Negli ultimi tempi sembra che le principali accuse all’esercito siriano e dunque al governo di Damasco abbiano cambiato asse: adesso si prende di mira soprattutto l’aviazione. E’ una manovra per rafforzare la convinzione che la no-fly zone debba essere introdotta al più presto: a difendere i civili (nessuno si cura del suo risultato surreale in Libia, una lunga guerra di cielo e di terra con molti morti provocata proprio dalla no-fly zone subito trasformata in attacco Nato). In realtà a rafforzare i combattenti armati grazie alle ingerenze petromonarchiche e dei paesi Nato.
Per una più compiuta demonizzazione(e così giustificare umanitariamente le ingerenze armate da tempo presenti e la no-fly zone sperata), potevano mancare le bombe a grappolo? Leggiamo: “Gruppi di opposizione al regime siriano hanno accusato Damasco di aver utilizzato ad Homs, Idlib e Damasco bombe a grappolo – illegali nella maggior parte dei paesi del mondo (oltre 100 nazioni hanno firmato la Convenzione sulle bombe a grappolo). Human Rights Watch ha tra le mani dei video amatoriali che sosterebbero tali accuse. La veridicità dei video non è stata ancora confermata, ma secondo l’associazione si tratterebbe di munizioni fabbricate in Unione Sovietica. Le bombe a grappolo esplodono in aria lanciando a forte velocità altre decine di piccole bombe, colpendo così vaste aree”. Come si nota, le fonti sono video amatoriali rilanciati da una potente associazione che si intreccia con Amnesty International: nella gara a chi denuncia di più e a chi fa più iscritti e più donatori?.
Sull’uso delle cluster in Siria, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che “non ci sono conferme. Questa regione è piena di armi che arrivano in Siria e da altri paesi della regione in quantità incredibili ed è difficile determinare chi, da dove e come arrivano le munizioni”.
Ma c’è dell’altro. E molto. La stessa Human Rights Watch che adesso accusa l’esercito siriano di usare cluster russe in varie città, il 15 aprile dell’anno scorso accusò l’esercito libico (chiamato “truppe di Gheddafi”) di aver usato a Misrata le Mat-120, bombe a grappolo spagnole. Il giornalista Chievers del New York Times ne aveva trovate alcune a Misrata. Immediatamente la commissaria ai diritti umani dell’Onu a Ginevra, Navi Pillay, condannò con sdegno Tripoli (la Tripoli di allora; sulla Tripoli di adesso, silenzio).
la storia è stata forse capovolta quanto a responsabili.
Qualcuno domandò a Fred Abrahams di Human Rights Watch perché riteneva che le bombe a grappolo, che pure fanno parte dell’arsenale Nato, fossero state sparate dai libici invece che dalle forze Nato. Abrahams rispose: “Perché il Mat-120 è sparato dal mortaio e la Nato non ha truppe sul terreno”. Come spiega Hri, l’armamento Mat-120 viene in effetti lanciato da un mortaio, ma può essere usato anche in specifici sistemi d’arma che sono montati su una torretta. Il Mat-120 può essere stato sparato dalle forze navali Nato. La Nato aveva ammesso di aver bombardato usando “alcuni armamenti” all’interno della città di Misurata.
Le munizioni rinvenute a Misurata erano datate 2007 (lotti 02/07 e 03/07) ed erano prodotte dalla ditta Instalaza. Ma per un’organizzazione indipendente, Human Rights Investigation – Hri (che più volte denunciò i crimini della Nato in Libia) i report secondo i quali queste munizioni erano state vendute alla Libia sarebbero sbagliati a causa di un errore di lettura dei dati delle esportazioni che sono elencate nel documento emesso dal governo spagnolo (Instalaza ha negato questo export). L’analisi dei documenti ufficiali del governo spagnolo indica che la spagnola Instalaza non ha esportato bombe a grappolo in Libia nel 2007/2008, prima che la Spagna desse un giro di vite all’export di armi; il Mat-120, proiettile di un mortaio, è un armamento di categoria 3 (munizione), non una categoria 4 (bomba) e la Spagna non ha esportato armamenti di categoria 3 in Libia nel 2007 o nel 2008.
La Spagna ha invece esportato armamenti di categoria 3 ad altri paesi. Di questi solo uno non ha firmato la Convenzione contro le bombe a grappolo ed è coinvolto nel conflitto in Libia: gli Stati Uniti d’America.
E di chi erano le navi da guerra posizionate a “difendere i civili libici”? Statunitensi. Hri chiese invano all’Onu uno studio preciso sul possesso e uso delle bombe a grappolo da parte di tutte le parti combattenti nel conflitto libico, senza impunità per i militari. Nemmeno quelli statunitensi.
Attiriamo anche l’attenzione sulla “autorevolezza” degli accusatori. Quelli libici, per esempio, facevano parte di quelle bande di Misurata le quali adesso mantengono una quantità di prigioni con torture (troppo tardi anche li umanitari se ne sono accorti) e che forse stanno per dare l’assedio finale a Bani Walid. Senza dimenticare che quelle stesse forze di Misurata sono responsabili della deportazione dei neri di Tawergha, quelli che non sono stati uccisi.
Se pensiamo che la guerra Nato, iniziata al grido “salviamo Bengasi” (allarme che si rivelò poi ingiustificato), è proseguita al rido di “salviamo Misurata assediata dai cattivi e difesa dai ribelli buoni”, dovremmo forse rivedere un po’ tutto. Anche le fonti alle quali ci abbeverano.
Può essere tutto vero. Ma senza prove, il colpevole non può essere sempre il maggiordomo.
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