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Spagna: il governo parla greco, i lavoratori anche

 

All’imponente e davvero generale sciopero che ieri ha paralizzato per 24 ore tutto il paese il governo di Rajoy risponde oggi con dichiarazioni altisonanti di fermezza – “andremo avanti” – e con una Finanziaria ‘lacrime e sangue’. Un pacchetto di tagli e nuove tasse, approvata oggi dal Consiglio dei Ministri, per un valore complessivo di 27,3 miliardi di euro, quel 2% del Pil chela BCEgli impone di segare entro la fine dell’anno se non vuole fare la fine della Grecia. Una finanziaria che segue quella da 15 miliardi varata in fretta e furia lo scorso 30 dicembre, ad appena 40 giorni dalle elezioni che hanno portato in trionfo Rajoy alla Moncloa.

Ad illustrare le misure è stata la feroce – nonostante la faccia d’angelo – vicepremier Soraya Saenz de Santamaria dopo la riunione del cdm: il governo taglierà i bilanci dei ministeri del 16,9%, bloccherà ancora i salari dei dipendenti della pubblica amministrazione, aumenterà l’Irperf sui salari ma non l’Iva, ridurrà le deduzioni delle imposte sulle società per le grandi imprese. Una bella e nuova stangata per i lavoratori e i pensionati arriverà sulle bollette di luce (più 7%) e gas (più 5%), e un aumento delle imposte è previsto anche dalla riforma della giustizia che introduce la tassazione per i giudizi in secondo grado civili ed amministrativi. In un paese con 5,3 milioni di disoccupati (il 23%), oltre 1,5 milioni di famiglie senza alcuna fonte di entrate, il governo ha inoltre approvato la proroga del programma di aiuti agli alimenti, finanziato con 65 milioni di euro, destinato alle Ong comela Caritasche gestiscono le mense sociali. La carità. «L’obiettivo della riduzione del deficit pubblico al 5,3% del Pil» imposto da Bruxelles, «è irrinunciabile» affinchéla Spagnasia considerata «un Paese affidabile» in Europa. Per fare cassa, sul modello di quanto fecero già Berlusconi e il socialista greco Papandreou, Rajoy ha deciso uno scudo, un’amnistia fiscale per i capitali esportati illegalmente all’estero, con una tassa sul rientro del 10%.

Insomma il governo andrà avanti per la sua strada, a costo di perdere consensi e trasformare un paese in un campo di battaglia. Qualche ora fa a lanciare la provocazione più dura contro i lavoratori che ieri hanno scioperato compatti è stata la oltranzista governatrice della Comunità di Madrid, Esperanza Aguirre. «Questi sindacati cadranno come il Muro di Berlino» aveva detto, definendo lo sciopero «Una mobilitazione politica e illegale», oltre che antipatriottica (!). Poi  l’ultima accusa nei confronti di chi ha scioperato e manifestato: voler “trasformarela Spagnain una Grecia”.

In effetti quanto si è visto ieri nei luoghi di lavoro e nelle città somigliava molto a quanto messo in campo in Grecia da movimenti sociali, politici e sindacali. Un’adesione altissima e senza precedenti – nonostante oggi alcuni quotidiani tendano a minimizzare l’effetto dello sciopero generale – e soprattutto una partecipazione compatta e massiccia alle manifestazioni. A quelle ufficiali dei sindacati maggioritari nel pomeriggio, ma anche alle centinaia di picchetti notturni davanti a fabbriche, centri commerciali e stazioni, nei quartieri, anche in località medio-piccole. Anche la determinazione dei manifestanti “ha parlato greco”, con uno spirito conflittuale che non si vedeva in molte regioni spagnole da tempo. Ha purtroppo “parlato greco” anchela Poliziaspagnola e quelle autonome al servizio delle borghesie catalana e basca, che hanno attaccato i picchetti e i cortei in maniera indiscriminata. Un giovane manifestante di Gasteiz è ancora ricoverato in un ospedale della città basca dopo che ieri è stato colpito dalle manganellate dell’Ertzaintza, che poi gli ha sparato addosso una pallottola di gomma dalla distanza di4 metricausandogli un trauma cranico e un versamento cerebrale. Basterebbe citare il numero dei fermi e degli arresti di ieri in tutto lo Stato per dare il segno di una giornata di mobilitazione e scontro di carattere epocale, storico. 45 i fermi e gli arresti solo in Catalogna, altrettanti nel resto dello Stato. Dispiace quindi leggere le cronache comparse oggi sui quotidiani italiani che riportano una versione edulcorata, quasi idilliaca di quanto ha attraversato e scosso Madrid, Bilbao, Siviglia, Barcellona, Murcia, Oviedo, Pamplona e altre 110 città. Soprattutto spiace leggere da un giornale a volte prezioso come il Manifesto che il manifestante di Gasteiz si sarebbe ferito cadendo, cioè la versione diffusa dalla Polizia basca nonostante decine di testimonianze con tanto di foto! Così come non risponde a verità che per la prima volta realtà politicamente e culturalmente diverse sono scese in campo insieme. Se è vero che ieri tutte le sigle sindacali, le correnti politiche della sinistra e i movimenti sociali sono scesi in campo nella stessa giornata, conferendo alla huelga general un carattere totale, è vero anche che i sindacati maggioritari – Ugt e CCOO – lo sciopero l’hanno convocato solo 20 giorni fa, ben un mese dopo la convocazione da parte dei sindacati di classe e nazionalisti baschi, catalani e galiziani alla quale si erano nel frattempo uniti i sindacati alternativi e indipendenti che operano in tutto lo Stato, comela Cnt,la Cgt, i Co.bas e altri ancora. Come non cogliere che se l’UGT e le CCOO hanno scioperato per ottenere “una correzione” della riforma del lavoro e un ritorno alla concertazione, le altre sigle hanno invece mobilitato i lavoratori, i giovani e i precari chiedendo il ritiro dei provvedimenti mandando un secco ‘no’ alle istituzioni europee ispiratrici della politica lacrime e sangue di Rajoy? Come non cogliere che le direzioni di UGT e CCOO, subalterne ideologicamente ed economicamente all’apparato statale spagnolo quanto e più di quelle di Cgil, Cisl e Uil sono state obbligate, costrette a scioperare da una crescente rabbia sociale che rischiava di travolgerle? La distanza tra le organizzazioni sindacali concertative e il resto del popolo che ieri si è mobilitato è tale che praticamente in tutte le regioni si sono tenute manifestazioni separate: da una parte UGT, CCOO e rappresentanti del Partito Socialista, dall’altra cortei composti dai sindacati di classe e indipendenti o nazionalisti, dal movimento ’15 M’ (o degli ‘indignados’, come piace scrivere ai media italiani), dalle assemblee di quartiere, dalle mille esperienze di conflitto nate e cresciute in questi anni nei territori. Quindi non un ‘tutti insieme appassionatamente’, ma due modalità di lotta e di organizzazioni diverse, due strategie divergenti.

Di buono c’è che quasi un milione di persone sono scese in piazza contro il governo, compresi molti elettori delusi del PP. Di buono c’è anche che tra gli arrestati ci sono pure lavoratori e dirigenti locali dei sindacati concertativi. Oltre il fatto che il governo spagnolo non può tornare ad una concertazione che non gli serve più, che intralcia i piani delle banche e dei poteri politico-finanziari europei e che anche in altri paesi – l’Italia – è stata da tempo abbandonata. La giornata di ieri promette di non rimanere quindi un episodio isolato.

Come dicevamo se il governo spagnolo parla greco, ieri i lavoratori e i giovani gli hanno risposto nella stessa lingua. Forse è per questo che non tutti i colleghi hanno decifrato il messaggio…

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