Sembrano sovrapporsi gli interessi dell’Unione Europea e quelli di Washington, ma non sempre è così. Anzi, è sempre meno così. Se è vero che per destabilizzare il governo Yanukovich e mettere le mani sull’Ucraina i due blocchi hanno proceduto come ‘un sol uomo’, una volta tolto di mezzo colui che remava contro l’adesione del paese alla Nato e allo spazio europeo le strategie di Bruxelles e dell’Amministrazione Obama si sono diversificate. Se Merkel e soci puntano a mantenere basso lo scontro con il prezioso partner eurasiatico – tanto ormai il golpe a Kiev è fatto – Washington continua a spingere per approfittare della nuova ‘guerra fredda’ con Mosca e aumentare il suo grado di condizionamento militare ed energetico, e quindi politico, nei confronti di un’Unione Europea che ha smanie di indipendenza e di competizione ma che conosce le sue debolezze e sa che con il gigante d’oltreoceano deve scendere a patti. Anche perché alcuni dei paesi dell’Unione, soprattutto quelli orientali, continuano a identificare i propri interessi con quelli statunitensi, e la rinnovata presenza militare Nato e a stelle e strisce dai paesi baltici alla Polonia, dalla Bulgaria alla Romania non ha fatto altro che riavvicinare gli ex paesi socialisti e Washington.
Eclatante, per comprendere lo stato dei rapporti tra i due blocchi, la vicenda che riguarda la nomina della pupilla di Renzi alla carica di responsabile della diplomazia europea che si incrocia con le polemiche sulle sanzioni occidentali contro Mosca.
Ieri gli Stati Uniti sono tornati a pressare l’Unione europea affinché decidano sanzioni più dure contro la Russia a proposito dell’evoluzione della crisi scatenata in Ucraina dal golpe di febbraio. In un incontro avvenuto alla Casa bianca, i funzionari dell’amministrazione Obama hanno chiesto agli ambasciatori europei di adottare misure più severe per fermare quella che Washington definisce “la politica di destabilizzazione” del presidente russo Vladimir Putin in Ucraina.
Secondo le fonti, l’amministrazione di Barack Obama ha fatto presente di essere pronta ad agire in modo unilaterale se i leader europei, riuniti oggi a Bruxelles, si rifiuteranno di imporre sanzioni che potrebbero danneggiare le loro economie. Washington sarebbe invece pronta ad annunciare nuove misure già questa settimana anche se il presidente Barack Obama preferirebbe avere il sostegno di Bruxelles; per questo, durante l’incontro, i funzionari Usa avrebbero presentato ai diplomatici Ue documenti che dimostrerebbero il fatto che Mosca sta rifornendo gli insorti dell’est ucraina di armi pesanti e attrezzature belliche.
Alcune fonti Usa hanno comunque espresso molti dubbi sul fatto che i leader europei possano raggiungere oggi un accordo sulle sanzioni, sottolineando i dubbi avanzati a riguardo da diversi stati europei, tra cui Italia, Austria, Slovacchia, Francia e Grecia.
A causa di questa diversità di vedute, il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini viene accusata di essere troppo “morbida” nei confronti della Russia per ricoprire la carica di capo della diplomazia europea. E’ quanto scrive oggi il Wall Street Journal in un editoriale, riferendo e pompando l’opposizione fin qui espressa dai paesi dell’Est Europa.
“Sarebbe facile liquidare queste preoccupazioni come paranoia Baltica, se non fosse per il fatto che Mogherini ha visitato la Russia non appena l’Italia ha assunto la presidenza dell’Ue, all’inizio del mese – ha scritto il Wsj – nè ha aiutato il fatto che la sua visita abbia indotto l’agenzia di stampa russa Itar-Tass a scrivere un commento ottimista”. Non hanno aiutato neanche le dichiarazioni rilasciate da Mogherini sul progetto di gasdotto South-Stream, che dovrebbe aggirare l’Ucraina, privando il nuovo regime di Kiev dei profitti da transito: il ministro ha sottolineato come il progetto “sia molto importante per la sicurezza energetica del nostro paese, così come dell’intera Europa”, per cui, ha scritto ieri il quotidiano Usa, “gli ucraini, e i baltici, ritengono che Roma stia usando la presidenza Ue per favorire i propri interessi piuttosto che gli obblighi di sicurezza collettiva”.
“Ci sono molti motivi per accogliere con favore la premiership di Renzi a Roma – ha concluso il Wsj – ma la prospettiva di avere Mogherini alla guida della politica estera italiana non è uno di questi”.
La miccia è accesa. Ora si tratterà di capire come si schieranno i tedeschi, che da una parte non hanno esitato a intervenire a gamba tesa nella situazione ucraina per togliere di mezzo gli ostacoli all’adesione di Kiev al trattato di associazione con l’Ue e a sostenere il golpe nazionalista, ma dall’altra non vogliono fare troppi favori a Washington e rovinare rapporti economici, commerciali e diplomatici con Mosca più che consolidati. E il fatto che ogni giorno da qualche mese a questa parte stia emergendo che i servizi segreti statunitensi spiano i dirigenti politici, gli imprenditori e gli scienziati tedeschi potrebbe essere decisivo nella scelta di Angela Merkel.
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