Dopo le due enormi manifestazioni dei giorni scorsi a Madrid e a Barcellona anche oggi diverse città dello stato sono state investite da una protesta che ormai sembra dilagare e trovarsi di fronte un atteggiamento repressivo e autoritario da parte di un governo delegittimato dai propri cittadini, oltre che dai ricatti e dalle ingerenze della troika.
Oggi i sindacati avevano convocato una giornata di sciopero generale di 24 ore nel settore dei trasporti pubblici, per protestare contro la cosiddetta ‘liberalizzazione’. Eufemismo che sta ad indicare un pesante piano di privatizzazioni dei comparti più redditizi e di chiusura di intere tratte ferroviarie o su gomma ritenute invece non redditizie. Il Ministero delle Infrastrutture ha cercato di impedire lo sciopero dichiarando ‘servizi minimi’ ben il 73% dei treni ad alta velocità e il 75% dei treni regionali della zona di Madrid, oltre che il 65% dei treni interregionali. Ma la rabbia dei lavoratori si è fatta sentire lo stesso, e di fatto il trasporto pubblico è stato paralizzato in tutto lo Stato, in particolare a Madrid e Barcellona dove allo sciopero nazionale si aggiungeva quello di 4 ore proclamato dai sindacati delle metropolitane contro la violazione della negoziazione collettiva, le decurtazioni salariali ai lavoratori e l’aumento delle tariffe e dei biglietti. Gli scioperi, come spesso avviene, sono stati accompagnati fin dall’alba dai picchetti dei lavoratori all’ingresso dei depositi degli autobus e nelle stazioni della metropolitana. Nella stazione di Atocha, la più importante della capitale, decine di agenti dei reparti speciali in tenuta antisommossa hanno aggredito il picchetto informativo e hanno arrestato tre sindacalisti con l’accusa di ‘resistenza’ e ‘disobbedienza’. Vari lavoratori sono rimasti feriti durante le tre violente cariche.
Anche a Barcellona l’adesione allo sciopero è stata massiccia in tutti i settori del trasporto pubblico, soprattutto contro l’eliminazione da parte del governo della tredicesima.
Ma i lavoratori dei trasporti non sono stati gli unici a protestare oggi, anche gli studenti e i docenti si sono fatti sentire. Una quarantina di persone che indossavano le magliette verdi del movimento per la difesa dell’istruzione pubblica si sono presentate all’ingresso di una scuola nel piccolo comune di Fuensalida, vicino a Toledo, dove i principi delle Asturie stavano inaugurando l’inizio dell’anno scolastico. I manifestanti, accompagnati da numerosi cittadini, hanno a lungo fischiato i ‘reali’ e hanno contestato al grido di ‘Più istruzione, meno corruzione’ i rappresentanti istituzionali – la presidente della regione della Castilla y Leon e il Ministro dell’Istruzione spagnolo – che si stavano pavoneggiando a favore delle numerose telecamere, rovinandogli la festa.
Proteste e contestazioni nel giorno di apertura dell’anno scolastico si sono avute questa mattina anche in altre località, in particolare a Zaragoza e Barcellona, dove le cerimonie ufficiali all’interno delle due rispettive università sono state interrotte da fischi e slogan contro i tagli. A Barcellona gli studenti, riuniti nella Plataforma Universitaria en Defensa de la Universidad Pública, hanno letto un comunicato che denuncia la ‘fine dell’università pubblica in Catalogna’. Nel capoluogo aragonese invece sono stati i docenti e gli attivisti del movimento ‘Marea Verde’ a rovinare la festa alle autorità al grido di ‘L’università non si vende, si difende’.
Nelle scuole spagnole ci sono circa 80 mila insegnanti in meno di quelli che servirebbero, a fronte di un numero di alunni che è cresciuto, a seconda dei diversi territori, tra il 3 e il 5% rispetto allo scorso anno. Gli investimenti dello Stato in scuola ed istruzione sono crollati dal 6 al 3,9% del Pil, solo quest’anno il governo ha deciso il taglio al settore di 3 miliardi di euro e a migliaia di professori associati che finora lavoravano negli atenei spagnoli non è stato rinnovato il contratto.
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