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Bolivia: scontri tra poliziotti golpisti e sostenitori di Morales

 

Sale di nuovo la tensione in Bolivia. Sembrava che il contenzioso tra poliziotti e governo fosse rientrato all’interno dei consueti confini di una rivendicazione di tipo sindacale ma nelle ultime ore la situazione sembra di nuovo aggravarsi. A quinto giorno di proteste della polizia che reclama salari e pensioni più alte nella capitale del paese La Paz centinaia di agenti in tenuta antisommossa che si rifiutano di pattugliare le strade e si sono barricati nelle caserme si sono scontrati con i sostenitori del presidente Evo Morales al termine di due cortei contrapposti. Per disperdere i manifestanti che si erano radunati in Plaza Murillo i poliziotti hanno usato gas lacrimogeni e manganelli, e i sostenitori del governo hanno reagito con lanci di pietre. Alla fine gli agenti hanno avuto la meglio sugli attivisti dei movimenti sociali che hanno dovuto abbandonare la piazza antistante la sede della Presidenza e quella del Parlamento. “Abbiamo le nostre armi, le abbiamo comprate” ha detto un poliziotto col volto coperto ai giornalisti, confermando che nei giorni scorsi armi anche pesanti sono state distribuite ai poliziotti ammutinati. In un atto dal chiaro sapore politico razzista, davanti al palazzo Quemado, dove vi è l’ufficio di Evo Morales (protetto dall’esercito), gli agenti hanno bruciato un poncho – il mantello tipico delle popolazioni native – e una bandiera dei movimenti indigeni.

Domenica, dopo una intera notte di discussione e tre giorni di rivolta violenta, i leader dei sindacali di Polizia avevano rifiutato una proposta per un aumento mensile di 32 euro, continuando a chiedere un aumento minimo di 210 euro al mese, cioè il 70% del loro attuale stipendio. E una pensione che copra il 100% dell’ultimo stipendio. Una posizione evidentemente strumentale e finalizzata al muro contro muro e alla provocazione.

Intanto il presidente Morales, dopo l’ennesimo fallimento nel negoziato di domenica scorsa con i rappresentanti delle forze dell’ordine, ha accusato i capi della rivolta di essere “politicamente motivati” e di coprire un “tentativo di golpe dell’opposizione di destra”. Il presidente del gruppo parlamentare del Movimento al Socialismo, Roberto Rojas, ha accusato i partiti di destra e le oligarchie di manovrare i poliziotti ammutinati: in particolare il Movimiento Sin Miedo dell’ex sindaco di La Paz Juan del Granado, e Unidad Nacional guidata dall’imprenditore Samuel Doria Medina.

Raccogliendo gli inviti di alcuni settori del governo e di alcune organizzazioni popolari, il presidente Morales ha finalmente annunciato ieri l’invio dell’esercito nelle strade de La Paz, Potosì, Sucre e Oruro con compiti di ordine pubblico. Sono finora 25 le caserme occupate e presidiate dai poliziotti in armi, su 30 totali esistenti nel paese andino.

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