Dopo la Grecia, Israele. Almeno 17 persone sono state arrestate ieri a Tel Aviv in seguito a una aggressione di massa nei confronti di immigrati africani durante una manifestazione contro la presenza di richiedenti asilo e persone entrate irregolarmente in Israele e originari di diversi paesi dell’Africa.
Secondo il quotidiano Haaretz, alla manifestazione hanno partecipato un migliaio di persone e la protesta si è tenuta a Hatikva, un quartiere di Tel Aviv in cui vivono numerose persone provenienti da Eritrea, Sudan e Sud Sudan.
Dopo i violenti slogan proferiti da un palco da parte di alcuni esponenti politici del Likud e di altre organizzazioni dell’estrema destra sionista, i manifestanti hanno assaltato il quartiere. Secondo la polizia gli scontri, che ha tentato di bloccare il pogrom razzista, moltissimi manifestanti hanno rincorso e picchiato i cittadini stranieri che gli capitavano a tiro, o li hanno addirittura stanati da negozi e case presi presi d’assalto e poi incendiati, così come è accaduto per numerose automobili. Slogan razzisti sono stati urlati dai manifestanti per ore: “Vogliamo la deportazione dei sudanesi” e “infiltrati fuori da casa nostra” i più gettonati durante la caccia allo straniero.
Alla manifestazione hanno partecipato alcuni membri del parlamento e lo stesso ministro degli Interni, Eli Yishai. Questa mattina il dirigente del partito religioso Shas non solo non si è scusato per la sua partecipazione alla manifestazione di ieri, ma ha anzi approfittato dello spazio che gli hanno concesso i media per promettere la detenzione temporanea dei ‘clandestini’ e poi la loro espulsione di massa. Yishai si è esplicitamente rifiutato di condannare i tumulti di ieri, affermando di non poter giudicare «un uomo la cui figlia magari è stata violentata» o «una donna che ha paura di tornare a casa di sera». “Bisogna mettere tutti questi illegali dietro le sbarre di centri di detenzione e poi rispedirli a casa perchè rubano il lavoro agli israeliani” ha sbraitato il leader sionista, utilizzando le stesse argomentazioni che animano i neonazisti di Alba Dorata protagonisti ieri a Patrasso di una aggressione contro alcuni cittadini afghani accusati di aver ucciso un residente.
In concomitanza con la manifestazione razzista di Tel Aviv altre se ne sono svolte in altre località israeliane. Già il 26 aprile i migranti africani di Tel Aviv erano stati presi di mira dal lancio di 5 bottiglie molotov al termine delle celebrazioni per lo Yom Haatzmaut (la Giornata dell’Indipendenza israeliana), e da tempo bande di estremisti di destra hanno organizzato delle ‘ronde’ che si dedicano a minacciare e aggredire i richiedenti asilo.
L’escalation razzista che vive Israele è la diretta conseguenza dei messaggi politici provenienti da alcuni esponenti dell’establishment che accusano gli immigrati di rappresentare una minaccia per il carattere ebraico di Israele. Anche alcuni rabbini hanno invitato negli ultimi mesi i cittadini israeliani a non affittare le loro case a quelli che vengono chiamati “gli infiltrati”. Secondo le varie stime negli ultimi anni solo 60.000 cittadini africani sarebbero entrati irregolarmente in Israele attraverso il Sinai. Molti di loro intenzionati tra l’altro a trasferirsi in Europa passando dalle rotte degli schiavisti nel Mediterraneo, per lungo tempo interrotte dalla guerra in Libia. Ora sulla linea di confine che divide Israele dall’Egitto, Israele ha deciso di costruire un muro di 250 chilometri di lunghezza e negli ultimi anni sono state decine gli immigrati uccisi dalle guardie di frontiera egiziane per conto degli israeliani, mentre tentavano di varcare illegalmente la frontiera tra i due paesi.
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