Le principali organizzazioni sindacali brasiliane, sia quelle vicine al Partito dei Lavoratori (all’interno delle quali operano correnti dell’estrema sinistra molto critiche con l’esecutivo), sia quelle vicine ai partiti dell’opposizione di destra, hanno convocato per oggi uno sciopero generale, ribattezzato ‘Giorno nazionale di lotta’. Si tratta della quarta protesta del genere in 190 anni di storia del paese dopo l’indipendenza. L’ultimo sciopero generale venne convocato 22 anni fa contro il governo del presidente turbo liberista Fernando Collor de Mello, che finì per dimettersi.
Ai sindacati – dalla Centrale unica dei lavoratori (Cut), all’Unione generale dei lavoratori (Ugt), passando per Força Sindical, Coordinamento Nazionale di Lotta (Conlutas) e la Centrale Generale dei Lavoratori Brasiliani (CGTB). – si uniscono oggi anche potenti movimenti sociali, come il Movimento dei Lavoratori Senza Terra (MST) e l’Unione Nazionale degli Studenti (UNE). Ma anche la stessa base del Partido dos Trabalhadores della presidente Dilma Rousseff e altre organizzazioni di massa vicine al governo. Il che rende quella di oggi una protesta ambigua. Se da un lato l’intenzione dei lavoratori é quella di aderire alle richieste di maggiore trasparenza e partecipazione popolare emerse dalle recenti manifestazioni di piazza, e di orientare la mobilitazione verso la richiesta di maggiori investimenti economici statali nell’istruzione e nella sanità, dall’altro molti rappresentanti delle categorie che aderiscono alla protesta sono spaccati sul sostegno da confermare all’operato dell’esecutivo, in molti casi criticato ma non del tutto bocciato.
Ma il fatto che anche sindacati e movimenti espressione del PT o vicini a Lula prima – il primo presidente di sinistra, ex operaio metalmeccanico e dirigente sindacale – e alla Rousseff oggi abbiano deciso di convocare uno sciopero generale dopo molti anni di concertazione e relativa pace sociale la dice lunga sul clima che si respira nel paese. Anche se i sindacati arrivano divisi all’appuntamento di oggi tutti chiedono al governo di centrosinistra di darsi una smossa, approfittando dell’enorme numero di persone scese in piazza nelle ultime settimane per chiedere prima di annullare l’aumento del prezzo dei biglietti del trasporto pubblico e poi per criticare lo stallo nelle riforme sociali tante volte promesse e mai avviate. Alla base della mobilitazione di oggi parole d’ordine chiare: riduzione dell’orario di lavoro a 40 ore settimanali (attualmente 44), investimenti pubblici nella sanità, nell’istruzione e nei trasporti, l’avvio della sempre rimandata riforma agraria, aumento degli assegni pensionistici. Di fatto però le organizzazioni sindacali e sociali affini al PT intendono la giornata di lotta di oggi come un modo per spingere il governo verso un’agenda politica più coraggiosa, a partire dalla road map presentata dalla presidente Rousseff nei giorni scorsi, a dire la verità assai minimalista. Ma sindacati che si collocano all’aopposizione, come ‘Forza Sindacale’, chiederanno semplicemente che Dilma se ne vada. E che la popolarità dell’ex guerrigliera sia in forte calo lo dimostrano i sondaggi – alcuni dei quali auspicano un ritorno nientemeno che di Lula – e anche i recenti fischi con i quali molti sindaci brasiliani hanno sommerso la Rousseff martedì, durante un incontro a Brasilia con 3 mila amministratori locali provenienti da tutto il paese. Nonostante abbia annunciato fondi per circa 3 miliardi di reais (un miliardo di euro) da investire nei settori della salute e dell’educazione, il capo di Stato é stato interrotto da grida di disapprovazione e fischi durante il suo intervento, visto che gli amministratori chiedono almeno il doppio.
Secondo il quotidiano Folha de São Paulo la Rousseff ha incontrato in segreto l’ex presidente Lula da Silva, rimasto al margine della vita politica negli ultimi anni, che avrebbe chiesto alla presidente di avviare subito un programma di riforme in campo economico, oltre che un aumento della collaborazione con governo e parlamento.
L’iniziativa di oggi promette comunque di paralizzare la capitale economica del gigante sudamericano, San Paolo, e altre importanti città del paese e avrà riflessi sul traffico aereo da e verso il Brasile, nonché sul traffico stradale. Anche se il governo dello Stato di San Paolo ha ottenuto che la magistratura impedisca il blocco totale della metropolitana nell’ora di punta. Forte dovrebbe essere l’adesione tra i dipendenti pubblici sia a livello federale sia a livello dei singoli stati nei quali oggi i lavoratori incroceranno le braccia (21 su 27).
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