La crisi è iniziata il 10 aprile, quando una nave della marina filippina ha assaltato pescherecci cinesi ancorati nella baia dell’isolotto e i soldati hanno preso in ostaggio i pescatori che erano a bordo, rilasciandoli solo dopo forti proteste da parte cinese. Nel frattempo i cinesi inviano due navi dell’amministrazione marittima e i filippini sostituiscono la nave militare con una della guardia costiera(12 aprile)e una nave per le rilevazioni archeologiche che però viene fermata dalle due imbarcazioni cinesi. Il 19 aprile i filippini sostituiscono l’imbarcazine per rilevazioni archeologiche con una seconda imbarcazione della guardia costiera. Il giorno dopo arriva una terza imbarcazione dell’amministrazione marittima cinese che sostituisce le altre due. Da quel momento le 3 imbarcazioni, una cinese e due filippine, non si muovono più dall’isola dando luogo ad una posizione di stallo, che si è tuttavia aggravata in questi giorni per il protrarsi della crisi.
Giorni fa in data 8 maggio il vice ministro degli esteri cinese Fu Ying si è detto pessimista rispetto all’evolversi della vicenda, e ha fatto presente che la Cina è pronta a rispondere a qualunque escalation da parte filippina, incluso l’uso della forza per difendere il proprio territorio.
L’antefatto della crisi risale alla fine degli anni novanta: nel 1997 le Filippine, che fino a quel momento avevano sempre escluso esplicitamente l’isola dal proprio territorio, decidono di dichiarare territorio nazionale l’isolotto disabitato di Huangyan/Bajo de Masinloc su cui esercita giurisdizione Pechino dall’anno domini 1279 (furono i cinesi del celeste impero che scoprirono per primi, diedero un nome all’isola e la incorporarono nelle mappe del proprio territorio)e che Manila non aveva mai reclamato prima di quella data. Infatti tutti i trattati internazionali che definiscono l’attuale territorio delle Filippine, le leggi e regolamenti interni delle stesse Filippine, escludevano l’isola dalla propria compagine territoriale, ferma al 118esimo meridiano. La parte filippina sostiene di aver esercitato un controllo effettivo sull’isolotto fin dall’anno della sua indipendenza, dunque a partire dal 1946, e di avervi costruito un faro di segnalazione nel 1965 che attualmente non è più in attività.
Sempre nel 1997 deputati del parlamento filippino si recano sul posto e vi piantano una bandiera filippina, e recentemente un partito nazionalista filippino ha organizzato una manifestazione anticinese per reclamare la sovranità sull’isola.
A questa sorta di politica di “usucapione”esercitata dalle filippine la parte cinese fa notare che secondo le norme di diritto internazionale non è possibile utilizzare l’occupazione come strumento per ottenere la sovranità a territori che non siano terra nullius, e che entrambe le parti hanno dichiarato che la convenzione onu 1982 sullo sfruttamento entro 200 miglia nautiche della zona economica esclusiva non riguarda i diritti di sovranità territoriale.
Di fatto da parte cinese il tentativo di bloccare i pescherecci cinesi che tradizionalmente operano nella zona e l’invio di navi militari e della guardia costiera filippina viene visto come una minaccia alla propria integrità territoriale, il che spiega le reazioni da parte del Ministero degli Esteri.
Tuttavia il quadro che qui proponiamo è più ampio, e iscrive questa vicenda nelle tensioni più generali per il controllo delle isole del mar della Cina meridionale, che anche recentemente abbiamo descritto secondo una definizione diffusa come il “secondo Golfo Persico”quanto a ricchezze di risorse naturali come petrolio e gas, e questo conflitto a sua volta come solo una parte del più ampio confronto tra Cina e Usa(che non ha caso hanno dichiarato la questione del Mar della Cina Meridionale questione di “interesse strategico nazionale americano”)per l’egemonia in Asia Orientale.
In questo senso si nota con dispiacere ma non con stupore la rinata collaborazione tra Usa e Vietnam, un tempo acerrimi nemici, per contrastare l’influenza del Dragone nella regione, e la collaborazione tra lo stesso Vietnam e le Filippine in campo marittimo, tesa a contrastare le rivendicazioni di Pechino sulla totalità delle isole del mar della Cina meridionale(Nansha Dao).
Nel caso del Vietnam, oltre che notare la totale innaturalezza della recente cooperazione con gli Usa in campo marittimo come sostegno alle proprie rivendicazioni territoriali, si nota anche come a volte la politica estera non tenga conto dell’affinità dei sistemi economico-sociali, nel caso della Cina e del Vietnam praticamente identici nelle definizioni, strutture e pratiche, e di come la lotta per il controllo delle risorse naturali dell’area stia portando ad una sorta di nuova “rottura”tra i due più grandi e popolosi paesi al mondo che si definiscono socialisti.
Il caso delle Filippine è invece diverso: è infatti evidente che dietro all’ex colonia Manila si intravede Washington, con la quale recentemente le Filippine hanno messo in campo un’imponente esercitazione navale nella zona alla quale è succeduta poco tempo dopo la prima esercitazione navale congiunta tra Cina e Russia. Su entrambe gli eventi abbiamo scritto alcune righe proprio qui su contropiano e alle quali rimandiamo.
Anche se negli ultimi anni(2004-2009 secondo dati tratti dall’Economist Pocket World in figures) il tasso di crescita delle Filippine è stato in media del 4,4% e ormai la popolazione, con un tasso di fecondità di 3,3 figli per donna, è arrivata a 92 milioni di abitanti, il paese ha subito nel 2009 un crollo della crescita del Pil fino al 1.1%, per poi risalire al 7,6% del 2010, a causa della crisi mondiale(dati Nazioni Unite). E ciononostante, dato che negli ultimi 30 anni la Cina è viaggiata a tassi di crescita a due cifre, il reddito medio pro capite filippino è attualmente meno della metà di quello cinese. Il paese è flagellato da gravi ritardi strutturali e da un’alta disoccupazione, da una guerra contro elementi separatisti della guerriglia islamica nell’isola del sud di Mindanao(unico paese a forte influenza cattolica dell’Asia, imposta dalla colonizzazione spagnola).
E’ evidente dunque il tentativo da parte del governo filippino di utilizzare l’elemento nazionalista su un caso pressoché simbolico come quello dell’isolotto in questione per ricompattare il fronte interno e rafforzare l’alleanza compradora nei confronti dell’ex colonizzatore Usa.
Per quanto riguarda invece l’evolversi della questione, che le Filippine vorrebbero internazionalizzare, avendo chiesto esplicitamente il sostegno di Washington, esso rischia di diventare il casus belli di una rottura degli equilibri di pace nella regione. A questo punto Pechino potrebbe decidere di utilizzare il suo “vantaggio militare relativo”nei confronti delle Filippine per mandare un chiaro messaggio ai paesi della regione. Il problema è che questo però è esattamente ciò che vogliono gli americani per avvalorare l’idea della “minaccia cinese”come elemento che giustifichi un loro ritorno in forze nell’area asiatica, a sua volta da utilizzare come ponte logistico per un futuro attacco militare al continente. Questo spiega perché i cinesi per ora abbiano inviato solo navi dell’amministrazione marittima/guardia costiera e non navi militari. E tuttavia se messa alle strette su un tema sensibile come la sovranità territoriale anche la Cina potrebbe giudicare, e di fatto lo ha fatto capire chiaramente parlando di “linea di non ritorno”, una rottura delle relazioni con le Filippine e un aggravamento delle tensioni in Asia come un prezzo che è disposta a pagare. Il momento in cui ciò dovesse avvenire segnerebbe l’inizio del definitivo passaggio di consegne dell’egemonia in Asia, poiché dimostrerebbe che la Cina è in grado di sostenere militarmente, politicamente ed economicamente il contraccolpo che ne seguirebbe ed anzi, grazie al predominio nei rapporti commerciali bilaterali, sarebbe in grado di infliggere colpi maggiori ai propri vicini in caso di crisi del genere, scoraggandole prima del nascere.
Nel caso specifico sarebbe una prova generale rispetto alla simile annosa disputa territoriale che la Cina ha con il Giappone per quanto riguarda le isole Diaoyu/Senkaku, questione ereditata dagli anni del colonialismo nipponico e che in futuro potrebbe diventare un punto di sbocco delle stesse annose tensioni ma su scala molto più vasta visto il peso degli attori in questione.
Nota-curiosità: recentemente (8 maggio) il portavoce del presidente filippino Aquino ha comunicato alla stampa che le isole oggetto del contendere, note nelle Filippine con molti nomi, sono state rinominate dalle Filippine come “Panatag Shoal”, per esigenze “di brevità”. L’anno scorso suscitò clamore e una certa ilarità il tentativo delle Filippine di rinominare il noto internazionalmente come Mar della Cina Meridionale come “Mare delle Filippine Occidentali”.
http://english.peopledaily.com.cn/90883/7814827.html
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/708349/China-is-prepared-for-escalation-of-Huangyan-Island-incident.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/709261/Philippine-firm-targeted-for-boycott.aspx
http://cina.quotidiano.net/2012/05/10/cina-filippine-crisi-isole-scarborough/
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/709261/Philippine-firm-targeted-for-boycott.aspx
http://www.globaltimes.cn/news/tabid/99/id/706326/philippines-seeks-us-help-over-huangyan.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/705942/705942.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/708433/Huangyan-white-paper-a-needed-step.aspx
http://www.cineresie.info/crisi-cina-filippine-reazioni-sui-media-cinesi/
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/708771/CNOOC-981-begins-operations-in-South-China-Sea.aspx
http://www.globaltimes.cn/NEWS/tabid/99/ID/706396/China-de-escalates-situation-in-Huangyan-Island-by-withdrawing-two-vessels.aspx
http://military.people.com.cn/GB/8221/72028/242209/index.html
http://www.fmprc.gov.cn/chn/gxh/tyb/fyrbt/jzhsl/t922051.htm
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