Sta crescendo il bilancio di morti e feriti causato dall ‘esplosione di una autobomba in piazza Sassine, nel quartiere cristiano di Achrafief, nella zona orientale di Beirut.
L’autobomba, piazzata a pochi metri dalla sede centrale del partito cristiano di estrema destra della Falange, di cui faceva parte l’ex presidente Amin Gemayel, avrebbe finora causato 8 morti e una novantina di feriti, di cui alcuni gravi. Tra le vittime anche il colonnello Wissam al-Hassan, capo del servizio interno dell’intelligence militare libanese, che sembrerebbe quindi il reale obiettivo dell’attentato. Al-Hassan, vicino all’ex premier sunnita Saad Hariri, era stato accusato di recente da alcune forze politiche libanesi di fornire armi agli oppositori siriani del cosiddetto “Esercito libero”.
Lo scoppio ha seriamente danneggiato molti edifici ed automobili, mentre alcuni testimoni hanno visto alcuni operai precipitare da un’alta impalcatura a causa del contraccolpo della potente deflagrazione.
Le opposizioni filoccidentali e sunnite che sostengono i ribelli siriani e avversano il regime di Assad hanno subito accusato i servizi segreti di Damasco, il cui governo ha però immediatamente condannato l’attacco, non avendo oltretutto nulla da guadagnare da un allargamento del conflitto.
Nei mesi scorsi in alcune città libanesi milizie sunnite anti-siriane e milizie sciite o alawite alleate di Damasco si sono affrontate in sanguinosi scontri a fuoco, e pochi giorni fa alcuni media hanno segnalato scontri a fuoco tra Hezbollah e miliziani del CNS al confine tra i due paesi.
Il ministro delle Telecomunicazioni libanese, il cristiano Nicholas Sehnaoui – appartenente ad una fazione alleata con gli sciiti di Hezbollah – ha respinto indirettamente i sospetti dell’opposizione (su ipotetici ”messaggi siriani”): ”Non dobbiamo fare commenti, nè cadere nella trappola di chi vuole creare divisioni nel Libano, questo è il momento di rimanere uniti”, ha detto, rinviando di almeno ”24 ore” qualsiasi interpretazione, in attesa di accertamenti più approfonditi.
Hezbollah ha condannato l’attentato di Beirut e lo ha definito un tentativo di destabilizzazione e di “nuocere alla stabilità e all’unità nazionale”.
Anche Teheran ha espresso una posizione simile, condannando l’esplosione che ha ucciso il capo dell’intelligence della polizia a Beirut, e accusando Israele di essere dietro l-attentato che l’opposizione libanese ha al contrario attribuito al regime di Damasco alleato di Teheran. “L’Iran condanna l’esplosione terroristica compiuta da quanti cercando di creare divisioni tra diversi gruppi libanesi, a danno dell’interesse del Libano”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri, Ramin Mehmanparast. “Senza alcun dubbio, il nemico principale del popolo libanese è il regime sionista, che è quello che trae più vantaggio dall’instabilità e l’assenza di sicurezza nella regione”, ha aggiunto.
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