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Iran e Israele: l’Eritrea gioca su due fronti

Il lungo braccio di ferro tra Israele e l’Iran si allunga fino alle coste del Mar Rosso e in particolare dell’Eritrea, dove i due paesi sarebbero presenti con contingenti militari e basi di osservazione strategica. A sostenerlo è un rapporto della Stratfor Global Intelligence, rivista statunitense di analisi e sicurezza, secondo cui la marina militare di Tel Aviv ha dispiegato proprie unità di intelligence al largo dell’isola di Dahlak e nel porto di Massaua per monitorare le attività iraniane. Tra i compiti assegnati alla mini-flotta, ci sarebbero “il contrasto al contrabbando di armi che dall’Iran transitando per il mar Rosso, e attraverso governi compiacenti nel Corno d’Africa, giungerebbero nelle mani di gruppi armati e nazioni ostili allo stato ebraico” afferma il rapporto.
In passato l’aviazione israeliana ha più volte messo a segno bombardamenti e attacchi “mirati” contro convogli e obiettivi nel corno d’Africa e soprattutto in territorio sudanese. L’ultimo di questi episodi si è verificato a ottobre quando il governo di Khartoum ha accusato Tel Aviv di aver colpito durante un’incursione notturna la fabbrica di armi di Yarmouk, località alla periferia della capitale sudanese.
Allo stesso tempo – rivela il rapporto – il governo del presidente Isaias Afewerki avrebbe accordato a Teheran la possibilità di controllare con i propri mezzi militari lo stretto di Bab el Mandeb, unica via d’accesso per le navi che devono attraversare il canale di Suez. Con la propria flotta schierata nello stretto di Hormuz, e una crescente influenza in quello di Ba bel Mandeb, il governo iraniano si assicurerebbe quindi il controllo sulle due principali rotte per il trasporto navale di greggio al mondo.
“Nel 2008, Teheran ha stretto un accordo con Asmara finalizzato a mantenere una presenza militare ad Assab – ufficialmente per proteggere una propria raffineria di petrolio costruita in epoca sovietica” sottolinea il rapporto, secondo cui “in cambio, Asmara ha ricevuto denaro e altri aiuti militari da Teheran attraverso i canali diplomatici ufficiali e non”.
La scelta di fornire il proprio territorio a interessi strategici opposti da parte del governo di Afewerki si spiegherebbe infatti secondo gli osservatori con la necessità di rompere l’isolamento diplomatico,  sfruttando a proprio vantaggio economico i contrasti tra le potenze regionali.
Durante la lunga ribellione che in Yemen ha portato nel 2011 al rovesciamento del presidente Ali Abdullah Saleh, l’Iran avrebbe inoltre fornito “armi e addestramento ai ribelli yemeniti al Houthi in campi militari situati lungo la costa territorio eritreo. Questo – secondo gli analisti statunitensi – ha incitato l’Arabia Saudita a riallacciare i legami con l’Eritrea, dal momento che Riad vuole scoraggiare ogni forma di ribellione nella penisola”. (da www.misna.org)

Scriveva il 15 dicembre su ‘Il Fatto Quotidiano’ Enzo Mangini:

Secondo Stratfor, l’Eritrea, governata dal 1993 – anno dell’indipendenza dall’Etiopia dopo una pluridecennale guerriglia di liberazione – dal presidente Isaias Afwerki, ha cercato di differenziare le proprie scarse alleanza per proteggersi da quella che secondo il governo dell’Asmara è, con qualche ragione, la minaccia rappresentata dalle mire espansionistiche etiopi. In questa partita, il regime di Afwerki che non ha mai tenuto elezioni democratiche da quando è salito al potere, ha scelto di barcamenarsi tra una politica estera quantomeno ambigua. Per l’Onu, il governo eritreo ha appoggiato gli Al Shabab somali, in funzione anti-Etiopia e continua ad essere un elemento di forte instabilità nella regione. Eppure, negli ultimi tempi, Afwerki ha iniziato a muoversi in un dedalo di alleanze e appoggi più o meno espliciti, usando a proprio favore la concorrenza tra le potenze regionali. Stratfor riassume così: “Iran, Qatar, Arabia Saudita ed Egitto stanno diventando stretti alleati del piccolo paese africano. L’Iran ha fornito armi e sta addestrando i ribelli yemeniti al-Houthi sistemati lungo la costa eritrea. Questo ha svegliato l’interesse dell’Arabia saudita per l’Eritrea, perché Riyadh vuole contenere i ribelli. Il Qatar, che vuole aumentare la sua influenza in Africa orientale, ha mediato nella disputa di confine tra Eritrea e Gibuti”.
Le cose, però, stanno complicando. Nelle montagne eritree sono stati trovati giacimenti di oro e soprattutto di uranio che interessa moltissimo agli iraniani. Nel 2008 l’Iran mantiene una piccola presenza militare per proteggere, in base ad un accordo con il governo dell’Asmara, la raffineria di Assab e nel 2009 – in cambio del sostegno al programma nucleare iraniano – la Export Development Bank of Iran ha investito nel paese 35 milioni di dollari. Secondo Stratfor, per l’Iran, oltre all’uranio, è importante la posizione strategica dell’Eritrea, che controlla uno dei “colli di bottiglia” del traffico marittimo internazionale, lo stretto di Bab el Mandeb, che chiude il Mar Rosso. Con un dito sullo stretto di Hormuz e uno su Bab el Mandeb, l’Iran potrebbe essere in grado di bloccare due delle più importanti rotte commerciali mondiali, soprattutto per il trasporto di greggio.

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