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Gaza: ergastolo per gli assassini di Vittorio Arrigoni

I giudici hanno inflitto il carcere a vita – al termine di un processo condotto davanti ad una corte militare e segnato da numerosi episodi di scarsa trasparenza – a due dei presunti esecutori materiali (altri due erano stati uccisi all’epoca dei fatti, durante un tentativo di cattura, in uno scontro a fuoco nel campo profughi di Nusseirat): Mahmud al-Salfiti e Tamer al-Hassasna, poco più che ventenni.
Tutti e quattro gli imputati di collaborazione e concorso in omicidio rischiavano la pena di morte ma la famiglia di Arrigoni ha chiesto alla corte di escluderla.
A 10 anni di reclusione é stato condannato Khader Jiram, vicino di casa del cooperante e giornalista italiano, accusato di aver fornito informazioni decisive ai killer, e un anno ad Amer Abu Hula, che aveva messo a disposizione casa sua al commando salafita. 
Vittorio Arrigoni era stato rapito la sera del 14 aprile 2001 e mostrato ferito in un filmato in cui lo si additava come nemico dei costumi islamici e si chiedeva alle autorità di Gaza, controllate da Hamas, la liberazione di un capo salafita arrestato nella Striscia nei mesi precedenti. Prima della scadenza dell’ultimatum, l’attivista italiano – trasferitosi da tempo a Gaza dopo aver partecipato a numerose iniziative in favore della causa palestinese – venne assassinato dal commando nonostante il loro capo spirituale Hisham Sadini (liberato da Hamas lo scorso 3 agosto) ne chiedesse la scarcerazione, e il giorno dopo la polizia di Hamas ne aveva trovato il corpo senza vita nell’appartamento in cui era stato portato. Secondo un perizia, sarebbe stato strangolato con filo di ferro.
Tre responsabili del sequestro hanno dichiarato durante il processo che il cooperante italiano fu ucciso da un loro compagno giordano perchè aveva cercato di fuggire quando il commando si accorse di essere stato individuato dalla polizia di Hamas. Ma questa versione non è stata confermata e quindi pare che l’omicidio sia stato intenzionale e premeditato. 

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