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Israele non toglie il blocco, ucciso un contadino

INVIATO A GAZA

I nodi sono venuti subito al pettine. Nessun palestinese si era fatto illusioni sulla fine del blocco israeliano di Gaza, a dispetto dei proclami di «vittoria» fatti da Hamas al termine dell’offensiva israeliana «Colonna di Difesa», con l’annuncio dell’accordo di cessate il fuoco con Israele. Ieri è giunta un’altra conferma che le cose non sono cambiate. Trecento palestinesi, in gran parte contadini, hanno cercato di raggiungere, nei pressi di Qarara, i campi coltivati entrando nella cosiddetta «no-go zone», la fascia-cuscinetto imposta da Israele lungo il confine (all’interno di Gaza) che, secondo la popolazione, in seguito al cessate il fuoco sarebbe dovuta tornare liberamente fruibile. La risposta del fuoco automatico dalle torrette di sorveglianza israeliane è stata immediata. Abdelhadi Qdeih Anwar, 23 anni, colpito alla testa mentre cercava di issare una bandiera sulla recinzione di confine, è morto poco pochi attimi. Altri 19 palestinesi sono stati feriti. «Riprendiamoci la nostra terra», scandivano i manifestanti prima degli spari. Per Israele i palestinesi erano determinati a forzare i recinti di confine e, per questo, avrebbero costretto i militari a sparare, prima in aria e poi ad altezza d’uomo. Il totale delle vittime palestinesi dell’offensiva militare israeliana dei giorni scorsi è cresciuto ulteriormente (166) per la morte in ospedale di due feriti e per il ritrovamento di un altro cadavere, di una donna, fra le macerie della abitazione della famiglia al-Dalu che aveva già perso sotto un bombardamento israeliano 11 dei suoi componenti (per lo più donne e bambini).
Il governo di Hamas ha protestato contro quella che ha definito «una violazione della tregua» annunciata il 21 novembre – e altrettanto ha fatto anche il ministro degli esteri dell’Anp Riad al Malki -, allo stesso tempo ha inviato ingenti forze di polizia per impedire ai manifestanti di entrare di nuovo nella «no go zone». Si è quindi limitato a presentare una protesta ai mediatori egiziani, quasi a volerne testare il ruolo di garanzia, relegando l’episodio alla dimensione d’una provocazione circoscritta. Hamas, che ritiene di aver vinto la guerra, ha tutto l’interesse a mantenere la situazione sotto controllo. Ora la leadership del movimento islamico vuole raccogliere i frutti diplomatici e politici del riconoscimento di più parti della sua forza militare e strategica. Non è così per il premier israeliano Netanyahu, finito sotto pressione e criticato da metà suoi cittadini – lo dicono i sondaggi – per aver «sospeso troppo presto la guerra». Un dato in linea con quel 91% di israeliani che si era detto favorevole all’attacco contro Gaza.
Tuttavia questi non gli unici «risultati» di Colonna di Difesa, il quadro è più complesso. Per il New York Times, prestigioso quotidiano americano vicino a Israele, il conflitto a Gaza non sarebbe stato altro che una prova per un eventuale confronto armato con l’Iran, con il dispiegamento di missili capaci di raggiungere Gerusalemme e del nuovo sistema anti-balistico per neutralizzarli. È questa la lettura fornita al giornale da funzionari americani e israeliani che sottolineano che è l’Iran ad interessare realmente Netanyahu e il presidente Usa Barack Obama. I due non paiono d’accordo sulle tattiche da usare ma entrambi, dicono questi funzionari, sanno che il tempo a loro disposizione per «risolvere» la questione nucleare iraniana è limitato, forse solo pochi mesi.
Netanyahu pertanto, secondo il New York Times, avrebbe usato l’attacco a Gaza per testare le capacità di Hamas e del Jihad Islami. Forze che potrebbero entrare in gioco dalla parte di Tehran, nel caso Israele lanciasse il suo attacco alle centrali iraniane. Naturalmente, sottolinea il quotidiano americano, un conflitto con l’Iran sarebbe molto diverso da quello appena conclusosi a Gaza. Stando ai piani statunitensi e israeliani, Israele potrebbe essere impegnato su tre fronti: con i missili a corto raggio usati a Gaza, con i missili a medio raggio lanciati da Hezbollah in Libano e con i missili a lungo raggio dall’Iran. Il sistema antibalistico Iron-Dome usato nei giorni scorsi riesce infatti a neutralizzare solo missili a corto raggio, tanto che Israele sta sviluppando un nuovo sistema di difesa contro missili a medio raggio, chiamato la Fionda di Davide, mentre ha già messo in capo un sistema contro quelli a lungo raggio noto come Arrow.

da “il manifesto”

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