e 25. Sono molto male addestrati e ottengono uno stipendio di 3.000 rupie al mese. Si sono macchiati in alcuni villaggi di un sacco di atrocità, con palesi violazioni dei diritti umani. Nel marzo di quest’anno, quando questi squadroni di ragazzi poliziotto entrarono in tre villaggi nella zona del Dantewada, bruciarono centinaia di capanne, uccidendo civili e stuprando donne. Dopo l’ordine della Corte Suprema, questi ragazzi dovranno essere disarmati. Una volta disarmati, lo Stato non saprà cosa farsene, non avendo ipotizzato una loro riabilitazione e rinserimento nella società. Quindi sono praticamente in balia dei maoisti. Una volta che tornano ai loro villaggi, rischiano di essere giustiziati. Il governo sarà costretto a ridefinire un ruolo per questi ragazzi in un modo o nell’altro. Per quanto riguarda il loro utilizzo passato e presente è quello di assistere la polizia regolare, nelle operazioni anti-maoiste. Questo perché un soldato del CRPF [Central Reserve Police Force], impegnato nelle azioni di anti-guerriglia viene da fuori, e non ha davvero nessuna idea del terreno su cui combatte. Il livello di motivazione è assolutamente zero, al contrario di un soldato della guerriglia maoista che conosce quella zona e il terreno come il palmo della mano.

Perché ha scelto di raccontare i maoisti della regione di Bastar?

Mr.Pandita: In quella regione opera un dirigente maoista chiamato Kondapalli Seetharamaiah che è uno dei fondatori di quella che allora era [nei primi anni 1980] nota come PWG (gruppo guerra popolare), che si è fusa con un’altra organizzazione chiamata MCC (Centro Comunista Maoista) nel 2004 per formare quella che oggi è noto come il PCI (Maoista), la più importante organizzazione naxalita. Sua figlia Kondapalli Seetharamaiah e il figlio erano medici dell’India Institute of Medical Sciences di Nuova Delhi e viaggiavano occasionalmente per Bastar per curare i pazienti, iniziando ad avere una buona conoscenza del territorio. Quando Kondapalli Seetharamaiah venne a conoscenza di questo territorio, vide immediatamente la possibilità di installare una base guerrigliera in quella zona, perché è una base ideale, grazie alla copertura fitta della giungla. Se non si ha familiarità con il terreno, si perde velocemente. E questa zona è molto vicina allo stato dell’ Andhra Pradesh, che è da dove Kondapalli Seetharamaiah veniva.

Lei ha incontrato altri leader maoisti compreso il loro capo, Muppalla Lakshmana Rao, meglio conosciuto come Ganapathy, mentre scriveva il libro. Come è stato l’incontro con lui?

Mr.Pandita: Ganapathy è un leader molto carismatico. Viene da Karimnagar distretto dell’Andhra Pradesh, da un villaggio chiamato Beerpur. Ha conseguito una laurea in scienza e un altro nel settore dell’istruzione. Era un insegnante di scienze prima di partecipare al movimento. Era molto vicino a Kondapalli Seetharamaiah. Ho avuto la possibilità molto breve di incontrarlo ed è successo per caso. Stavo viaggiando in quella zona e accadde che anche lui si stava dirigendo a Bastar. Ho dovuto camminare per giorni prima di poterlo incontrare. Abbiamo avuto un incontro che è durato solo poche ore. La sua visione di base è quella di portare una rivoluzione e di creare uno stato nello stato.

Quale pensi sia il modo migliore d’azione del governo indiano rispetto al movimento maoista?

Mr.Pandita: Ci sono voluti molti anni per il governo indiano, e molto a malincuore, prima di accettare il fatto che l’insurrezione maoista non è solo un problema di legge e ordine, ma un problema socio-economico. Ma mentre da un lato lo hanno accettato, in pratica nulla è cambiato. La risposta è quello di promuovere lo sviluppo. Se il governo pensa che può essere controllato il movimento naxalita con la forza pura, con forze di polizia ed esercito, questo problema non potrà mai andare via – anche se la leadership maoista venisse eliminata. E ‘una questione che riguarda la vita di centinaia di migliaia di persone in India.

Qual è il futuro del movimento maoista in India?

Mr.Pandita: Penso che sta per espandersi a causa del tipo di politiche che l’India attua contro i settori popolari. Finchè la gente continua a morire di fame, e le loro terre vengono espropriate, provocando una sempre maggiore polarizzazione sociale il maoismo in India è destinato solamente ad espandersi.

 

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *