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Libano: la Turchia ritira i soldati dall’Unifil

Rischia di far salire ulteriormente la tensione tra Turchia e Libano il rapimento avvenuto l’altroieri a Beirut di due piloti delle linee aeree turche.

Ankara ha annunciato ieri, in tutta fretta, il ritiro di gran parte dei suoi caschi blu schierati finora nell’Unifil, la forza dell’Onu schierata nel sud del Libano al confine con Israele. Una decisione, tengono a precisare le Nazioni Unite, presa prima del doppio sequestro, ma resa nota in un momento di crescenti tensioni e soprattutto accelerata rispetto ai tempi inizialmente previsti. 

Il ministro dell’Interno libanese, Marwan Charbel, ricevendo l’ambasciatore turco Inan Ozyildiz ha assicurato ieri che il suo governo “non risparmierà alcuno sforzo” per assicurare il rilascio di due piloti della Turkish Airlines, prelevati mentre, a bordo di un pullmino della compagnia aerea, si dirigevano dall’aeroporto internazionale di Beirut al centro della città, attraversando un’area sotto il controllo dei movimenti sciiti Hezbollah e Amal. La tensione è salita di nuovo ieri dopo che le truppe con la stella di Davide hanno violato per l’ennesima volta il confine con il Libano, scatenando la reazione – soltanto formale – del suo comandante, il generale italiano Paolo Serra. Che in una dichiarazione pubblica ha definito grave lo sconfinamento avvenuto nella notte tra il 6 il 7 agosto di quattro soldati israeliani, rimasti feriti nell’esplosione di una mina, di alcune centinaia di metri entro il territorio libanese. “Anche se gli investigatori dell’Unifil stanno ancora lavorando sul caso, e’ chiaro che la presenza di soldati israeliani in Libano costituisce una seria violazione dei termini della risoluzione 1701”, ha affermato Serra, riferendosi alla risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu al termine dell’invasione israeliana dell’estate 2006 del sud del Libano, sconfitta dalla strenua resistenza delle milizie di Hezbollah.

Sono 280 i caschi blu turchi che lasceranno entro le prossime ore il contingente dell’Onu – di cui fanno parte anche oltre mille soldati italiani – mentre continueranno la loro missione solo 58 militari di Ankara impiegati nella forza marittima per il pattugliamento della costa.

Il rapimento dei due piloti della Turkish Airlines é avvenuto in un quadro di crescente tensione tra gli sciiti, che svolgono un ruolo fondamentale nel governo di Beirut con Hezbollah e i suoi alleati e che sono schierati con il presidente Bashar al Assad nel conflitto siriano, e la Turchia, che sostiene e addestra i ribelli siriani sunniti e le milizie jihadiste composte di combattenti stranieri. Questi ultimi tengono in ostaggio dal maggio del 2012 nove pellegrini sciiti libanesi che tornavano dall’Iran. L’altro ieri la televisione libanese Al Jadid ha detto che il sequestro dei piloti turchi é stato rivendicato da un gruppo che si ispira all’Imam sciita Reza e che avrebbe chiesto la liberazione degli ostaggi libanesi in Siria. Ma il ministro Charbel ha espresso dubbi sull’autenticità della rivendicazione. Lo scorso anno altri due cittadini turchi, un uomo d’affari e un camionista, erano stati rapiti nel sud di Beirut ed erano stati liberati circa un mese dopo in un’operazione della polizia. 

La guerra civile siriana è da tempo sconfinata in Libano: scontri durissimi che hanno provocato molte decine di vittime hanno sconvolto numerose città del paese, opponendo sciiti e alauiti da una parte e i sunniti dall’altra. Negli ultimi mesi le milizie di Hezbollah sono state inviate sul terreno, in Siria, per combattere a fianco dell’esercito di Damasco contro i ribelli che a loro volta ricevono uomini e armi dai gruppi sunniti libanesi. 

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