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Mursi, il prammatico dittatore d’Egitto

Ore 18. Egitto, la piazza laica si rivolta a Mursi

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Gli “occhi sulla libertà”, così l’opposizione liberale e di sinistra aveva definito stamane le manifestazioni di dissenso alle decisioni accentratorie di Mohamed Mursi si sono trasformati in “mani sulla Fratellanza”. Alcune sedi presso la cairota piazza Tahrir e altri edifici ad Alessandria sono stati assaltati da attivisti staccatisi dai cortei che in entrambe le città hanno visto un’ampia partecipazione di cittadini contrari al colpo di mano presidenziale (vedi la foto). Una protesta che ha ricevuto ampie adesioni anche nei centri industriali come Port Said e Mahalla Le manifestazioni si sono ingrossate dopo la preghiera di metà mattinata, vedendo l’accorrere anche di fedeli non aderenti alla Confraternita. Seppure gran parte dell’opposizione era rappresentata dai partiti laici ai quali si sono uniti i giovani del movimento rivoluzionario che per mesi hanno sempre distinto il loro operato e le proteste dai settori moderati e liberali. E quando, nel ballottaggio del giugno scorso, bisognava contrastare il mubarakiano Shafiq avevano orientato il voto su Mursi.

Ora però l’incantesimo sembra rotto. La componente laica non perdona all’uomo della Fratellanza l’overdose di potere e un pezzo d’Egitto gli si rivolta contro. Le Forze dell’Ordine hanno alleggerito la pressione con cariche e fittissimi lanci di lacrimogeni che hanno comunque dissuaso e allontanato solo una piccola porzione dei manifestanti. Per l’immediato futuro possono preoccupare le contrapposizioni militanti che diventano una questione non solo di ordine pubblico se il contrasto dovesse scivolare su una deriva di vero conflitto fra fazioni. Una manifestazione di sostegno a Mursi, che vedeva i partecipanti sventolare bandiere verdi e palestinesi e inneggiare al Presidente, si è scontrata con oppositori presso la cairota piazza Ahmed Galal. Altri tafferugli fra contendenti si sono registrati nella località di Assiud nell’Alto Egitto. Parlando nuovamente ai concittadini, e non solo ai sostenitori, dalla sede di Heliopolis il Capo di Stato ha cercato di gettare acqua sull’odierno incendio, ribadendo che mai userà il potere contro persone o partiti.

Ma alla folla a lui contraria, questo sembra non bastare e gli obiettivi politici legati alla componente islamista vengono individuati anche in altre figure istituzionali, come il premier Qandil, sotto il cui palazzo di governo controllato dai militari, i dimostranti urlavano “Irhal“ (vattene). Grida finora riservate a Mubarak e Tantawi. In soccorso, politico e sicuramente confessionale, verso Mursi è giunta una dichiarazione del partito salafita Al-Nour, i cui attivisti non erano in strada, che appoggia la dichiarazione presidenziale di ieri. L’unico dubbio è sull’articolo 2, quello che salvaguarda le decisioni del capo dello Stato da interferenze del potere giudiziario. Le agenzie sostengono che verso le 17:30 piazza Tahrir si svuota solo parzialmente, le gente è nelle vie adiacenti e la tensione resta altissima.

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Al Cairo le piazze si misurano: da una parte i sostenitori, islamisti, del Fratello Presidente; dall’altra i suoi detrattori, liberali e di sinistra, che parlano della fine dello stato di diritto. In mezzo una mossa sicuramente studiata da giorni e rilasciata con una tempistica ancora una volta perfetta, proposta nel momento del massimo riconoscimento internazionale che Mursi ha ricevuto per la mediazione sulla crisi di Gaza.
La dichiarazione Costituzionale del Presidente è concentrata in sette punti con una premessa che ispirandosi alla “Rivoluzione del 25 gennaio” interpreta le richieste di azzerare le istituzioni del vecchio regime e garantire la riscrittura della Costituzione secondo princìpi di libertà, giustizia, democrazia. Si rilancia (art.1) una riapertura dei processi per chi ha provocato la morte di manifestanti, processi che si sono in molti casi conclusi con l’assoluzione degli imputati. Per tutti quello noto come “la battaglia dei cammelli”. L’articolo 2 garantisce esecutività ai decreti presidenziali fino all’approvazione della nuova Costituzione e alla formazione del futuro Parlamento, impedendo a qualsiasi autorità giuridica di contrastarli (la precedente Assemblea del Popolo era stato azzerata nel giugno scorso dal Consiglio Supremo delle Forze Armate).

Si prolunga di due mesi, emendando la precedente norma che parlava di sei (art. 4), la scrittura della Carta Costituzionale. Con l’articolo 5 s’impedisce che il Consiglio della Shura e l’Assemblea Costituente possano venire sciolti da qualsiasi corpo giudicante. Quest’ultimo punto è direttamente legato al dissidio creatosi fra la Presidenza della Repubblica e la Suprema Corte col licenziamento del Procuratore Generale Meguid Mahmoud e la sua sostituzione con Ibrahim Abdallah. Una mossa che se aveva provocato il risentimento della magistratura che denunciava un attacco alla sua autonomia, riceveva il consenso della piazza (islamica e movimentista) sempre ostile agli uomini degli apparati mubarakiani. Avevano invece storto il naso i politici di professione dello schieramento laico che vedevano nell’iniziativa un ulteriore passo di accentramento dei poteri di un Presidente già in quel momento definito “golpista istituzionale”. Costoro continuano ad attaccarlo sostenendo come la via intrapresa stia violentando il Paese. “Nessun leader popolare proporrebbe di abolire lo Stato per proteggere se stesso” ha dichiarato alla stampa Abdel Meguid prima di dimettersi da membro dell’Assemblea Costituente. E un esponente socialdemocratico ha aggiunto “La sua linea Costituzionale è basata sul: <Chi vuol stare stia, chi vuole andare vada>. Non mi pare ispirata da un’attitudine al confronto”.

assalto alle sedi della Fratellanza
Ma i giuristi islamici impegnati da mesi nell’Assemblea dichiarano che la componente laica sta praticando un boicottaggio strisciante, così il Paese resta in balìa d’un vuoto legislativo sia per l’assenza della legge primaria sia per l’impossibilità di riavviare una normale legislazione attraverso un nuovo Parlamento. Infatti per nuove elezioni si deve attendere la stesura della Costituzione che dovrà essere sottoposta a referendum. Contro questo corto circuito politico il Partito della Libertà e Giustizia spiega la mossa prammatica del Presidente, ma naturalmente si trova contro le figure simbolo dell’opposizione laica: El Baradei, Moussa, Sabbahi, Nour, Ishaq tutti uniti contro quello che definiscono un “totale colpo contro la legittimità che propone una dittatura di fatto sconosciuta dalla storia recente dell’Egitto”. Questi politici richiedono il ritiro della dichiarazione di Mursi, l’ennesimo scioglimento dell’Assemblea Costituente che, a loro dire, avrebbe perso ogni legittimità giuridica e morale.

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