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Spagna e Portogallo, si allarga lo “sciopero del pedaggio”

 

Dopo Grecia e Spagna, ora anche in Portogallo cresce il movimento di disobbedienza nei confronti dell’aumento dei pedaggi autostradali. Una indebita e pesante privatizzazione del suolo e delle infrastrutture già ampiamente pagate attraverso il sistema fiscale che settori sempre più larghi della popolazione ormai rifiutano attivamente. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la decisione, da parte dell’esecutivo di Lisbona in cerca di soldi facili, di imporre salati pedaggi anche sulle autostrade che collegano il Paese con la Spagna. Per mercoledì associazioni di consumatori e organizzazioni sociali e sindacali hanno indetto numerose proteste. In contemporanea con un vertice previsto ad Oporto tra i premier dei due paesi Mariano Rajoy e Petro Passos Coelho che hanno in programma una discussione anche sulle relazioni commerciali transfrontaliere, che evidentemente saranno danneggiate con l’aumentare dei costi di trasporto. Per non parlare dei costi che graverebbero su quei pendolari che ogni giorni percorrono in auto decine o anche centinaia di chilometri per varcare la frontiera. La nuova tassazione colpisce in particolare la parte settentrionale del Portogallo, area in cui gli scambi con la Spagna, sia da un punto di vista turistico che commerciale, sono particolarmente estesi.

Nel vicino Stato Spagnolo invece le proteste più forti hanno avuto luogo in Catalogna, una delle comunità autonome dove è più caro spostarsi sulle autostrade. La prima forte protesta è avvenuta il 27 aprile, quando alla barriera della Barcellona-Manresa, uno dei tratti più cari, gli attivisti del coordinamento “Prou Peatges” (Basta Pedaggi) si sono rifiutati di pagare i 4 euro di pedaggio per neanche 30 chilometri di autostrada. Di fronte alla prospettiva di una paralisi della barriera e della formazione di file chilometriche, l’azienda che gestisce la barriera ha deciso di aprire le sbarre e di permettere così ai manifestanti e ad altre migliaia di automobilisti in partenza per il ponte del 1° Maggio di passare gratuitamente. Proprio nel giorno della festa dei lavoratori è andata in scena un’altra mobilitazione, convocata anche in questo caso da ‘Prou Peatges’ in 8 diverse barriere autostradali catalane in contemporanea, alle 12.
Di fronte alla riuscita delle prime proteste, altre ne sono state realizzate in diversi punti della Catalogna e dello Stato. Non si tratta ancora di proteste di massa, ma si calcola che finora alcune migliaia di persone si siano rifiutate di pagare i pedaggi nella sola comunità autonoma di cui Barcellona è capoluogo. Ad alcuni, quando al casello si rifiutano di pagare, gli impiegati delle società autostradali appioppano una sanzione, ma poi aprono comunque le sbarre. Ma le multe e le minacce della Polizia Stradale non hanno finora fermato le mobilitazioni. Altre migliaia sono gli insumisos – i disobbedienti – nelle Comunità di Valencia, in Andalusia e anche nel distretto di Madrid. In molti casi vengono scelti, come obiettivi della protesta, quei tratti autostradali che ormai sono stati ampiamente ripagati e ammortizzati attraverso i pedaggi e lo stanziamento di fondi pubblici, e sui quali il rapido aumento dei balzelli appare ancora più ingiustificato. In Catalogna e nella Comunidad Valenciana la disobbedienza civile, che mira a obbligare i governi regionali e le società che gestiscono i pedaggi a eliminarli almeno su alcune tratte, stanno ricevendo un’attiva solidarietà da parte di alcune forze politiche di sinistra e indipendentiste.

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