Mentre scriviamo il numero dei morti estratti finora dalle gallerie della miniera di lignite di Soma è arrivato a quota 282. Ma il bilancio è destinato a salire, e di molto, man mano che i soccorritori continuano a scavare nei cunicoli invasi dal micidiale fumo causato da un incendio scoppiato per un corto circuito che ha trasformato la miniera in una trappola per le centinaia di operai che martedì sera erano al lavoro in quello che il governo turco, solo poche settimane fa, aveva definito un ‘gioiello’ dell’industria mineraria, rifiutando di avviare una seria inchiesta sulle condizioni in cui erano costretti a lavorare centinaia di uomini, compresi alcuni ragazzi appena adolescenti.
Non si sa neanche quante siano le potenziali vittime, visto che ufficialmente al momento del boato i lavoratori all’opera nelle gallerie erano 598, numero che però, secondo altre stime più realistiche che tengono conto degli irregolari non registrati, potrebbe salire a quasi 800 persone.
Dopo le proteste e gli scontri di ieri, i sindacati di classe Kesk e Disk hanno indetto per oggi una giornata di sciopero generale per permettere ai lavoratori di tutti i settori di partecipare alle numerose manifestazioni indette in tutto il paese in quello che si prefigura già come un ‘giorno della rabbia’ contro il premier Erdogan e il partito di governo Akp, la formazione liberal-islamista responsabile della privatizzazione delle miniere e della deregulation che ha dato il via ad una forsennata opera di subappalto delle attività estrattive e di aumento dei ritmi di lavoro destinata ad aumentare la produttività e ad abbassare il costo del lavoro, ma cancellando di fatto ogni margine di sicurezza per i minatori. Allo sciopero generale di oggi hanno dato la loro adesione anche l’Unione delle camere degli ingegneri turchi e degli architetti e l’Associazione medica turca.
“Quelli che nell’ambito della politica delle privatizzazioni mettono in pericolo la vita dei lavoratori in nome della riduzione dei costi sono colpevoli del massacro di Soma e ne devono rispondere” recita ancora il comunicato dei sindacati, secondo i quali il trattamento di favore riservato dall’esecutivo ai gestori della miniera di Soma si giustifica con la vicinanza degli imprenditori al partito di governo. Secondo i residenti, che ieri hanno contestato il premier arrivato a Soma prendendo a calci e a pugni la sua automobile e costringendolo a rifiugiarsi in un minimarket mentre la folla gridava ‘dimissioni’ e ‘assassino’, la moglie del principale imprenditore del settore minerario di Soma lavora per il partito liberal-islamista. Poco dopo la tragedia, dicono fonti locali, il padrone dell’azienda e la moglie sarebbero entrambi fuggiti dalla città per evitare la rabbia della popolazione.
Rabbia scatenata anche dalle incredibili dichiarazioni del ‘sultano’ che durante la conferenza stampa di ieri sul luogo della strage ha avuto il coraggio di affermare che “nella letteratura c’è una cosa chiamata incidente sul lavoro e succede anche in altri posti”, paragonando il crollo delle gallerie di Soma ad altre tragedie minerarie, dicendo che “204 persone sono morte in Gran Bretagna nel 1862 e 361 persone nel 1864”.
Una sbrigativa e offensiva autoassoluzione per sè e per il partito di governo che ha rinfocolato una protesta popolare partita già in mattinata ad Ankara e subito repressa dalla polizia che ha attaccato con gas e idranti gli studenti dell’università Odtu che sfilavano in corteo diretti alla sede del ministero per l’Energia.
La miniera continua a bruciare, rendendo molto difficile il recupero degli altri cadaveri e di sempre più improbabili sopravvissuti. Alle critiche sulla mancata sicurezza dell’impianto e sulle condizioni di vera e propria schiavitù alla quale erano obbligati i lavoratori, si sommano le denunce sulla cattiva gestione dei soccorsi vista la mancanza, per molte ore, di un bilancio delle vittime realistico e del fatto che l’ospedale di Soma non fosse attrezzato per trattate le ustioni.
E così le proteste si sono rafforzate e proprio a Soma alcune centinaia di persone questa mattina hanno assaltato la sede del Partito della Giustizia e dello Sviluppo. Partito contro il quale ieri sera migliaia di persone sono scese in piazza nel centro di Istanbul, resistendo all’aggressione dei reparti antisommossa e ingaggiando con gli agenti, che hanno fatto ampio uso di idranti, lacrimogeni e pallottole di gomma, una battaglia durata per ore. Numerosi i manifestanti feriti, alcuni dei quali gravemente, e quelli arrestati nel corso degli scontri su via Istiklal e nei quartieri adiacenti. Gli attivisti anti-Erdogan hanno anche lanciato un appello ai cittadini chiedendo loro di sdraiarsi per terra nelle stazioni della metropolitana e per le strade per ricordare le vittime bloccate sotto terra. Ieri sera scontri tra manifestanti e polizia si sono verificati di nuovo anche nella capitale del paese Ankara, nella zona di Kizilay.
Intanto sulla rete, nonostante la ferrea censura imposta dal regime turco, hanno cominciato a girare le immagini che mostrano le guardie del corpo di Erdogan picchiare selvaggiamente ieri a Soma alcuni dei parenti delle vittime che contestavano il premier. Particolare scalpore ha destato l’istantanea di un consigliere di Erdogan (nella foto qui accanto, in giacca e cravatta) immortalato mentre prende a calci un abitante inferocito tra l’altro già bloccato a terra dai poliziotti.
Oggi nuovi scontri stanno contraddistinguendo la giornata di protesta e sciopero generale. Anche a Smirne infatti la polizia in assetto antisommossa ha usato i lacrimogeni e gli idranti nel tentativo di disperdere circa 30.000 persone scese in strada per denunciare la negligenza e quindi le responsabilità del governo nella tragedia della miniera che si trova a circa 120 chilometri dalla terza città del paese. Durante le cariche è stato ferito anche Kani Beko, il presidente del sindacato di sinistra DISK, ricoverato poi in ospedale. A Istanbul un corteo di lavoratori e studenti ha sfilato nel quartiere Gayrettepe, ma la polizia non gli ha consentito di raggiungere la sede provinciale dell’Istituto per la sicurezza sociale.
Ora il governo, nel tentativo di far leva sull’orgoglio nazionale per sviare il malcontento popolare, ha rifiutato i soccorsi offerti da numerosi paesi europei e non.
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