* da Madrid
Sono passati solo due giorni di pausa e di pioggia, e Plaza de Neptuno è tornata ad essere scenario di contestazioni pacifiche e purtroppo di nuove cariche della polizia.
Come mercoledì scorso, la manifestazione non è stata autorizzata dall’amministrazione comunale madrilena. Ma l’affluenza di partecipanti di ogni estrazione sociale e provenienza geografica dignitosamente stipati in una folla dal chiaro atteggiamento pacifico, non sembrava destare inizialmente particolari preoccupazioni nelle forze dell’ordine, schierati dietro le transenne che impediscono l’ingresso a Calle de Cedaceros, dove ha sede la Camera dei deputati. Anche le altre vie di accesso alla piazza erano controllate dalla polizia, con numerose camionette delle squadre speciali UIP (Unidades de Intervención Policial, i cosiddetti antidisturbios) bene in evidenza.
L’appuntamento fissato dai coordinatori del movimento 25-S – poi diventato 26-S e ancora 29-S – per il nuovo appuntamento di “Rodear el Congreso” era alle 18. L’accesso di gente era continuo, è già mezzora più tardi la piazza cominciava a riempirsi. Verso le 19 il numero di manifestanti aveva raggiunto quello dello scorso martedì, 6.000 persone per la questura, almeno 20.000 per i promotori.
La forza del movimento, però, più che nei numeri sta nella lontananza dalle appartenenze tradizionali della politica: le bandiere di partiti e sindacati sono pregate di stare alla larga, l’ambizione di una mobilitazione trasversale in senso politico come sociale e generazionale è mirabile per il suo tentativo di unire nella protesta fette della popolazione altrimenti irraggiungibili.
Cori, striscioni e altoparlanti ripetono ossessivamente le richieste di sempre ma anche altre meno scontate: le dimissioni di Rajoy, colpevole di colpire i più deboli per dare alle banche e di aver vinto le elezioni promettendo riforme rimaste nel cassetto; nuove elezioni per un governo finalmente rappresentativo della popolazione e non della Troika europea; e un referendum per decidere sull’entità dei tagli e sulla destinazione degli aiuti dell’UE.
L’atmosfera è rimasta tranquilla per diverse ore, nonostante la frustrazione dei manifestanti per la loro condizione e per quella del Paese. Alcuni si sfogano ai microfoni: “sono anni che protestiamo pacificamente e le nostre proposte non vengono considerate, se per essere ascoltati bisogna arrivare alla violenza significa che è un’istigazione da parte dell’autorità: è questo che vogliono?”
Anche da parte della polizia pare ci sia l’ordine di non dar luogo a inutili dimostrazioni di forza per sgomberare la zona: gli occhi di mezzo mondo sono ormai puntati su Madrid questa settimana, e già le violenze degli scorsi giorni non hanno fatto bene all’immagine (e alla borsa) del governo spagnolo.
Arrivano verso le 22:30 i primi momenti di tensione: prima l’esplosione di un petardo, poi il lancio di alcune bottiglie di vetro in direzione degli agenti di polizia che spingono sulla folla fanno tremare la piazza che teme una reazione. Ma i responsabili vengono presto individuati ed isolati, qualcuno pensa che possa trattarsi di infiltrati.
Ma passate le 23, le forze dell’ordine provvedono al fermo di alcuni manifestanti che presidiavano le transenne, tra le proteste della gente. Poco più tardi, non ancora giunte le 23:25, i furgoni della UIP guadagnano il centro della piazza e gli agenti si schierano per eseguire l’ordine di sgomberare, che arriva immediatamente.
La gran parte dei manifestanti rimasti per strada, perlopiù di giovane età, sono costretti a defluire nelle vie adiacenti alla piazza a causa delle cariche della polizia. Solo alcuni coraggiosi rimarranno seduti davanti le transenne di Calle de Cedaceros sino a notte inoltrata, distinguendosi nel loro atto di disobbedienza civile. All’una di notte, il conto dei feriti è a quota 12, mentre due sono i manifestanti in stato di fermo.
Madrid così si riaddormenta, dopo essere stata nuovamente scossa dalle proteste, con un occhio ancora aperto a quello che potrebbe succedere nei prossimi giorni. Le manifestazioni di certo non si concluderanno qui: alle porte si prevede uno sciopero generale, il secondo in dieci mesi per il governo di Rajoy, in carica da solo poco tempo ma che appare agli spagnoli già come un vecchio incubo, tuttora ricorrente.
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