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Pericolo di un intervento militare contro il Processo Bolivariano in Venezuela

Dai risultati dei sondaggi sulle prossime elezioni del 7 ottobre è apparso sempre più schiacciante il gap di consensi tra il presidente uscente e lo sfidante della destra Henrique Capriles Radonsky; fatto questo che farebbe propendere il Pentagono ad accantonare l’ipotesi ormai impraticabile per quanto agognata di una sconfitta elettorale, ed optare per una soluzione più drastica ed efficace  per sconfiggere la rivoluzione bolivariana, quella di un’aggressione militare diretta.

Secondo Borón queste denunce sono pienamente giustificate, perché gli Stati Uniti non intendono rinunciare al controllo del continente latino americano e hanno un piano preciso per ricollocarlo sotto l’ala della loro tutela.

Non bisogna dimenticare che gli Stati Uniti hanno nella regione 46 basi militari posizionate non solo contro il Venezuela, ma anche contro altri paesi, tra i quali il Brasile che è praticamente circondato.

Per Borón, inoltre, l’abbattimento del Processo Bolivariano guidato da Chávez in Venezuela che è un pilastro portante dell’alleanza rivoluzionaria anticapitalista dell’Alba, renderebbe più semplice il recupero del controllo nord americano in tutta l’area.

Secondo Tribuna Popular, organo del Partito Comunista del Venezuela, l’aggressione imperialista verrebbe dalla Colombia d’accordo con la destra venezuelana e, a dimostrazione che questo non è una semplice opinione, ma un pericolo reale, allega una serie di fatti avvenuti negli ultimi tempi.

Come riportato da Semanario Voz, organo del Partito Comunista Colombiano, nei giorni 26 e 27 marzo il generale Martin Dempsey, capo di stato maggiore degli Stati Uniti, si è recato in Colombia dove ha incontrato vari comandanti militari colombiani e Henrique Capriles Radonsky il candidato dell’opposizione Mud Mesa de Unidad Democratica che, dobbiamo ricordarlo, partecipò attivamente al fallito colpo di stato contro Chavez nel 2002, sequestrò il ministro dell’Interno e della Giustizia Ramón Rodríguez Chacín e fece irruzione nell’ambasciata cubana a caccia di funzionari del governo bolivariano.

Secondo il quotidiano La Opinión di Cúcuta Colombia, il generale ha visitato anche Tibu nella frontiera colombiano-venezuelana, dove ha incontrato  Juan Carlos Pinzón, il ministro della difesa colombiano e il comando delle operazioni congiunte “Vulcano” delle forze militari operanti in questa regione.

In Venezuela è stato denunciato che Capriles ha viaggiato clandestinamente ad Aruba e Bogotà con un aero privato con sigla nordamericana N455BK; ha avuto riunioni anche con Alberto Federico Ravell (ex direttore del canale televisivo di opposizione Globovisión), con Luis Giusti (ex presidente dell’impresa PDVSA Petroleos de Venezuela SA ora nazionalizzata), con J.J. Rendon il guru delle strategie politiche.

Si è addirittura incontrato nella base nordamericana di Palanque con l’ex presidente colombiano Alvaro Uribe che guida il “Frente Continental de Defensa de la Democracia”, una crociata fascista che mira alla destabilizzazione dei governi rivoluzionari e progressisti dell’area. Attualmente Uribe è molto impegnato nella ricerca di fondi a sostegno di Capriles e molto attivo ai confini con il Venezuela dove in tre incontri pubblici nelle città di Maicao, Cúcuta e Arauca ha portato avanti la sua campagna contro Chavez. 

Continua Tribuna Popular, l’organo del Partito Comunista del Venezuela, nel dettagliato rapporto di una serie di preoccupanti contatti registrati negli ultimi tempi tra le fila degli oppositori della Repubblica Bolivariana e nella denuncia delle ingerenze del governo degli Stati Uniti che finanzia e “consiglia” l’opposizione e il suo candidato alle elezioni Henrique Capriles Radonski.

Questa ultima informazione è stata confermata dall’accademico e analista politico degli Stati Uniti James Petras che ha affermato che il governo statunitense sta decidendo di abbattere con la forza il presidente Chávez, vista l’impossibilità per l’opposizione di sconfiggerlo alle prossime elezioni.

Abbiamo denunciato recentemente come anche in Bolivia, proprio in queste ultime settimane, le oligarchie locali, che esprimono rappresentanze politiche di poco spessore, incapaci di sconfiggere elettoralmente Evo Morales e il MAS Movimiento Al Socialismo,  stiano tentando di creare un clima di destabilizzazione che mira al rovesciamento del governo, sfruttando la complicità di elementi trotzkisti, di squallidi sindacalisti in cerca di rivalsa personale  e di corrotti politici una volta sostenitori del governo e ora al soldo della destra.

In Venezuela, come in Bolivia, si sta costruendo una alternativa antimperialista, anticapitalista con un percorso della transizione verso il socialismo ,che ha già messo in moto un processo di integrazione regionale, di autodeterminazione e di indipendenza in molta parte del continente Latino-americano.

Percorso lungo e difficile che è partito dalla rottura con gli organismi internazionali del FMI e della BM che avevano dissanguato le casse degli Stati, grazie agli “aiuti” elargiti con prestiti concessi a interessi tali da portare inevitabilmente ad un indebitamento spaventoso e con la contropartita di privatizzazioni, azzeramento della spesa sociale, riduzione del costo del lavoro. Quello che sta subendo oggi la Grecia, i paesi latino americani l’hanno subito negli anni ’80 e ’90, quando i governi neo liberisti hanno accettato i dettami di Washington.

I governi rivoluzionari hanno proseguito quindi con le nazionalizzazione dei settori strategici e delle risorse naturali del paese (prima svendute alla multinazionali) che hanno consentito una ridistribuzione degli utili  d’impresa sul sociale (sanità, istruzione, abitazioni) e con forti investimenti sempre nel sociale resi possibili dal supporto della Banca del Sur, la banca dell’ALBA Alleanza Bolivariana dei Popoli di Nuestra America.

Per tutte queste ragioni i paesi appartenenti all’ALBA sono obiettivi sensibili da smantellare per l’imperialismo statunitense che non si rassegna alla perdita del proprio ruolo strategico di dominio politico e sfruttamento economico del continente sud americano, pressato com’è dall’attuale crisi sistemica ad appropriarsi con qualsiasi mezzo, non esclusa la guerra di rapina, delle risorse energetiche di questi paesi.

L’ALBA rappresenta un pericoloso esempio da non far seguire, proprio perché è oggi è la principale se non l’unica realtà in grado di proporre un’alternativa di carattere antimperialista e anticapitalista per la costruzione di un socialismo possibile nel XXI secolo.

Per questo il cammino intrapreso dell’ALBA dovrebbe essere considerato un esempio e una base di partenza per la sinistra di classe europea, per rompere con le compatibilità del sistema, in modo particolare nell’area dei PIIGS che si trovano oggi a rivestire il ruolo di vittime sacrificali sull’altare del mercato.

Commissione Internazionale della Rete dei Comunisti

Fonti:

http://www.tribuna-popular.org/index.php?option=com_content&;view=article&id=1405:informe-especial-la-agresion-imperialista-viene-desde-colombia-en-acuerdos-con-derecha-venezolana&catid=58:la-cia-en-a-latina&Itemid=60

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&;id=13142

http://www.youtube.com/watch?v=bm-TrkrxDLk

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