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Scuole e università paralizzate, scontri e arresti a Madrid

Due persone arrestate e varie altre ferite. E’ questo il bilancio finale di una giornata che ha visto tutte le scuole di ogni ordine e grado fermarsi per uno sciopero generale convocato da organizzazioni studentesche, sindacati e associazioni. In serata alcune centinaia di persone erano andate a protestare contro la Legge Organica di Miglioramento della Qualità dell’Istruzione (Lomce) direttamente davanti alla sede del Ministero competente, nella calle Alcalà di Madrid. Verso le nove però i reparti antisommossa della Polizia Nazionale hanno realizzato varie cariche contro i giovani manifestanti dopo che alcune bottigliette d’acqua erano state lanciate contro gli agenti che impedivano ai dimostranti di avvicinarsi alla sede istituzionale. I manifestanti hanno resistito alle cariche e ne sono nati scontri durati alcuni minuti, durante i quali contro i reparti antisommossa gli studenti hanno lanciato uova, petardi e pietre, e in alcuni casi hanno anche eretto improvvisate barricate per contrastare le cariche. Alla fine due giovani sono stati arrestati in due punti del centro della capitale spagnola, mentre altri cinque hanno dovuto far ricorso alle cure mediche per i colpi ricevuti dai poliziotti.

Fino a ieri sera la giornata di sciopero generale convocata dagli studenti per il ritiro della legge di (contro)riforma voluta dal ministro Wert era stata caratterizzata da una massiccia adesione e da partecipate manifestazioni. Ieri alla mobilitazione studentesca, nel terzo giorno di sciopero nazionale consecutivo, si era sommata anche la protesta delle organizzazioni sindacali dei docenti (tranne quelli delle scuole private) e delle associazioni che riuniscono centinaia di migliaia di famiglie (tranne quelle cattoliche): un fronte ormai collaudato che da tempo chiede le dimissioni di un ministro che non ha mai fatto mistero delle sue nostalgie franchiste e che vuole riportare il sistema scolastico iberico indietro di cinquant’anni, sia in termini di selezione di classe, sia in termini di programmi, sia in termini di democrazia interna.
Oltre che il ritiro della cosiddetta riforma e le dimissioni di Wert, gli scioperanti hanno di nuovo chiesto l’aumento delle borse di studio, il taglio delle tasse universitarie recentemente raddoppiate dall’esecutivo, il ritiro dei licenziamenti ordinati tra docenti e amministrativi, lo stop all’imposizione del castigliano nelle comunità che dopo anni di lotta hanno conquistato il diritto di utilizzare preminentemente altre lingue come il basco, il catalano o il galiziano. Scontento provoca anche l’imposizione dell’ora di religione come materia a pieno titolo.
La più grande marcia è quella che ha sfilato in mattinata a Madrid da Plaza de Neptuno al grido di ‘Operai e studenti, uniti e avanti’, denunciando per l’ennesima volta una ‘riforma’, appoggiata in parlamento solo dalla destra del Partido Popular, che viene considerata da vasti settori sociali come un ‘ritorno alle caverne’. Circa 250 mila le persone che hanno dato vita alla ‘marea verde’ che ha sfilato fino al ministero dell’Istruzione.
Anche in Catalogna la mobilitazione è stata imponente. A Barcellona sono scese in piazza 170 mila persone tra studenti, lavoratori e famiglie, che hanno dato vita ad un lungo serpentone da Plaça Universitat fino al Pla de Palau. Decine di migliaia di persone sono scese in piazza in numerose altre città del paese senza particolari incidenti. Solo a Valencia un gruppo di giovani incappucciati ha fatto irruzione all’interno di un’aula del Politecnico dove si svolgeva un esame e a Saragozza il rettore dell’Università ha chiesto l’intervento della Polizia contro un picchetto di studenti che impediva l’ingresso all’interno dell’edificio. Anche in questo caso due giovani sono stati arrestati e i reparti antisommossa hanno caricato un corteo che si dirigeva al commissariato dove erano stati portati i giovani fermati.

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