Noor, maquillage da fotomodella araba e tacchi da Pr ma senza tailleurino, lavora tanto in questo periodo di elezioni legislative che si svolgono il 7 maggio. La sua neonata microimpresa tutta di giovanissimi è stata ingaggiata da diversi candidati ; si tratta di organizzare comizi nelle strade e volantinare. Poster elettorali ondeggiano appesi ai rami degli alberi o giù dai bianchi balconi nella città più antica del mondo. Striscioni con le facce di uomini e donne – soprattutto i candidati della categoria «indipendenti dai partiti» – si vedono ovunque.
Ma ovunque si vedono anche le difficoltà economiche dovute all’insicurezza totale e alle sanzioni. E ovunque ci sono i morti. Oltre ai militari e ai gruppi armati perdono la vita civili disarmati. L’opposizione incolpa esercito e forze di polizia; il governo e chi lo sostiene incolpa gruppi di terroristi sostenuti dall’estero. Invariabilmente i media accreditano la versione dell’opposizione. Mentre i media siriani intervistano famiglie di vittime individuali o di attentati che chiedono più esercito e polizia a proteggerli. Le verifiche richiederebbero attente indagini.
Il livello di partecipazione al voto e il suo orientamento sarà un indicatore dell’orientamento dei siriani, malgrado i rischi di attentati. E’ stato ucciso anche qualche candidato alle elezioni.
L’opposizione nel paese è infatti divisa fra chi partecipa al processo elettorale e chi lo boicotta con veemenza o peggio. C’è anche un’altra linea di faglia nell’opposizione : è fra chi vuole un cambiamento di regime pacifico realizzato dai cittadini tramite il voto, e chi invece usa la violenza, come i gruppi armati (non numerosissimi ma molto attivi e appoggiati), o la fiancheggia, come il Consiglio nazionale siriano (Cns). Sponsorizzato da mondo occidentale, petromonarchi e Turchia, costituito in gran parte dai Fratelli musulmani coperti dal « volto » esterno del docente alla Sorbonne Bourhan Ghalioun, il Cns è di fatto alleato dell’opposizione armata.
Non partecipa ugualmente alle elezioni l’opposizione del Cccnd coordinata dall’attivista per i diritti umani Haytham Manaa, il quale non appoggia la lotta armata né interventi militari esterni ma pone come precondizione di tutto le dimissioni di Assad.
L’opposizione che va al voto invece ritiene che il ritiro di Assad adesso porterebbe al caos voluto dalle ingerenze e dai gruppi armati. Piuttosto lanciato il «Fronte popolare del cambiamento e della liberazione», alleanza guidata apparentemente da Qadri Jamil del Partito della volontà popolare (uscito dal Partito comunista) e da Ali Heidar del Partito socialnazionalista siriano (Psns), entrambi ricevuti a Mosca a fine aprile.
Fra le altre sigle, la «Coalizione per il cambiamento pacifico» che si dice sinistra patriottica, nel cui ambito c’è anche la corrente del «Partito dell’azione comunista». E la «Corrente per l’edificazione dello stato siriano», di Louay Hussein, in prigione anni fa; e il «Partito democratico sociale» di Samira al-Massalma.
Critici verso la politica interna economica del governo ma parte del Fronte nazionale patriottico che era in Parlamento con il partito Baath sono i comunisti di Khaled Bagdash e quelli del Partito comunista «unificato» (la cui branca giovanile continua a fare appelli per la futura unità dei comunisti siriani)
Il partito Baath ha conosciuto molte defezioni e cercherà di rifarsi un’immagine dopo decenni di corruzione e oltre un anno di tragedia.
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