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Egitto, tutte le paure della Costituzione

 
La prima commissione fu sciolta mesi or sono perché mono orientata, a stragrande maggioranza islamica, come sostenevano coloro che si rifiutarono di farvi parte: la minoranza copta, gli esponenti di gruppi liberali e laici. Giunse l’azzeramento di quell’assise e se ne costituì un’altra più ricca di personalità d’alto profilo e formata dunque da costituzionalisti, docenti di diritto, filosofi, teologi intellettuali e di esponenti dei diritti umani non tutti fedeli dell’Islam. Eppure l’altro Egitto non ci sta. Sostiene che le teste e le penne, pur illustri, che stanno riscrivendo la Costituzione non prevedano i diritti di tutti. Ne segue un nuovo allarme. Per prime si sono mosse le donne laiche, le cui associazioni stanno seguendo quanto avevano già fatto le femministe tunisine.  Quest’ultime ai primi di agosto puntarono il dito sul termine “complementarità” che sostituiva “parità” nell’articolo della nuova Costituzione voluta dal governo dominato da Ennadha. Ne erano scaturite proteste ma anche reprimende dei gruppi del salafismo più fondamentalista, fra cui si distinguono i teorizzatori del jihad armato di Ansar Al-Sharia, che attaccarono alcuni cortei.

Le femministe egiziane mettono sotto accusa l’articolo 36 della Costituzione in via di riscrittura che s’occupa di “diritti e doveri”. Recita l’articolo: “Tutte le misure costituzionali ed esecutive sono divise fra uomini e donne in ogni percorso della vita politica, culturale, economica e sociale, senza contraddire i precetti islamici”. Quest’ultima precisazione è l’oggetto della contesa perché potrebbe introdurre la subordinazione al genere maschile sostenuta dagli assertori della Shari’a. Si sono mossi anche i partiti: il socialdemocratico, la Coalizione popolare socialista, la Corrente popolare, i Liberi egiziani hanno manifestato il proprio dissenso insieme alla Nuova organizzazione della donna. Altre contestazioni ai lavori in corso da parte dell’Assemblea Costituente vengono dal “Comitato per la Difesa della libertà d’espressione” che paventa pericoli di limitazioni e censura come ai tempi di Mubarak. Il capo dell’Unione degli scrittori Mohamed Salmawy ha dichiarato in un’intervista: “E’ una fase critica, ora che il nuovo regime si sta stabilizzando c’è il rischio che la nuova Costituzione verrà formulata solo per una parte della società. Avere la maggioranza elettorale ha dato ai musulmani molta autorità, non gli dà però il diritto di escludere gli altri dalla formulazione della Carta costituzionale“.

Così c’è chi pensa di scrivere una Carta parallela per sottolineare le differenze fra due visioni dell’Egitto. Fra i giornalisti, che ricordano come solo due delle loro proposte presentate alla Commissione siano state accolte (riguardano la proprietà della testata e l’autorizzazione alla licenza di stampa), alcuni sottolineano le paure della gente. Dice Galal Aref “Dopo venti mesi dalle rivolte incontriamo rappresentanti sindacali che temono di perdere la libertà di espressione e opinione visto quel che sta  accadendo a taluni scioperi”. E c’è chi ricorda che l’attuale articolo relativo a “libertà e diritti” risulta peggiore a quello presente nel prima versione di riscrittura costituzionale. Fra le voci che denunciano con cognizione di causa, perché presente in Commissione, c’è l’attivista per i Diritti umani Manal El-Tibi che però ne è recentemente uscita affermando d’essere stata “intimidita” da membri islamisti. Finora non ha fatto alcun nome e stupirebbe che gli autori delle intimidazioni fossero personalità note e al momento rispettate. Potrebbe trattarsi di qualche deputato, sebbene la presenza di quest’ultimi sia minore rispetto alla prima Assemblea. Il punto di forza della struttura che sta lavorando alla Carta è (o sarebbe) la più ampia rappresentatività delle componenti nazionali fortemente voluta dal presidente Mursi. Ma le minoranze copte, nubiane, beduine e le stesse donne continuano a lamentare per sé un rapporto numerico inadeguato.

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