Qui pulsa il cuore del capitalismo continentale, e le banche gareggiano a chi innalza il grattacielo più alto per i propri uffici. Qui alla borsa i Konzern misurano la loro forza. Qui risiede la Banca centrale europea, guardiana della valuta comune. E qui, ieri sera, dopo che la polizia aveva bloccato a mezza strada un corteo della sinistra autonoma e anarchica, costringendolo a sciogliersi, qualche vetrina delle luminescenti banche è andata in frantumi. Mentre scriviamo, la polizia continua a inseguire piccoli gruppi di dimostranti per le vie del centro. Diversi feriti nel corteo. un agente di polizia in gravi condizioni.
Già in occasione dello sciopero generale del 29 marzo in Spagna, convocato anche dagli anarcosindacalisti della Cnt e della Cgt, si sono tenuti picchetti di solidarietà davanti ai consolati spagnoli di Francoforte e Stoccarda, e all’Haus der Wirtschaft di Berlino, sede della confindustria tedesca.
E il corteo francofortese del 31 è stato accompagnato da una decina di manifestazioni in Spagna e nei Paesi Baschi, da meeting in Gran Bretagna, in Polonia, negli Stati uniti (dove sopravvive l’antica International Workers Association), in Russia, Ucraina, Austria, Croazia, Grecia, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia. Pure in Italia gli anarcosindacalisti si sono riuniti a Modena a Piazza della Torre, nella città dove la loro Unione sindacale italiana (Usi) è stata fondata 100 anni fa, nel 1912.
«Dovunque uno sfruttato si ribelli, là troveremo schiere di fratelli», cantavano gli anarchici italiani. La cultura della solidarietà internazionale è rimasta, anche se le «schiere» si sono diradate: in cinquemila si sono ritrovati al punto di partenza del corteo, davanti alla stazione ferroviaria centrale di Francoforte (mentre la polizia ne contava 2.500).
In testa uno striscione retto da tutti i promotori. Poi i gruppi comunisti autonomi, antiautoritari e «antinazionalisti», raccolti nella rete Ums Ganze (potremmo tradurre: «Qui è in gioco tutto»). Seguivano gli anarcosindalisti storici della Fau, Freie Arbeiterinnen- und Arbeiter-Union (Libera unione delle lavoratrici e dei lavoratori). Infine gli ecolibertari della Ökologische Linke (Sinistra ecologica), una formazione animata da Jutta Ditfurth, già dirigente dell’ala socialradicale dei Grüne negli anni ’80.
Frammisti a questi blocchi, gruppi più piccoli di Autonomen nerovestiti, sospettati dalla polizia di voler interpretare in modo manesco la «giornata d’azione» contro il capitalismo. Il corteo, dopo aver oltrepassato la sede attuale della Banca centrale europea – bersagliata con qualche lancio di palloncini pieni di vernice – avrebbe dovuto proseguire per il cantiere dove è in costruzione un nuovo palazzone per la Bce. Non ha potuto arrivarci, perché a meno di un chilometro di distanza la polizia ha spezzato il corteo, accerchiando al centro un gruppo di 120 dimostranti a lei particolarmente invisi. Mentre un grosso schieramento militare sbarrava in avanti il percorso.
L’intervento poliziesco, chiudendo ogni spazio a un pacifico proseguimento della manifestazione, ha offerto un ottimo pretesto a chi, scantonando per le vie laterali, ha pensato di dare testimonianza simbolicamente tangibile di antagonismo a spese delle vetrine delle banche.
Nel movimento si riaprirà la ricorrente discussione sulla violenza a margine di manifestazioni pacifiche. Occorrerà trovar presto un’intesa perché a Francoforte incalzano i prossimi appuntamenti, a cominciare da quello indetto per il 16 maggio da uno schieramento molto più ampio, esteso a Attac, alla Linke, a pezzi importanti dei sindacati dei servizi e dei metalmeccanici. Appuntamento su cui convergeranno anche i dimostranti riuniti ieri a Milano.
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