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Occupy Wall Street. Grandi bisogni, soluzioni da trovare

Settanta persone sono state arrestate dalla polizia durante le manifestazioni organizzate nel distretto finanziario di Manhattan, a New York, per celebrare il primo anno dalla nascita di Occupy Wall Street e la lotta contro i danni del capitalismo. Dopo essersi divisi in diversi gruppi per cercare di aggirare il cordone di polizia che bloccava le vie intorno al New York Stock Exchange, circa un migliaio di attivisti si è radunato a Bowling Green, dove si trova il Toro di Wall Street, simbolo del tempio della finanza americana.

Occupy Wall Street ha organizzato per oggi, primo anniversario del movimento, una protesta dagli obiettivi ambiziosi: bloccare la Borsa di New York, il cuore del sistema finanziario. Alle 9:30, le 15:30 in Italia, gli indignati proveranno a formare una catena umana davanti al New York Stock Exchange, in Wall Street, per impedire o almeno rallentare l’inizio delle contrattazioni.
Il corteo si sposterà poi davanti all’U.S. Bankruptcy Court (la corte che vaglia i casi di bancarotta), pochi isolati a sud. Le iniziative del movimento proseguono il pomeriggio a Zuccotti Park, con diverse assemblee tra gli organizzatori del movimento, sindacati ed economisti per discutere di economia, finanza, società e del futuro del movimento.
Nonostante gli oltre 1.850 arresti di ieri, dunque, la protesta prosegue.

Non è il caso di fare troppo i supponenti con i movimenti Usa. I loro contenuti sono spesso un elenco di utopie o di slogan poco praticabili, il loro offrire il collo alla repressione risulta sempre fastidioso, ecc.

Ma invitiamo a riflettere sula diversità di “modello sociale” tra Stati Uniti ed Europa, che si traduce in un’assai doversa nozione su cosa debba essere la configurazione dei “diritti della persona”. Che negli Usa si limitano – nell’essenziale – alla libertà di impresa. Manifestare, laggiù, ha sempre un sapore indigeribile per il potere a qualsiasi livello. Se scendi in piazza è perché non ti piace l’”american way of life”, insomma sei “un-american”, un pericoloso mostro da distruggere.

Le manifestazioni, è vero, vengono autorizzate, ma con vincoli tali da prevedere sempre una larga possibilità di arresti arbitrari. Basta scendere da un marciapiede, attraversare la strada lentamente… decide lo sbirro di turno.

La continuità delle organizzazioni politiche – dal sindacato ai movimenti, ai partiti che non siano interni al duopolio demorepubblicano – è stata praticamente impedita da massicce ondate di arresti, corruzione, spionaggio, provocazione. Il potere del governo Usa, in questo caso, è del tutto paragonabile a quello delle dittature più spietate. Con una preferenza per le soluzioni tecnologiche e la corruzione diretta. I fondo a loro basta stampare dollari…

Inevitabile, dunque, che ogni nuova ondata di movimento sia “strana”, contorta, illusa, poco realistica, senza memoria, “vergine” e infiltrata. Che il livello di consapevolezza politico sia basso.

Ma, in ogni caso, punta dritto al cuore del sistema finanziario Usa. Lo fa simbolicamente e pagando un prezzo, in termini di repressione, assurdo. Ma lo fa. Significa che ci sono ragioni potenti che costringono quella massa di gente a scendere in pazza anche sapendo prima che verranno arrestati, picchiati, ammanettati, inseguiti a cavallo. A prescindere da qualsiasi possibilità di ottenere risultati concreti. Non sanno esattamente dove andare, non sanno molto di strategie e di tattica, non sanno quasi nulla dei movimenti precedenti… Ma vanno.

A noi che stiamo di qua dell’Atlantico non compete dar giudizi come un telespettatore davanti a una partita di calcio, titillandosi la “superiore” consapevolezza teorica o letteraria mentre si resta sul divano di casa.

Compete invece dar vita a una resistenza più efficace, più consapevole, meno ingenua. Sapendo che il “modello americano” è l’orizzonte verso cui si muove il capitale sovranazionale europeo (e non solo) che sta distruggendo il vecchio “modello sociale” in cui siamo tutti vissuti e cresciuti dal dopoguerra a qualche anno fa. Compete insomma dar vita, come primo passo, a un primo, ma grande, “No Monti Day” il prossimo 27 ottobre a Roma.

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