La Germania va benissimo perché è “austera”, mentre gli altri paesi – specie mediterranei – vanno male perché sono scialacquoni e non vogliono fare le “riforme strutturali”. Questo il messaggio che incessantemente ripetono tutti media, di centrodestra come di centrosinistra. Un luogo comune che non ha bisogno di verifiche empiriche, sembrerebbe; un vero mito ideologico.
Naturalmente non è affatto così e grazie alle elezioni politiche tedesche di domenica 22 qualcosa vien fuori anche sulla stampa italiana, almeno in quella istituzionalmente obbligata a dare informazioni utili per gli imprenditori e i policy makers. Mai uno “strillo” da prima pagina, però. Il pubblico potrebbe farsi delle domande inopportune. Tanto, gli esperti sanno dove e come trovare il “pezzo” che gli interessa.
Vi consigliamo due due articoli. Uno “riflessivo” da IlSole24Ore, che tira fuori le tre “bombe a orlogeria” che fin qui la Germania ha potuto non fa esplodere grazie allo scarto (“spread”) garantitogli dagli interessi pari a zero sul proprio debito pubblico. Ed un’intervista a Wofgang Schaueble, luciferino ministro dell’economia che rivendica la prevalenza degli interessi tedeschi su quelli di qualsiasi altro paese europeo; una costante che ha strutturato – e squilibrato fin dalle fondamenta – questa Unione Europea, fino a farne il nemico comune di tutti i lavoratori del Vecchio Continente (con qualche vantaggio relativo soltanto per quelli tedeschi o finlandesi).
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Germania al voto, tre bombe a orologeria sull’economia tedesca
dal nostro corrispondente Alessandro Merli
FRANCOFORTE – Con i partiti impegnati nella caccia all’ultimo voto prima delle elezioni di domenica e tutta l’attenzione rivolta alle possibili coalizioni che usciranno dalle urne, presumibilmente per la terza volta consecutiva sotto la guida di Angela Merkel, la discussione sui programmi e sui problemi della Germania è stata del tutto marginalizzata.
Questo riflette in parte la personalizzazione della campagna, spinta soprattutto dal team del cancelliere, consapevole della sua alta popolarità, e in parte il buon andamento dell’economia, in modesta ripresa e con disoccupazione ai minimi e salari in crescita. Negli ultimi quattro anni, il Governo, come accusa, non a torto, lo sfidante socialdemocratico Peer Steinbrück, ha dribblato, con la scusa di dover gestire la crisi, ogni scelta di riforma strutturale e si è cullato nell’immobilismo, avvantaggiandosi delle riforme, soprattutto del mercato del lavoro, dell’Agenda 2010, realizzata dal predecessore della signora Merkel, Gerhard Schröder.
Fin dalla sua formazione, che, dovesse trattarsi di una grande coalizione fra democristiani e socialdemocratici, potrebbe richiedere un lungo negoziato, il nuovo Governo dovrà confrontarsi con tre problemi principali che mettono in pericolo l’egemonia economica della Germania: due di questi sono apertamente riconosciuti dallo stesso cancelliere, il terzo si preferisce nasconderlo sotto il tappeto. In tutti e tre i casi, le proposte dei maggiori partiti sono in genere vaghe.
Energia. La politica energetica è il tema che colpisce di più le tasche dei tedeschi e quindi ha fatto capolino nella campagna. Alla legge di 13 anni fa per promuovere le fonti rinnovabili, si è sommato nel 2011, dopo il disastro giapponese di Fukushima, l’annuncio dell’abbandono del nucleare, che ha complicato ulteriormente le cose. Il piano per le rinnovabili, detto Energiewende, punta a passare dal 23% attuale della produzione di energia da queste fonti, soprattutto solare e eolico, al 35% nel 2020 e all’80% nel 2050, con un costo complessivo di 550 miliardi di euro. Ha un vasto appoggio nell’opinione pubblica, o almeno lo aveva fin quando i suoi costi non hanno cominciato a gravare pesantemente sulle bollette sia delle famiglie sia delle imprese: il costo per i consumatori dei sussidi alle rinnovabili balzerà quest’anno da 14 a 20 miliardi di euro. Le famiglie reclamano di non poter pagare, le industrie si lamentano del danno alla loro competitività. I sussidi sono fissati per 20 anni, mentre il prezzo alla produzione dell’energia è crollato. Risultato, a causa dei sussidi, i consumatori pagano il doppio di quanto costa alle imprese produrre l’elettricità. Nel frattempo, le utilities hanno visto finire fuori mercato i propri impianti a gas e hanno fatto crescente ricorso a quelli a carbone, peggiorando le emissioni di ossido di carbonio, l’opposto di quello che la legge si proponeva. Metter mano alla politica energetica sarà la prima cosa che farò dopo le elezioni, ha detto la signora Merkel. Nè lei, nè i suoi avversari hanno detto chiaramente come.
Demografia. L’invecchiamento della popolazione può limitare gravemente nei prossimi decenni la crescita dell’economia tedesca, sia secondo l’Ocse sia secondo osservatori interni come Deutsche Bank. Con uno dei tassi di natalità più bassi d’Europa (1,36 bambini per donna), la Germania si avvia a un drastico ridimensionamento della popolazione, dagli attuali 81 milioni a 70 nel 2060 (meno che nel 1963): allora, un tedesco su tre avrà più di 65 anni e la Germania non sarà più il Paese più popoloso d’Europa, ma scivolerà dietro a Gran Bretagna e Francia. L’allarme ha uno slogan: Schrumpfnation Deutschland, la Germania che si contrae. L’effetto principale sarà sulla crescita, quello secondario sui conti dello Stato: il debito pubblico tedesco, se si tien conto delle passività del sistema pensionistico, è il 192% del prodotto interno lordo, nettamente superiore a quello italiano di 146%. Mentre la riforma previdenziale italiana sull’allungamento dell’età pensionabile è entrata in vigore immediatamente, quella del Governo Merkel partirà dopo il 2020. Il fenomeno dell’aumento dei pensionati è stato parzialmente mascherato negli ultimi anni dall’effetto Seconda guerra mondiale, ma ora il numero ha ripreso a crescere e lo farà fino al 2030. La bassa natalità tedesca è in parte un fatto culturale: la madre che lavora è una cattiva madre, secondo la tradizione, e quindi le donne vengono messe di fronte all’alternativa figli/occupazione. Inoltre, l’assistenza all’infanzia è insufficiente, nonostante una recente misura del Governo che punta a creare un posto al nido per ogni bimbo sopra i 12 mesi. Le promesse elettorali, fortemente influenzate dai cristiano-sociali bavaresi, vanno peraltro nella direzione opposta: pagare le madri perché stiano a casa. L’altra possibile soluzione al problema demografico, quella dell’immigrazione, ha incontrato finora mille ostacoli: il Governo ha di recente invertito la rotta con il supporto a progetti pilota, già avviati dalle associazioni imprenditoriali, per attirare apprendisti (e anche professionisti come ingegneri e manodopera qualificata, per esempio nella sanità) dai Paesi del Sud Europa in crisi. Si tratta però di numeri che non scalfiranno la carenza di manodopera.
Banche. Del terzo problema non si vuole nemmeno parlare. «Le banche tedesche faranno da sole», disse qualche tempo fa il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, alla richiesta europea di aumentare il capitale. La verità è che la questione banche la Germania preferisce risolverla in casa e con potenti iniezioni di soldi pubblici. L’intreccio fra la politica e istituti come le casse di risparmio e le Landesbanken, controllate dalle regioni, è strettissimo e Berlino non ha intenzione di allentarlo. Per questo ha resistito strenuamente all’allargamento della vigilanza unica europea anche a questi istituti. Anche a costo di pagare per le loro malefatte. Dopo la crisi finanziaria globale, il Governo è intervenuto in Ikb (il primo fallimento nella crisi dei subprime Usa), Hre, Commerzbank e diverse Landesbanken. Il costo è stato di 680 miliardi di dollari, il 12,8% del pil, secondo il Fondo monetario, quasi il doppio della Spagna. E nella bad bank finanziata con i soldi pubblici, gli istituti tedeschi possono scaricare di tutto, anche titoli del debito sovrano europeo. Chiaramente in Germania, è politicamente più facile da far digerire all’elettorato il salvataggio delle banche locali che quello dell’eurozona.
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Der letzte Europäer
Wolfgang Schäuble, nell’ultima intervista prima delle elezioni rilasciata a Die Zeit, torna a parlare degli Eurosalvataggi e della minaccia AfD, con una consapevolezza: da lunedi’ potrebbe sparire dalla cronaca e finire nei libri di storia. Da Die Zeit
ZEIT: Herr Schäuble, onestamente: la crisi Euro dura ormai da oltre 3 anni. Dal suo punto di vista, si poteva fare qualcosa di diverso?
WS: Se si confrontano i titoli dei giornali di 3 anni fa, con quello che abbiamo realizzato fino ad ora, potremmo invece porci un’altra domanda: avreste mai pensato che la Germania avrebbe attraversato la crisi Euro senza problemi?
A volte è davvero difficile spiegare ai cittadini che cosa stiamo facendo e cosa abbiamo fatto per stabilizzare la nostra moneta comune. Anche noi negli anni scorsi siamo andati avanti a tastoni, passo dopo passo. Ma in ogni momento abbiamo cercato, con la nostra conoscenza e la nostra coscienza, di raccontare gli avvenimenti nella maniera piu’ realistica possibile.
ZEIT: Quindi è stato solo un problema di comunicazione? Oppure sono state le decisioni politiche e la durissima austerità a trasformare la crisi greca in un incendio di dimensioni europee?
WS: No, è sbagliato. La cosiddetta crisi Euro in verità non è una crisi della moneta unica, piuttosto una crisi di fiducia dei mercati finanziari nei confronti dei singoli stati membri della zona Euro. I mercati finanziari pensavano che questi paesi non sarebbero stati in grado di affrontare i loro problemi singolarmente. Per risolvere la crisi, dobbiamo migliorare le regole comuni, approfondire il coordinamento fra le politiche economiche dei paesi Euro, ridurre i deficit e superare i problemi di competitività.
Per questa ragione dobbiamo insistere affinché i paesi in crisi si impegnino a superare la crisi. Per dargli il tempo di farlo, li sosteniamo con i fondi di salvataggio, ma questi aiuti sono legati a condizioni molto dure. E già lo stiamo vedendo: siamo sulla strada giusta. In Grecia ad esempio, negli ultimi anni i turisti tedeschi erano scomparsi, perché il rapporto prezzo-prestazioni in Turchia era molto piu’ economico.
ZEIT: Adesso siamo invece tornati…
WS: Si’, esattamente. Perché la Grecia, fra le altre cose, ha ridotto il suo costo del lavoro del 13%. Naturalmente i greci stanno soffrendo, non lo nego. Meno le élite che hanno portato il paese in queste condizioni, molto di piu’ la gente comune. I risanamenti sono sempre difficili. Piu’ a lungo il paese resta fermo, piu’ difficile sarà ripartire. Ma sta funzionando: in tutti gli stati Euro siamo sulla buona strada, anche nei paesi sotto la protezione del fondo salva stati.
ZEIT: La politica è consapevole che l’austerità nell’Europa del sud, di fatto, ha privato una intera generazione del proprio futuro?
WS: Le cause della crisi devono essere cercate nei diversi paesi e nelle decisioni sbagliate prese in passato, non nell’austerità. La crescente domanda di competitività causata da una moneta comune e l’incredibile pressione sui salari esercitata dalla globalizzazione, non sono stati presi seriamente in considerazione in tutti i paesi. Ma ora si dovranno fare le riforme che in passato non sono state fatte. Per superare questa fase è stato creato il fondo di salvataggio. Solo per la lotta contro la disoccupazione, l’UE ha messo in campo 6 miliardi di Euro, a questi si aggiungono i programmi bilaterali.
ZEIT: Con cui pero’ non riuscite a tenere sotto controllo il tasso di disoccupazione nel sud Europa.
WS: Gli stati potranno tornare ad offrire ai loro cittadini lavoro e crescita, solo diventando piu’ competitivi. E’ necessario affrontare il problema alla radice, non solo i sintomi. Nella lotta contro la disoccupazione, aumentare la spesa non è di grande aiuto. Finiremmo per peggiorare la situazione, perché gli stati accumulerebbero piu’ debito. Per questa ragione non lo facciamo.
Prenda la Spagna. Molti giovani lavoravano nelle costruzioni. Dopo lo scoppio della bolla immobiliare molti posti di lavoro sono scomparsi – per sempre. Questi giovani, in parte non sono sufficientemente qualificati e in parte non sono pronti per lasciare il loro paese di origine. Non è facile creare dei nuovi posti di lavoro per queste persone.
ZEIT: Descrive le misure di austerità come prive di alternativa. Sono in molti a pensarla diversamente.
WS: La Grecia aveva un elevato livello di debito pubblico, non era piu’ competitiva, la Grecia non aveva piu’ accesso ai mercati finanziari. Si doveva reagire. E quando i problemi sono cosi’ difficili come in Grecia, per vedere una svolta non sono necessari pochi mesi, ma anni.
I programmi di riforma e le loro condizioni non sono definiti dal governo federale tedesco, ma dagli economisti della Troika, della BCE, del FMI e della Commissione UE. Hanno esperienza e sono incorruttibili. I greci, con le elezioni, per 2 volte hanno potuto esprimere la loro opinione e dire se erano d’accordo con la dura strada delle riforme e se volevano restare nell’Euro – e hanno deciso di tenere l’Euro.
ZEIT: Lei ha escluso una seconda ristrutturazione del debito, ma come faranno i greci a ridurre la loro enorme montagna di debiti?
WS: Abbiamo già fatto una ristrutturazione del debito nel 2011: i titoli di stato sono stati ristrutturati con il consenso di tutti i creditori….
ZEIT: Beh…
WS:…è stato tagliato del 53%. Non lo rifaremo. Non ci sarà un nuovo taglio del debito.
ZEIT: Quindi?
WS: Per ridurre il peso complessivo del debito, i debiti devono crescere piu’ lentamente dell’economia. E questo potrebbe accadere già l’anno prossimo, quando il paese uscirà dalla recessione. La Grecia si lascerà il peggio alle spalle.
ZEIT: Il partito Alternative für Deutschland ha una soluzione abbastanza semplice per la crisi Euro: la dissoluzione della zona Euro.
WS: Sarebbe la ricetta migliore per recare un danno alla Germania, di dimensioni mai viste nei decenni scorsi.
ZEIT: Secondo i sondaggi sono vicini al 4 % – e potrebberon costare la maggioranza ai nero-gialli…
WS: Queste persone dicono molto semplicemente: senza l’Euro la nostra economia starebbe meglio. Ma cio’ è fondamentalmente sbagliato, è poco plausibile e molto pericoloso per il nostro benessere. Noi tedeschi, come grande nazione esportatrice, abbiamo tratto i maggiori vantaggi dalla moneta unica. Su questo c’è un consenso generale. Il mondo è cambiato. L’Europa e la Germania hanno bisogno di una moneta comune stabile, per poter sopravvivere in questo mondo globale.
ZEIT: …non tutti i cittadini accettano questi argomenti…
WS: Che non tutti possano capire o accettare, è normale in una democrazia. Non ho nulla contro queste persone, che ovviamente restano profondamente legate al passato. A loro non interessa il bene della Germania nel ventunesimo secolo. Durante il procedimento dinanzi alla Corte Costituzionale ho conosciuto alcuni rappresentanti di AfD. Non voglio fare nomi, ma in alcuni momenti ho pensato: Du mei-ne Gü-te!
ZEIT: AfD probabilmente è nata anche perché il governo, forse, non è stato capace di spiegare sufficientemente bene le politiche di salvataggio?
WS: Io credo non si possa negare il fatto che stiamo cercando di coinvolgere i cittadini con ogni mezzo. Ma naturalmente è sempre possibile migliorare le cose. Ma guardi cosa succede negli altri paesi europei: in Francia sono in molti a temere che alle prossime elezioni europee il Front National possa diventare il primo partito. In Gran Bretagna molti voti si sono spostati verso i movimenti euroscettici. Stessa situazione in Olanda, Finlandia e Austria.
Io sono felice perché qui in Germania, forse anche per la nostra storia, siamo un po’ piu’ prudenti quando abbiamo a che fare con idee demagogiche e di destra. Chi parte come la AfD, fomentando la paura verso l’Europa, presto inizierà ad alimentare la paura verso i migranti. Dobbiamo schierarci contro di cio’.
ZEIT: AfD è solo un episodio nella storia politica tedesca?
WS: Gruppi monotematici, orientati al passato e conservatori ci sono sempre stati, ma poi sono regolarmente scomparsi[…]
ZEIT: Come Ministro delle Finanze anche lei ha beneficiato dei bassi tassi sui titoli di stato tedeschi. Adesso sono tornati a crescere. E’ il segno di un allentamento della crisi?
WS: Si’, grazie al cielo. La fiducia nell’Euro è tornata. La Spagna è tornata a pagare sui decennali poco piu’ del 4%, noi paghiamo circa il 2%. Sui mercati non c’è piu’ il nervosismo del passato. I tassi bassi per il Ministero delle Finanze sono stati davvero una manna, ma nel lungo periodo un tasso di interesse un po’ piu’ alto è preferibile, soprattutto per i risparmiatori e per chi deve gestire la previdenza.
Nessuna preoccupazione: nel nostro bilancio e nella nostra pianificazione finanziaria abbiamo preso misure adeguate per gestire un aumento dei tassi. Siamo persone prudenti. E per quanto riguarda il risparmio sugli interessi, stiamo parlando di 4 miliardi di risparmio su di un bilancio di 300 miliardi di Euro. Soprattutto, non abbiamo aumentato le spese, quello è stato molto piu’ importante.
ZEIT: Per il ritorno della fiducia, dobbiamo ringraziare anche il presidente della BCE Mario Draghi. Con appena due frasi ha messo fine alla speculazione dei mercati finanziari. I tedeschi non dovrebbero essergli grati?
WS: L’ho detto davanti alla Corte Costituzionale: il governo federale è convinto che la BCE debba essere fedele al proprio mandato, il mantenimento della stabilità dei prezzi. E questo sta accadendo, con l’Euro abbiamo avuto prezzi piu’ stabili rispetto ai tempi del D-Mark.
Se la BCE non dovesse rispettare il proprio mandato i governi dovrebbero rivolgersi alla Corte di giustizia europea – e sarei proprio io a farlo. Mario Draghi, dopo l’annuncio, e fino ad ora, non ha dovuto spendere un centesimo. Con l’annuncio della BCE il governo federale non ha nulla a che fare. E se dopo tutto quello che l’Eurozona negli ultimi anni ha fatto in termini di riforme e austerità, fosse stato sufficiente solo un annuncio per calmare i mercati, allora, è stato tutto davvero meraviglioso!
Pubblicato e tradotto da Voci dalla Germania
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