Mentre scriviamo la cronaca registra in Ucraina una nuova impennata della tensione. Da una parte consistenti gruppi di manifestanti stanno bloccando o occupando edifici governativi e delle amministrazioni locali, ed hanno eretto barricate in tutto il quartiere della capitale dove si concentrano le istituzioni. Dall’altra parte migliaia di effettivi dei corpi speciali della polizia in assetto antisommossa si preparano a intervenire contro i settori più duri ed eversivi della protesta allo scadere dell’ultimaturm emesso dal governo nei confronti dei manifestanti affinché cessino l’occupazione del centro della città.
Un muro contro muro che avvantaggia i settori più intransigenti delle opposizioni ucraine, quelli che hanno legato i propri destini alla rappresentanza di interessi stranieri. Un coacervo di partiti, gruppi, movimenti di vario tipo e di varia tendenza ideologica. Dai fascisti di Svoboda ai nazionalisti più o meno liberali (e liberisti) di Patria e Alleanza Democratica ad altri ancora. Diversi e spesso tra loro litigiosi e in competizione ma accomunati dal tentativo di approfittare del no del presidente Yanukovich al trattato di associazione con l’Unione Europea per tentare la spallata ad un governo che la mozione di sfiducia parlamentare e i moti anche violenti dei primi giorni non sono riusciti a disarcionare. L’esecutivo e in particolare il presidente Yanukovich hanno tentato di far sbollire la crisi affermando che il no all’Ue non è definitivo, e che la questione potrebbe essere ridiscussa se Bruxelles accetterà di rinunciare ad alcune condizioni capestro che manderebbero all’aria l’intera economia del paese in nome del libero scambio con l’Eurozona (un regalo alla Germania e anche agli appetiti della borghesia polacca).
Un tentativo dettato più dalla temerarietà del presidente e dalla sua volontà di tenere il piede in due staffe – senza quindi rinunciare al rapporto privilegiato con Mosca e la sua Unione Doganale – più che dalla lungimiranza. Ma che comunque è servito a ben poco: anche se alcuni settori più ‘liberali’ e moderati dello schieramento d’opposizione hanno fatto intendere di essere disponibili alla trattativa col Partito delle Regioni al governo, le ali più intransigenti hanno spinto di nuovo il piede sull’acceleratore del muro contro muro, chiamando le folle in piazza dell’Indipendenza e cercando lo scontro, in modo da poter giustificare un intervento di Ue e Nato che non si è fatto attendere.
Quella in corso in Ucraina è forse la prima crisi provocata dall’intervento diretto – finora politico – dell’imperialismo europeo ai suoi confini orientali. In gioco c’è la possibilità di allargamento ad est dell’Unione Europea che in crisi di tenuta e di consenso al suo interno ha estremo bisogno di inglobare le repubbliche ex sovietiche per rivalutare la sua immagine e dare di nuovo sloancio al progetto di un superstato che possa abbracciare tutto il continente. La ‘rivoluzione colorata’ del 2004, sponsorizzata soprattutto dalla Nato e da alcune lobby trasversali ai vari schieramenti occidentali, è durata ben poco, rivelando l’impossibilità di controllare tutta l’Ucraina e di strapparla all’area di influenza russa. E quindi oggi i manovratori della rivolta di Kiev sembrano essere disponibili a spaccare il paese in due e a creare condizioni di scontro che, date le caratteristiche politiche, culturali e storiche dell’ex repubblica sovietica, potrebbero sfociare in una guerra fratricida dalle conseguenze disastrose e durature. Richiamare quanto è accaduto negli anni ‘90 in Jugoslavia (allora il soggetto della destabilizzazione e della provocazione erano la Germania e i suoi satelliti, l’Ue era ancora un nucleo debole) e da tre anni a questa parte in Siria non ci sembra affatto una forzatura. Un pericolo, quello della balcanizzazione e dell’esplosione del paese che viene esplicitamente denunciato in un duro comunicato di Petro Simonenko, leader del locale Partito Comunista, i cui militanti e dirigenti in queste ore sono asserragliati all’interno della sede nazionale di Kiev assediata da centinaia di esponenti dell’estrema destra, molti dei quali armati. “Il Partito Comunista di Ucraina chiede ai dirigenti dell’Unione Europea di reagire immediatamente alle dichiarazioni provocatrici del co-presidente della sua missione nel paese, Aleksandr Kwasniewski che, nella sua intervista sul giornale polacco Rzeczpospolita, ha apertamente invitato l’opposizione a usare la forza per impadronirsi del potere in Ucraina” scrive Simonenko. “Il Partito Comunista esige anche di sapere dalla cancelliera Angela Merkel con quale diritto e a nome di chi il ministro degli Affari esteri tedesco Guido Westerwelle si sia recato in Piazza dell’Indipendenza per incontrare i rappresentanti della ‘opposizione’. Si cerca di negare al popolo ucraino il diritto di disporre del proprio destino. Si cerca di negare il suo diritto a prendere decisioni in base ai propri interessi, e non a quelli del capitale internazionale. Oggi, la pseudo-opposizione, come nel 2004, rappresenta la quinta colonna che sacrifica l’interesse nazionale sull’altare delle multinazionali. Sono praticamente gli stessi attori, le stesse promesse, gli stessi metodi. Ecco perché il Partito Comunista invita tutti i cittadini, il popolo dell’Ucraina a cercare la risoluzione della crisi politica attuale con i soli strumenti legali. In caso contrario, noi ci dirigeremo verso una “balcanizzazione” del paese, verso la distruzione dell’Ucraina come Stato”.
Che i partiti e i movimenti dell’opposizione ucraina – che si definiscono nazionalisti e che quindi dovrebbero avere come obiettivo irremovibile la prosperità e l’unità della patria – si stiano piegando in maniera così spregiudicata agli interessi dei poteri forti europei la dice lunga sul carattere aggressivo e destabilizzante che contraddistingue l’attuale fase dell’integrazione dei paesi dell’UE in un solo blocco in competizione con quelli concorrenti. Come abbiamo avuto modo di spiegare nei giorni scorsi in vari articoli, i principali partiti dell’opposizione all’esecutivo di Kiev si contraddistinguono per un’identità politica di destra, liberale e nazionalista, se non di estrema destra. E non parliamo solo dei gruppi apertamente fascisti che si richiamano alle milizie che durante la seconda guerra mondiale collaborarono attivamente con gli occupanti nazisti. Non è solo agli squadristi di Svoboda – che comunque sono sempre di più e si rafforzano grazie ai finanziamenti di circuiti internazionali che andrebbero indagati – che ci riferiamo. Sotto le bandiere nazionali sventolate insieme a quelle della UE – e a bandiere inglesi e statunitensi – dalla folla che si assiepa da settimane nel centro di Kiev si celano spesso movimenti aggressivamente ultranazionalisti e fascistoidi che celano con sempre maggiore difficoltà la propria identità politica. Parliamo ad esempio dell’astro nascente dell’opposizione ucraina, il pugile Vitali Klitschko, a Oleg Tiagnibok e a Arseni Yatseniuk.
Basterebbe la foto che pubblichiamo qui sopra di Kateryna Chumachenko, moglie dell’ex presidente e leader della rivoluzione arancione Viktor Yushchenko, mentre fa il saluto romano a far pulizia di tante versioni di comodo diffuse in questi giorni dai media sulla “eurorivoluzione” ucraina. La foto, dirà qualcuno, è vecchia: risale al 1989, quando la giovane signora nata negli Stati Uniti veniva tenuta d’occhio dall’Fbi per le sue frequentazioni estremiste. Ma si sa che certe ‘passioni giovanili’ non tramontano facilmente.
Non è il caso quindi di farsi imbonire dalla propaganda dei governi europei che descrivono quello in corso in Ucraina come uno scontro tra “le aspirazioni di libertà e democrazia del popolo ucraino” e il trinariciuto regime filorusso di Kiev. Abbiamo imparato in questi anni che la realtà è spesso assai più complessa di come appare, e che non sempre le indistinte folle in piazza rappresentano valori genuini con i quali parteggiare. Il mondo non si divide sempre e solo secondo lo schema semplicistico “popoli contro regimi”. E’ innegabile che Mosca aspiri a tenere l’ex repubblica sovietica all’interno del proprio spazio economico e politico. Ma è altrettanto evidente che le oligarchie dell’Ue – e di alcuni paesi in particolare – in nome dell’allargamento ad est della propria influenza sono più che disponibili a porre fine all’Ucraina come stato indipendente dopo aver sfasciato altri paesi, utilizzando strumentalmente un diritto all’autodeterminazione la cui applicazione del resto negano scientificamente ai popoli oppressi all’interno del recinto europeo.
Intanto a Kiev milizie paramilitari a volte armate oltre che addestrate allo scontro violento si sostituiscono sempre più ai pacifici manifestanti. E presto le ingenue corrispondenti della Rai potrebbero scoprire di aver raccontato una realtà parallela.
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