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Tunisia: le autorità prese a sassate

La Tunisia è una polveriera sociale. E nonostante la rinuncia del sindacato Ugtt a convocare lo sciopero generale politico convocato nei giorni scorsi e poi revocato – il che ha provocato non poche polemiche al suo interno – la situazione nel paese continua a rimanere tesa: perché le aspirazioni alla libertà e ad un miglioramento delle condizioni economiche che erano state alla base della ‘rivoluzione’ di due anni fa, che portò alla cacciata del dittatore Ben Alì, sono rimaste largamente incompiute. E sul paese grava una pesantissima cappa di povertà e depressione sociale, e perchè i nuovi padroni della Tunisia si richiamano ad una versione integralista e bigotta dell’Islam nei confronti della quale una consistente parte della popolazione è insofferente.

E quanto il paese sia in ebollizione lo si è visto ieri, a Sidi Bouzid. Nel secondo anniversario della ‘rivoluzione’ le nuove autorità avevano deciso di celebrare se stesse, più che la liberazione, nella città di Sidi Bouzid. La stessa in cui l’autoimmolazione di un venditore ambulante perseguitato dalla polizia rappresentò la scintilla che incendiò il paese e che portò a settimane di scioperi, scontri e rivolte popolari culminate con la caduta del dittatore e del suo governo e con la convocazione di una assemblea costituente. Ma evidentemente il Capo dello Stato Moncef Marzouki e il Presidente del parlamento Mustapha Ben Jaafar non si aspettavano l’ira del loro popolo nel giorno della celebrazione. E invece su di loro, a metà dei discorsi ufficiali, è piovuta una pioggia di pietre, proprio nel luogo in cui Mohamed Bouazizi si diede fuoco. L’ira delle 5000 persone presenti era tale che la polizia, presente in forze e in assetto antisommossa, non è neanche intervenuta contro la gente, ma si è limitata a portar via in fretta e furia i due leader, conducendoli nella sede del governo regionale, mentre i manifestanti invadevano la piazza al grido “il popolo vuole la caduta del governo”.

Nel suo discorso, Marzouki – un liberale alleato agli islamici di Ennahda – ha chiesto di avere pazienza: “Il governo non ha la bacchetta magica per cambiare le cose. Ha bisogno di tempo per cancellare l’eredità di 50 anni di dittatura”. E aveva promesso che lo sviluppo economico sarebbe arrivato in pochi mesi. Ma come ai tempi di Ben Alì, se non peggio, il lavoro in Tunisia è un miraggio, il tasso di disoccupazione è alle stelle, e i giovani tunisini sono costretti a emigrare in occidente per stipendi assai più miseri di quelli ai quali potevano aspirare i loro padri o i loro fratelli maggiori qualche anno fa. Già in mattinata Marzouki era stato contestato e preso a male parole dagli abitanti di Sidi Bouzid quando si era recato in visita alla tomba di Bouazizi.

“Il governo agisce come per punirci di aver scatenato la rivoluzione. Non ha fatto nulla per noi, non hanno fatto altro che spartirsi le poltrone” ha denunciato Midani Khassemi, 36 anni, disoccupato, ripreso dalle agenzie di stampa. Secondo il ministero dell’Industria, nella regione di Sidi Bouzid nei primi 11 mesi del 2012 gli investimenti sono crollati del 36% e le offerte di occupazione del 24,3%, rispetto all’anno precedente. A livello nazionale, il tasso di disoccupazione si attesta attorno al 18%, alimentando la rabbia popolare.

Già nei giorni scorsi dieci organizzatori del festival Bouazizi, che celebra l’inizio della rivoluzione, avevano rassegnato le dimissioni per denunciare le ingerenze del partito islamico sull’organizzazione delle celebrazioni. 

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