Il test del missile balistico “Agni 5”, il primo vettore intercontinentale di Nuova Delhi, lanciato giovedì mattina con successo dalle forze armate indiane (dopo un rinvio di 12 ore a causa del maltempo), è stato accolto da un coro di reazioni entusiaste dei vertici politici e militari indiani e dal silenzio-assenso delle altre potenze occidentali. Il missile “Agni 5”con i suoi 5 mila chilometri di raggio d’azione, consente all’india di tenere sotto il tiro delle sue armi atomiche tutto il territorio cinese, la potenza asiatica rivale. Non a caso la stampa indiana ha ribattezzato senza troppa riluttanza “China killer” il missile Agni-5 che prevede di effettuare altri due lanci di valutazione prima di entrare a far parte dell’arsenale balistico indiano, un arsenale che già include decine di missili a medio raggio Agni-1 (700 chilometri di raggio d’azione) Agni-2 (2 mila chilometri), Agni 3 (3mila) e meno di un centinaio di missili a breve raggio Pritvi (250 chilometri) questi ultimi puntati sul Pakistan . Tutti i vettori indiani sono equipaggiabili con il centinaio di testate atomiche che si stima siano presenti negli arsenali di Nuova Delhi.
Su questa vicenda colpisce e indigna molto che, a differenza del fallito test balistico nordcoreano, il lancio dell’Agni-5 non abbia scatenato alcuna reazione o sanzione internazionali. Alla riunione interministeriale della Nato a Bruxelles, il ministro degli Esteri italiani Giulio Terzi, citando il segretario generale, Anders Fogh Rasmussen, ha dichiarato che all’interno della Nato “non vi sono preoccupazioni per il test balistico dell’India”. Il capo della Farnesina ha ammesso con un candore inaccettabile ma coerente che il lancio “va forse in controtendenza rispetto agli obiettivi di disarmo, ma non è una capacità che viene rivolta contro gli interessi strategici dell’Alleanza. Devo anche segnalare, per quanto mi riguarda, che tutto ciò che rivela tecnologia che risponde a un potenziamento dell’arsenale e all’affinamento delle capacità offensive e difensive, dal punto di vista degli obiettivi di disarmo e di riduzione di queste capacità non è completamente un fatto positivo”.
Il Sole 24 Ore definisce questa di Terzi “un’affermazione curiosa considerato che l’Italia è in prima fila (insieme a Russia, Statri Uniti, Francia, Gran Bretagna e Israele) nel fornire mezzi e tecnologia militare all’India in particolare nel settore navale e nella realizzazione della nuova portaerei, nave che ha spiccate capacità offensive. L’Italia ha inoltre partecipato, col Consorzio Eurofighter, alla gara per fornire 126 nuovi cacciabombardieri all’aeronautica indiana nella quale, dalle reazioni politiche e industriali, è apparso chiaro che l’unico fatto «non completamente positivo» è stato che la commessa se la è aggiudicata il francese Dassault Rafale”.
Sul dossier nucleare iraniano si registra invece uno standard completamente diverso. Secondo alcuni senatori repubblicani al Congresso statunitense, gli Stati Uniti dovrebbero dare un ultimatum all’Iran sul suo programma nucleare e non perdere altro tempo in negoziati che danno solo modo a Teheran di continuare indisturbato le proprie attività di arricchimento.
Dopo il test missilistico indiano, la Cina ha ammonito l’India “a non sopravvalutare la propria forza”. In un editoriale il quotidiano governativo Global Times sottolinea inoltre che Pechino dispone di un arsenale nucleare più potente e affidabile di quello del vicino. “Anche se ha missili che possono raggiungere la maggior parte della Cina – scrive il giornale – questo non significa che (l’India) abbia qualcosa da guadagnare nel mostrarsi arrogante nelle dispute con la Cina”. Secondo il quotidiano cinese, nonostante il rafforzamento della posizione indiana, Pechino “non prenderà parte ad un corsa agli armamenti in concorrenza con l’ India”
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