Più la classe politica e imprenditoriale israeliana risponde in maniera isterica alle critiche attive da parte di organizzazioni sociali, sindacali e popolari di tutto il mondo, più il boicottaggio internazionale nei confronti dell’economia di guerra e coloniale israeliana sembra rafforzarsi.
L’ultima buona notizia in questo senso arriva dalla Repubblica d’Irlanda, dove più di 120 accademici hanno firmato un documento in cui si impegnano a boicottare le istituzioni israeliane finché Tel Aviv non rispetterà i diritti fondamentali del popolo palestinese. A darne notizia è stata venerdì scorso l’agenzia palestinese Pnn citando il testo redatto dagli intellettuali.
I firmatari informano che nei prossimi giorni altri professori si uniranno a loro nella firma del documento che aderisce alla sempre più consistente campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) che tante preoccupazioni sta suscitando all’interno del cosiddetto ‘stato ebraico’, che oggi comincia a rendersi conto che la possibilità di un isolamento economico, scientifico e accademico internazionale stia diventando una prospettiva concreta.
Haim Bresheeth, un cineasta che fa parte dei promotori dell’iniziativa, ha segnalato che lo status quo attuale della Palestina è assai simile a quello sofferto dal popolo sudafricano ai tempi del regime razzista bianco, e che la condizione di apartheid in cui sono costretti a vivere milioni di palestinesi è stato ampiamente riconosciuto da numerose istituzioni internazionali.
“Gli Stati Uniti, l’Unione Europea e altri stati hanno protetto il regime di Israele e hanno finanziato l’occupazione fin dal 1967, per tanto è impossibile che il conflitto possa essere risolto per mezzo dell’azione delle Nazioni Unite o dei canali diplomatici” ha denunciato Bresheeth.
L’annuncio degli accademici irlandesi segue di poche settimane la decisione da parte di 5000 loro colleghi statunitensi aderenti all’Associazione degli Studi Americani (Asa) di appoggiare il movimento che chiede il boicottaggio delle università e dei centri di ricerca israeliani come arma di pressione nei confronti del regime di Tel Aviv. Un movimento che sembra crescere a passi da gigante dopo l’attiva adesione del cantanto Roger Waters, del regista britannico Ken Loach e dell’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu.
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