La situazione in Tunisia sembra sul punto di esplodere, almeno a scorrere le notizie che arrivano da un paese che dopo la cosiddetta ‘rivoluzione’ sembrava avviato verso una lenta ma inesorabile normalizzazione governata dai partiti islamici nel solco della via indicata dal modello turco.
Ma le tensioni politiche, economiche e sociali sembrano emergere con sempre maggiore forza. L’ultima rivolta si è registrata nella normalmente tranquilla isola di Djerba. Centinaia di cittadini di Guellala hanno protestato in maniera veemente contro la riapertura di una discarica nella parte sud-occidentale dell’isola, bloccando una strada che conduceva al sito. Quando i reparti antisommossa della polizia hanno provato a disperderli e a rimuovere il blocco ne sono nati violentissimi scontri durante i quali, secondo i media locali, ben 49 agenti e due manifestanti sarebbero rimasti feriti. Durante le manifestazioni i cittadini hanno anche tentato di assaltare una caserma e contro i poliziotti hanno lanciato bombe molotov e pietre, ai quali gli agenti hanno risposto con lacrimogeni, granate stordenti e anche proiettili di gomma. Alla fine di una vera e propria battaglia i reparti antisommossa si sono ritirati dalla città e a Guellala è ritornata una relativa calma, anche se i cittadini pretendono ora la chiusura immediata della discarica.
Qualche giorno fa era stata la volta di centinaia di disoccupati e di giovani che avevano sfilato in corteo nella città di Sidi Bouzid, nella Tunisia centrale, per protestare contro la mancanza di lavoro e di prospettive e contro la gestione del potere da parte dei partiti islamisti, Ennahada in particolare. Quando la folla visibilmente arrabbiata di è avvicinata in corteo verso la sede del governatore, chiedendone le immediate dimissioni per incompetenza, la Polizia ha attaccato i manifestanti con gas
lacrimogeni e proiettili di gomma mentre alcuni giovani tentavano di fare irruzione all’interno dell’edificio. Poi, quando i manifestanti si sono accertati che il governatore aveva abbandonato il suo ufficio scortato dalle forze di sicurezza, si sono diretti nella sede del Tribunale distrettuale per chiedere il rilascio dei manifestanti arrestati.
Quella del 5 ottobre è solo l’ultima di una lunga serie di proteste organizzate dai movimenti sociali a Sidi Bouzid – epicentro della rivolta del gennaio del 2011 contro il regime di Ben Alì – contro la povertà, la disoccupazione, la mancanza di acqua potabile e il ritardo nel pagamento degli stipendi dei lavoratori del settore pubblico. Il 3 ottobre l’Unione regionale del lavoro (Urt) ha organizzato uno sciopero generale nella città di Menzel Bouzaïane per chiedere la liberazione di 12 manifestanti arrestati nei giorni precedenti durante una protesta degli insegnanti.
Contemporaneamente il perdurare delle manifestazioni di protesta di centinaia di dipendenti che chiedono la stabilizzazione del loro rapporto di lavoro ha imposto alla Cpg, il blocco dell’attività estrattiva dei fosfati a Metlaoui.
Ma al di là delle esplosioni di rabbia la situazione politica nel paese sembra sempre più instabile e mutevole.
E’ dei giorni scorsi la notizia della costituzione di un nuovo fronte politico costituito dalla maggior parte delle forze di sinistra e di centrosinistra del paese. Al Fronte popolare – battezzato ufficialmente all’interno di un Palazzo dei Congressi di Tunisi gremito – hanno aderito 11 formazioni di sinistra ed ecologiste: il Partito dei lavoratori; il partito della Lotta progressista; il Movimento democratico socialista; il Baath; il Partito Avanguardia araba democratica; la Federazione della corrente operaia; il Partito della Tunisia verde; i Cittadini democratici; il Fronte popolare unionista; il Partito popolare per la libertà e il progresso; il Partito nazionale socialista. Tra le principali rivendicazioni della nuova alleanza ‘la caduta del regime’ di Ennahada.
Lo stesso obiettivo dichiarato da un’altra alleanza di partiti laici, formata da tre formazioni: Nidaa Tounes, Al Joumhouri e Al Massar. A Nidaa Tounes – partito centrista formato recentemente dall’ex premier Beji Caid Essebsi – hanno aderito molti deputati eletti in altre liste al momento delle elezioni dell’Assemblea Costituente, fino a diventare il secondo gruppo in parlamento, accreditato del 20% dei consensi nei sondaggi. Nei giorni scorsi alcune sedi e manifestazioni di Nidaa Tounes sono state oggetto di azioni violente e intimidazioni da parte di sostenitori di Ennahdha e dei salafiti, secondo i quali il partito sarebbe l’erede diretto dell’Rcd, il partito dell’ex dittatore Ben Ali. Il 13 ottobre la nuova alleanza formata da Nidaa Tounes avrebbe dovuto presentarsi ufficialmente con una manifestazione pubblica che però è stata annullata formalmente ‘per motivi di sicurezza’ ma in realtà perché le autorità governative, egemonizzate dagli islamici di Ennahada, hanno negato le necessarie autorizzazioni.
Lo scorso 4 ottobre il presidente della Repubblica tunisina, Moncef Marzouki, ha firmato il decreto che prolunga di un altro mese lo stato d’emergenza nel Paese, instaurato il 14 gennaio 2011, dopo la fuga dell’allora presidente Zine el Abidine Ben Ali.
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