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Grecia: verso nuove elezioni? La campagna elettorale è già iniziata

 

Non ha aspettato neanche i tre giorni che la Costituzione gli concede, Antonis Samaras, per gettare la spugna e passare la palla al Presidente della Repubblica Papoulias che a sua volta la concederà al leader del secondo partiti classificatosi alle elezioni di domenica. Il leader del Partito di centrodestra Nea Dimokratia già ieri sera ha abbandonato l’incarico di formare un governo di coalizione dopo aver ricevuto una sfilza di no e addirittura rifiuti di incontro da parte delle altre forze politiche. Le sue rapide consultazioni con tutti i partiti possibili partner gli sono fruttate diversi rifiuti – da Syriza e da Sinistra democratica – e un ‘vediamo’ da parte del Pasok, il partito socialista, l’unico davvero disposto a un governo di unità nazionale che continui la macelleria sociale fin qui realizzata. «Abbiamo fatto il possibile. Non siamo riusciti a formare una coalizione», ha detto annunciando la sua rinuncia. Oggi a metà giornata Alexis Tsipras, portavoce di Syriza (Sinistra Radicale) riceverà ufficialmente l’incarico di provarci. Tsipras continua a ripetere che è sua intenzione dar vita a una maggioranza parlamentare di sinistra che inverta la rotta intrapresa prima dai socialisti di Papandreou e poi dal governo consociativo ND-Pasok-Laos guidato dal banchiere europeo Papademos. Ma Tsipras non ha i numeri per formare un governo di sinistra. Neanche se riuscisse a convincere il Pasok a dire no ai patti con la Troika e almeno ad imitare i timidissimi ma obbligatori passi indietro dei socialisti appena impossessatisi dell’Eliseo. E comunque Syriza non ha nessuna intenzione di coinvolgere gli uomini dell’odiato – e ultrasconfitto – Evanghelos Venizelos in un’alleanza di governo. «Non con questi leader e non finché appoggerà il memorandum. Ma se qualcuno si sarà convinto che quello è un programma suicida, siamo pronti ad accoglierlo» ha detto Tsipras. «Il popolo greco ha detto basta al memorandum». Il portavoce di Syriza dice di voler compattare una maggioranza che ottenga dalle istituzioni comunitarie «una moratoria sul debito», che realizzi «una redistribuzione più equa della ricchezza e una lotta all’evasione fiscale», oltre ad «un programma credibile per rimettere in moto l’economia». Ma il giovane leader non spiega però come trovare i numeri necessari per varare il governo, senza socialisti e senza i comunisti del KKE che neanche dopo la battuta d’arresto di domenica – voci non confermate riferiscono di un aspro dibattito all’ionterno delle blindate sedi del Comitato Centrale, ad Atene – sono ora disponibili ad allentare il loro storico isolazionismo. Gli unici che potrebbero essere disponibili potrebbero essere gli uomini di Kouvelis, ex Syriza, uscito a destra pochi anni fa in polemica con un presunto estremismo di alcuni settori della coalizione. La sua Sinistra Democratica non è riuscita ad attrarre molti voci in fuga dal Pasok, nonostante il suo moderatismo. Gli elettori delusi e traditi hanno preferito orientarsi verso i più radicali e affidabili esponenti della Sinistra Radicale. Ma insieme i deputati dei due gruppi non arrivano neanche ad un quarto dell’assemblea, e quella di Tsipras appare più una linea di condotta propedeutica alle prossime, probabili imminenti elezioni, che un obiettivo per l’immediato. Probabilmente entro domani anche lui dovrà rinunciare all’incarico che, di prammatica, passerà a un Venizelos che avrà ancora meno possibilità di avere successo. E a quel punto, come prescrive la legge, si dovrebbe andare a nuove consultazioni nel più breve termine possibile. Entro fine giugno, probabilmente.

La nuova campagna elettorale è già partita, e i toni sono apocalittici. Socialisti e conservatori accusano gli elettori che li hanno abbandonati di irresponsabilità e avventurismo, per aver distrutto il bipartitismo e aver ‘gettato la Grecia nel caos’. Un discorso che trova qua e là agganci con le paure di una classe imprenditoriale ormai ridotta all’osso e mai così spaventata dagli eventi. «I paradossali risultati di queste elezioni evidenziano soltanto l’immaturità dell’elettorato greco» si sfoga con l’Ansa Elias Gerakis, un imprenditore del settore della moda la cui azienda è stata pesantemente colpita dalla crisi economica. «I greci si sono voluti stupidamente vendicare dei politici cavandosi da soli i propri occhi, un po’ come dite in Italia sul marito che, per fare dispetto alla moglie… Insomma, è stata una risposta qualunquista a campagne elettorali populiste». «Se davvero i greci fossero un popolo maturo – prosegue Gerakis, estremamente duro con i propri connazionali – non avrebbero avuto bisogno di dare il voto agli schieramenti più estremi e frammentare a tal punto lo scenario politico da renderlo ingovernabile. Infatti sarebbe bastato non andare a votare o votare scheda bianca. Il messaggio sarebbe arrivato ai partiti in maniera anche più forte ed avrebbero capito, perché astensioni e schede bianche sono proprio la dimostrazione più evidente del disinteresse che il cittadino può provare nei confronti di politici incompetenti e corrotti». «E la dimostrazione più lampante di questo – conclude polemico Gerakis – sta proprio nel fatto che nel 2009 gli astenuti furono il 30% mentre ieri sono stati quasi il 40%. Ma siccome è un dato scomodo per i grandi partiti, i media lo hanno quasi ignorato». In realtà gli astenuti sono stati un 35%, e comunque Pasok e Nuova Democrazia avrebbero governato senza problemi, applicando nuovi tagli e svendendo altri pezzi del patrimonio pubblico, anche se alle urne fossero andati solo parenti e amici dei loro candidati. Per i referendum esiste un quorum, per le elezioni politiche no…

Ma il sentimento dominante, in questi giorni, è la soddisfazione, più che la preoccupazione per la mancanza di governabilità: in molti si felicitano che, finalmente, uno schiaffo sia stato dato al sistema partitico e di potere che ha portato la Grecia al punto dove è ora, con Nd e Pasok schiaffeggiati nelle urne. «Per una volta – dice un’analista della banca di Grecia, che non vuole essere nominata – abbiamo detto non vogliamo più votarvi perché non c’é alternativa, e abbiamo detto cosa pensiamo di loro. E se non si forma il governo? Pazienza, non é un dramma e si rivoterà a fine giugno. In quel caso, sono certa, il voto sarà più ‘conservatorè».

Dal canto loro i partiti della sinistra, in particolare Syriza, chiedono agli elettori la possibilità di governare con un programma di controtendenza e di parziale rottura rispetto al passato. Il voto del 6 maggio ha dimostrato che nuove forze politiche sono emerse e che non rappresentano più opzioni minoritarie. Se il Partito Comunista facesse qualche passo in avanti verso un’alleanza di sinistra, pur senza rinunciare alla propria identità e al proprio programma strategico, i greci avrebbero per la prima volta a disposizione un’opzione elettorale credibile che potrebbe mobilitare anche molti di quelli che domenica scorsa si sono astenuti. Ma in molti intravedono il rischio che un’esperienza di governo di sinistra realizzata in una situazione di crisi tragica e di mancanza di organizzazione popolare adeguata e di forza contrattuale nei confronti delle istituzioni economiche e politiche internazionali possa risolversi in una catastrofe. Il fallimento di un esecutivo con dentro la sinistra radicale, o addirittura comunista, spalancherebbe un portone ai neonazisti di Chrisy Avgi che potrebbero diventare – è già accaduto in passato – uno dei punti di riferimento di una borghesia nazionale debole e incapace, insieme al resto della destra e dell’estrema destra. Il dilemma è di quello storici: continuare a fare opposizione pur avendo la possibilità di governare e di determinare un qualche cambiamento, oppure rimanere a fare un’opposizione sociale e sindacale cercando di ottenere risultati senza sporcarsi le mani? Un bel rompicapo, indubbiamente.
I ragazzotti di Alba Dorata con il ‘meandro’ sulle magliette e sulle bandiere si preparano già ad uno scenario in cui a governare sia la sinistra, e continuano a promettere di ripulire la Grecia da immigrati e spacciatori e di dare il fatto loro agli avidi ‘finanzieri ebrei’ che hanno precipitato il ‘loro’ paese nel baratro…

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