Semmai vi dovesse interessare sapere dov’è e come appare un insediamento colonico israeliano nella Cisgiordania palestinese, tra poche settimane sarà possibile scoprirlo on line, semplicemente cliccando sul servizio Maps di Google.
Come riportato nei giorni scorsi dal più diffuso dei quotidiani israeliani, Yisrael Hayom , autoveicoli di Google sono stati visti circolare in diversi insediamenti israeliani (Elkana, Oranit, Sha’arei Tikva e Ariel) per la raccolta delle informazioni necessarie. Fino a questo momento solo la colonia di Ariel appariva sulle mappe di Google, mentre le altre non venivano mostrate.
La società di Mountain View ha ricevuto l’autorizzazione ad operare sul territorio israeliano e nei Territori palestinesi occupati dall’Autorità per l’Informazione e la Tecnologia facente capo al Ministero di Giustizia, «al fine di fornire al pubblico informazioni generali» sulla topografia delle città israeliane. Anche se in questo caso non si tratta di città ma di colonie illegali per la legge internazionale perchè costruite nei territori di appartenenti ad un popolo sotto occupazione.
L’unico limite posto alle auto di Google è la mappatura degli avamposti colonici che anche la legge israeliana definisce come illegali. Al di là delle intenzioni, l’inclusione delle colonie dove attualmente vivono circa 500 mila coloni, nel programma di mappatura è una scelta che ha chiare conseguenze politiche che la società di Mountain View non può non aver preso in considerazione. Nell’opinione pubblica, è sempre più diffusa la convinzione che le colonie sono città a tutti gli effetti e parte integrante dello stato di Israele, legittimando così la politica del fatto compiuto, messa in atto da tutti i governi israeliani dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Non sorprende la soddisfazione del colono Amit Dekel dell’insediamento di Elkana, intervistato da Yisrael Hayom : «E’ un altro passo che trasforma le comunità (colonie, ndr) in luoghi legittimi e normali. E’ davvero una buona notizia».
Non è ancora chiaro quale sarà lo status che Google attribuirà alle colonie, che appariranno comunque nella parte ad est di quella linea tratteggiata che dovrebbe rappresentare la Green Line tra Israele e i Territori occupati. C’è da scommettere però che le colonie israeliane non accetteranno di essere definite come appartenenti ai territori sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese né come insediamenti illegali. Finora il portavoce di Google in Israele si è limitato ad affermare: «Noi aspiriamo a portare il servizio Street View su Google Maps nel maggior numero di paesi ed aree possibili, anche in Israele e in Medio Oriente. Come una società di tecnologia, ci concentriamo sul fornire il miglior servizio ai nostri utenti».
Senza considerare il diritto internazionale, sarebbe doveroso aggiungere.
Come riportato nei giorni scorsi dal più diffuso dei quotidiani israeliani, Yisrael Hayom , autoveicoli di Google sono stati visti circolare in diversi insediamenti israeliani (Elkana, Oranit, Sha’arei Tikva e Ariel) per la raccolta delle informazioni necessarie. Fino a questo momento solo la colonia di Ariel appariva sulle mappe di Google, mentre le altre non venivano mostrate.
La società di Mountain View ha ricevuto l’autorizzazione ad operare sul territorio israeliano e nei Territori palestinesi occupati dall’Autorità per l’Informazione e la Tecnologia facente capo al Ministero di Giustizia, «al fine di fornire al pubblico informazioni generali» sulla topografia delle città israeliane. Anche se in questo caso non si tratta di città ma di colonie illegali per la legge internazionale perchè costruite nei territori di appartenenti ad un popolo sotto occupazione.
L’unico limite posto alle auto di Google è la mappatura degli avamposti colonici che anche la legge israeliana definisce come illegali. Al di là delle intenzioni, l’inclusione delle colonie dove attualmente vivono circa 500 mila coloni, nel programma di mappatura è una scelta che ha chiare conseguenze politiche che la società di Mountain View non può non aver preso in considerazione. Nell’opinione pubblica, è sempre più diffusa la convinzione che le colonie sono città a tutti gli effetti e parte integrante dello stato di Israele, legittimando così la politica del fatto compiuto, messa in atto da tutti i governi israeliani dopo la Guerra dei Sei Giorni del 1967.
Non sorprende la soddisfazione del colono Amit Dekel dell’insediamento di Elkana, intervistato da Yisrael Hayom : «E’ un altro passo che trasforma le comunità (colonie, ndr) in luoghi legittimi e normali. E’ davvero una buona notizia».
Non è ancora chiaro quale sarà lo status che Google attribuirà alle colonie, che appariranno comunque nella parte ad est di quella linea tratteggiata che dovrebbe rappresentare la Green Line tra Israele e i Territori occupati. C’è da scommettere però che le colonie israeliane non accetteranno di essere definite come appartenenti ai territori sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese né come insediamenti illegali. Finora il portavoce di Google in Israele si è limitato ad affermare: «Noi aspiriamo a portare il servizio Street View su Google Maps nel maggior numero di paesi ed aree possibili, anche in Israele e in Medio Oriente. Come una società di tecnologia, ci concentriamo sul fornire il miglior servizio ai nostri utenti».
Senza considerare il diritto internazionale, sarebbe doveroso aggiungere.
da “il manifesto”
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