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Olimpiadi: Londra proibisce Che Guevara

 

Suonerà incredibile, ma il comitato organizzatore delle imminenti olimpiadi di Londra ha deciso di bandire dall’evento l’icona del rivoluzionario per eccellenza. E così, insieme alla famigerate vuvuzelas – le starnazzanti ed effettivamente moleste trombette in voga agli ultimi campionati mondiali di calcio del Sudafrica – anche l’immagine del medico e guerrigliero argentino sarà proibita. Niente magliette con la foto stilizzata del Che quindi, e niente gadget che la raffigurino. La notizia sta già facendo il giro del mondo, creando sconcerto oltre che ilarità. Davvero il comitato organizzatore delle Olimpiadi di Londra ha paura di Che Guevara, la cui icona ormai viene usata da anni – purtroppo – per decorare gli oggetti più incredibili e per pubblicizzare i prodotti più disparati? Pare proprio di si. Nella lista nera l’immagine del Che è insieme, oltre che alle vuvuzelas, anche alle bottiglie d’acqua, alle telecamere professionali, ai palloni da calcio, ai frisbee e ad altri vari oggetti reputati pericolosi o molesti all’interno dei recinti dove si svolgeranno le competizioni olimpiche. Chi contravverrà al divieto verrà “accompagnato” fuori dagli stadi e sarà passibile di una multa.
A chi sarà venuta la geniale idea di bandire il Che dai giochi olimpici, quando Londra ha già enormi problemi di budget – i costi sono lievitati e sono previste presenze inferiori alle aspettative, causa crisi – e di sicurezza – ha dovuto richiamare 3500 uomini in più rispetto a quelli preventivati, in totale circa 20 mila? Eppure è così. I primi a protestare sono stati i negozianti e gli ambulanti di Londra, che speravano di incassare qualche soldo vendendo i loro gadget, tra i quali quelli ormai immancabili con l’effige del guerrigliero nativo di Rosario e cubano per meriti rivoluzionari.
Perché il divieto? Al comitato si giustificano affermando che si tratta di un simbolo politico e di parte, e che quindi potrebbe essere motivo di dispiacere per chi non lo ama, o addirittura motivo di scontro e disordini (!), i più maliziosi spiegano il gesto come una ritorsione indiretta nei confronti del governo di Buenos Aires, con cui negli ultimi mesi è riesploso un conflitto sulla sovranità sull’arcipelago delle Malvinas (le isole argentine che a Londra chiamano Falklands). D’altronde erano stati gli argentini che, approfittando del clima olimpico, avevano deciso settimane fa di pubblicizzare la partecipazione della loro delegazione ai giochi di Londra con uno spot che, guarda caso, ritraeva un atleta proveniente proprio dall’arcipelago conteso e che veniva accompagnato dallo slogan «Per partecipare ai giochi in terra britannica, ci alleniamo in terra argentina».
Ora bisognerà vedere se non sarà proprio il divieto a scatenare un braccio di ferro tra alcuni gruppi di fan del Che e gli apparati di sicurezza britannici. E non è neanche escluso che alcune delegazioni di atleti – i cubani, gli argentini, e forse altri – decidano di sfidare l’assurda proibizione sfoggiando in qualche modo l’effige del rivoluzionario durante i giochi o durante qualche cerimonia olimpica. C’è chi – Diego Armando Maradona – il volto che Che se l’è fatto tatuare su un braccio. Mancano ancora quasi due settimane all’inizio della competizione, c’è tutto il tempo affinché qualche altro atleta decida di fare lo stesso. In quel caso il volto del medico che diventò rivoluzionario tornerebbe ad essere, come è giusto che sia, simbolo di libertà e di sfida al potere e all’ingiustizia. E in quel caso dovremmo ringraziare proprio la grettezza e l’ottusità dei burocrati di Londra e del comitato organizzatore delle Olimpiadi. 

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