Oggi si vota – o si dovrebbe votare – in Ucraina per le elezioni farsa convocate dalla giunta nazionalista allo scopo di legittimare il proprio potere conquistato a febbraio attraverso un colpo di stato che ha scatenato una guerra civile diventata negli ultimi giorni sempre più cruenta.
A Kiev Andriy Parubiy, segretario del Consiglio di sicurezza e di difesa nazionale (e fondatore del partito di estrema destra Svoboda) aveva spiegato giorni fa che per il giorno del voto l’obiettivo del governo era creare una «zona di contenimento» separando le regioni «in cui ci sono terroristi e assassini da quelle completamente controllate da noi», per impedire sabotaggi e boicottaggi.
Il mediatore dell’OSCE per l’Ucraina, il diplomatico tedesco Wolfgang Ischinger, ha detto di attendersi uno svolgimento “più o meno normale” delle elezioni presidenziali di oggi. Nel tentativo di fornire una legittimazione internazionale alla tornata elettorale, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa aveva sparpagliato nel paese la più ampia missione di monitoraggio mai organizzata nella sua storia. Più di mille i suoi osservatori, 2.000 in tutto gli osservatori stranieri. Ritirati all’ultimo momento quasi al completo – assicura la Reuters – per ordine della stessa Osce preoccupata per la loro sicurezza e incolumità.
E, come hanno dovuto ammettere le stesse autorità centrali di Kiev, almeno 18 delle 34 commissioni elettorali distrettuali delle due regioni orientali non funzionano oggi perché boicottate, bloccate o occupate dalle milizie popolari e dai dimostranti antigolpisti che di fatto oggi stanno impedendo che le elezioni presidenziali si tengano nelle regioni di Donetsk e Lugansk, ma anche in altre zone del sud-est del paese dove i seggi sono stati presi di mira, le urne distrutte, i seggi costretti a chiudere.
A Donetsk le autorità dell’autoproclamata Repubblica popolare hanno annunciato che «nessun seggio» aprirà i battenti e che il materiale elettorale «è stato sequestrato». In città, racconta l’inviato dell’Ansa, “i manifesti elettorali sono praticamente assenti, qualche volantino lo si trova solo nelle strade laterali, vicino ai parchi pubblici, dove in tanti cercano riparo da un caldo torrido che attanaglia il polo industriale del Paese. La caccia ai seggi, dove dovrebbero fervere i preparativi per domani, è infruttuosa: in centro quelli che compaiono sull’elenco ufficiale del governo di Kiev sono lo spettro di quello che dovrebbero essere. Porte chiuse, sbarrate, su alcune scuole un cartello recita «si riapre il 26 maggio»”. Racconta ancora il reportage dell’Ansa: “Un nugolo di poliziotti, i pochi intravisti in queste ore, osservano da lontano, e con discrezione. Portano le insegne di Kiev, ma stanno accanto ai miliziani filorussi”.
Alla vigilia del voto le milizie popolari hanno intensificato gli attacchi all’esercito ucraino e ai funzionari di Kiev: tra giovedì e venerdì si sono contate una trentina di vittime nelle battaglie esplose intorno a Donetsk, mentre sabato i ribelli sono riusciti a strappare altri edifici – e altri seggi elettorali – al controllo delle autorità nazionaliste.
Ieri violenti combattimenti si sono verificati a Slaviansk tra le forze di autodifesa e i paracadutisti ucraini affiancati dai neonazisti inquadrati nella Guardia Nazionale. Secondo l’agenzia Itar-Tass gli scontri «sono proseguiti tutto il giorno, con i colpi di mortaio e di mitragliatrice udibili in tutta la città». Particolarmente violenti, prosegue, gli scontri nel villaggio di Semyonovka, alla periferia della città dove sarebbero morti due militari di Kiev.
Sempre ieri una vera e propria battaglia sarebbe infuriata a Karlivka, vicino Donetsk, tra i paramilitari nazisti di Settore Destro e le milizie di autodifesa popolare del Donbass. I morti sarebbero stati almeno cinque e i feriti “moltissimi”. A confermare la notizia è stato il leader di Pravyi Sektor, Dmitro Iarosh, mentre secondo l’Afp quattro miliziani sarebbero morti così come un ‘volontario’ (un paramilitare) che combatteva a fianco dell’esercito ucraino nell’est. Secondo notizie ancora confuse a Torez un comandante delle forze di autodifesa sarebbe stato ucciso nel corso di un blitz armato delle forze fedeli alla Giunta.
Proprio ieri le due Repubbliche Popolari hanno annunciato la loro unione nella nuova Repubblica di ‘Nuova Russia’. I rappresentanti delle due entità, che l’11 maggio scorso hanno celebrato un referendum per l’indipendenza stravinto dai sostenitori del distacco da Kiev, hanno firmato ieri un accordo nella città di Donetsk durante una cerimonia blindata, visto che alla periferia si combatteva. Se il distacco del sud est dell’Ucraina dovesse diventare irreversibile ciò significherebbe la nascita di una nuova entità nazionale con circa 6,5 milioni di abitanti.
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