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Repubblica Centrafricana: arrivano i soldati dell’Ue

Alla fine l’ha spuntata la Francia, che da tempo chiede ai partner europei di prendersi le ‘proprie responsabilità’ e contribuire allo sforzo bellico in nel Mediterraneo e soprattutto in Africa, sostiene Hollande, che è stato portato avanti finora esclusivamente dalle truppe di Parigi ma ‘che è nell’interesse di tutta l’Unione Europea’. 
A Dicembre, durante il vertice europeo dedicato proprio al tema del rafforzamento della difesa comune, era andato in scena un vero e proprio scontro tra Parigi, che spinge da tempo per la creazione di un esercito europeo pronto ad intervenire celermente in ogni quadrante del globo e supportato da un degno complesso militare-industriale, e Londra, che invece rema contro in nome dei suoi interessi militari, economici e geopolitici (vedi https://www.contropiano.org/articoli/item/21047). La necessità di dotare il nascente polo imperialista europeo anche di un braccio militare deve aver evidentemente prevalso.

L’annuncio è arrivato in queste ore: entro febbraio ad affiancare le truppe di Parigi nello sforzo di ‘ristabilire la pace e l’ordine’ nella Repubblica Centrafricana arriveranno a Bangui anche 600 militari dell’Unione Europea. I Rappresentati permanenti degli Stati membri in seno al Comitato politico e di sicurezza hanno approvato all’unanimità la proposta nel corso della riunione del 10 gennaio scorso, anche se la decisione finale sarà presa dai ministri degli Esteri dei Paesi membri dell’Ue il 20 gennaio prossimo. I dettagli sulla composizione, la dimensione e il mandato della missione militare saranno elaborati nelle prossime settimane.
Un diplomatico Ue ha comunque affermato che gli Ambasciatori hanno espresso “sostegno schiacciante” per la necessità di intervenire nel “terribile” conflitto settario e “dimostrare solidarietà” alla Francia che ha già schierato ben 1600 uomini nella sua ex colonia scossa dalla guerra civile, nel quadro dell’operazione ‘Sangaris’ sotto mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che prevede anche la presenza a Bangui di un contingente composto da forze di altri paesi africani.

Il paese è scosso da alcuni mesi dai sanguinosi scontri tra le “milizie popolari di autodifesa” che hanno preso il nome di “anti-balaka” (anti-machete, in lingua sango) e gli ex ribelli Seleka, scontri che hanno provocato centinaia di morti e obbligato centinaia di migliaia di persone a fuggire dalle loro case. Dopo il colpo di Stato delle milizie islamiste di “Seleka” la Francia ha deciso di intervenire militarmente, ottenendo l’assenso delle Nazioni Unite così come era già avvenuto in Mali e in Costa D’Avorio.
Nelle ultime ore l’ex leader della rivolta dei “Seleka”, Michel Djotodia, esiliato dalla Repubblica Centrafricana dopo esser stato nominato per alcuni mesi presidente di transizione dai golpisti islamisti, è arrivato a Cotonou, in Benin. L’ex capo ribelle, al potere grazie al colpo di stato del marzo 2013, è stato costretto a rassegnare le dimissioni venerdì scorso durante un vertice straordinario della Comunità economica dei paesi dell’Africa centrale (Ceeac) tenuto a N’Djamena. Djotodia aveva in passato già vissuto in esilio in Benin – era il 2006 – nel tentativo di sfuggire a un mandato di cattura spiccato dall’allora presidente François Bozizé che lo accusava di “cospirazione” assieme alle sue milizie rifugiate in Sudan. Djotodia era rimasto nelle carceri del Benin per 18 mesi per poi essere liberato nel febbraio 2008 grazie ad un’amnistia. Assieme a Djotodia ha dovuto rassegnare le dimissioni anche il suo primo ministro di transizione Nicolas Tiangaye.

Le dimissioni di Djotodia sono state accolte a Bangui da manifestazioni di gioia dei semplici cittadini ma anche da scene di ‘fratellanza’ tra i due principali gruppi rivali, i Seleka e gli Anti-Balaka. Ma al di là della speranza suscitata nella popolazione dagli ultimi eventi, nella capitale la situazione rimane incerta ed instabile. Nel fine settimana sono continuati saccheggi, attacchi e violenze che hanno causato almeno 57 feriti.

Dopo l’uscita di scena dei due dirigenti golpisti, ad assumere l’interim del potere è il presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt, parlamento provvisorio), Alexandre Ferdinand Nguendet. I paesi dell’Africa centrale, che avevano trasferito a N’Djamena i 135 deputati del Cnt per votare la doppia destituzione e scegliere i nomi dei successori, hanno poi dato il via libera a un loro rientro nella capitale centrafricana. In base all’impegno preso a N’Djamena e già formalizzato dalla Corte costituzionale di Bangui, entro 15 giorni Nguendet deve organizzare l’elezione del futuro presidente di transizione. Oggi in parlamento hanno inizio le consultazioni con rappresentanti dei partiti politici e della società civile per stilare una lista di possibili candidati alla successione di Djotodia. 

Come primo atto ufficiale da presidente ad interim ieri Nguendet ha visitato l’immenso campo sfollati di Mpoko, all’aeroporto di Bangui. In un discorso in lingua sango ha esortato i 100.000 sfollati a “tornare a casa”, impegnandosi a garantire la loro sicurezza. Dopo un incontro con i massimi responsabili delle forze di sicurezza, il presidente ad interim ha annunciato l’avvio di un processo di disarmo “inclusivo” che riguarderà gli ex-membri delle forze armate (Faca), gli ex-ribelli della Seleka e i miliziani Anti-Balaka.

Nel frattempo però sono sempre più nette e diffuse le critiche della popolazione locale contro la presenza militare francese a Bangui. L’agenzia Misna riportava nei giorni scorsi che nel quartiere Pk5, nei pressi dell’aeroporto, dov’è stabilita la base delle truppe di Parigi e di quelle panafricana, sono sorte iscrizioni sui muri per dire “no alla Francia” e agli “assassini di Sangaris”. Il dispiegamento di battaglioni di militari francesi in alcuni quartieri della capitale è stato bloccato da manifestanti che hanno eretto barricate. Osservatori e stampa locale hanno riferito di un sentimento misto di “rabbia” e “delusione” tra la gente per “la lentezza dell’intervento”, per i “pochi risultati ottenuti finora” mentre nelle zone a maggioranza musulmana viene denunciato il “sostegno aperto dei francesi agli Anti Balaka (cristiani)”. Come conseguenza della crescente ostilità dei locali nei confronti dei soldati dell’ex potenza coloniale, le pattuglie miste Sangaris-Misca sono diventate più frequenti per le strade di Bangui. 

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