Elettori svizzeri alle urne oggi per un referendum sull’aumento del salario minimo fino a 22 franchi, cioè l’equivalente di 18 euro (il salario medio nel paese è pari a 33 franchi, circa 27 euro). Se dalle urne uscirà vincente il si, la Svizzera potrebbe convertirsi nel paese con il più elevato salario minimo del mondo, più del doppio rispetto agli 8,5 euro della Germania e anche di più rispetto ai 7,5 euro degli Stati Uniti.
Attualmente un lavoratore che guadagna il salario minimo in Svizzera guadagna comunque il doppio rispetto a un omologo britannico, anche se deve fare i conti con un costo della vita altissimo. Infatti, secondo le statistiche fornite dallo stesso governo elvetico, almeno un lavoratore regolare e a tempo pieno su dieci fa fatica a pagare semplicemente anche solo l’affitto. E’ l’enorme costo della vita ad aver spinto alcune organizzazioni di sinistra, di centrosinistra (compresi socialisti e verdi) e anche forze sindacali e sociali legate a diverse confessioni religiose, a proporre il quesito che mira ad elevare la quota salariale minima prevista.
“E’ uno scandalo che nel nostro paese la gente che pure lavora a tempo pieno non riesca a vivere del proprio salario” spiega l’economista dei sindacati SGB/USS, Daniel Lampart, uno dei promotori dell’iniziativa. Secondo il sindacato Unia solo il 40% delle professioni elvetiche è coperto da contratto collettivo. E proprio con il salario minimo si vorrebbe sanare questa grave lacuna.
Secondo le statistiche ufficiali, delle circa 340 mila persone che guadagnano un salario inferiore a quello minimo, due terzi sono donne e per la maggior parte lavorano nel settore turistico, nel commercio e nei servizi alla persona.
Ma alcune delle imprese più importanti che operano nel paese sono contrarie al quesito e affermano che l’aumento dei salari potrebbe danneggiare la competitività del mercato svizzero. Come loro la pensano anche la Confindustria locale e naturalmente i partiti di centrodestra e destra. “L’iniziativa potrebbe essere un boomerang per la Svizzera” dice il rappresentante della Confindustria locale Marcel Schweizer. “Molte imprese si vedrebbero obbligate a tagliare gli organici visto l’aumento del costo del lavoro. E il peggio sarebbe per i lavoratori meno qualificati”.
Ancora più allarmati i piccoli imprenditori secondo i quali l’aumento del salario minimo porterebbe ad un aumento dei contratti a tempo determinato e della disoccupazione, che ad aprile era solo al 3,2%.
La Associazione degli Imprenditori Svizzeri ne fa una questione ideologica, affermando che un salario minimo così alto sarebbe incompatibile con l’economia liberale. Ma a ben guardare per gli imprenditori è l’esistenza stessa di un salario minimo fissato per legge a negare la “libera contrattazione del salario tra impresa e lavoratori”. Secondo le raccomandazioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro il salario minimo dovrebbe essere compreso tra il 30 e il 60% del salario medio di ogni paese. Se il referendum di oggi la spuntasse (ma i sondaggi della vigilia danno i ‘no’ in netto vantaggio) il salario minimo in Svizzera raggiungerebbe il 60% del salario medio, contro il 40% degli Stati Uniti e il 50% dell’Inghilterra. Alla fine un lavoratore guadagnerebbe al mese 4000 franchi, circa 3200 euro, ma lordi. Da quella cifra va tolto un 15% di tasse e contributi vari e la Cassa malattia, che non è trattenuta in busta paga.
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