I media di tutto il mondo informano in queste ore sui diversi attacchi aerei realizzati nelle ultime 48 ore dall’aviazione militare statunitense e dai droni di Washington contro alcune postazioni dello ‘Stato Islamico’ – ex Isis o Isil – per evitare che dilaghino più di quanto non abbiano già fatto nel nord dell’Iraq dove centinaia di migliaia di curdi, cristiani, yazidi e turcomanni sono stati costretti a fuggire per evitare di essere uccisi, rapiti o perseguitati.
Raid mirati, per ora, che hanno suscitato la rabbia del leader jihadista Al Baghdadi il quale ha definito vigliacchi i militari statunitensi invitandoli a combattere l’IS sul campo e non con i bombardamenti dall’alto. Quello stesso Al Baghdadi che, per alcuni anni, è stato ospite delle prigioni gestite dagli americani a Guantanamo ma che fu liberato, nel 2009, perché considerato dai comandanti dell’intelligence di Washington ‘non pericoloso’.
La verità è che gli Stati Uniti, così come d’altronde Turchia, Arabia Saudita e petromonarchie varie, hanno sostenuto la nascita e la crescita del gruppo fondamentalista sunnita che nel giro di pochi anni è diventato una vera e propria potenza militare e politica, mettendo a rischio gli stessi interessi nella regione dei paesi sponsor. Di fatto oggi i tagliagole di Al Baghdadi mettono a rischio le frontiere della Turchia e assediano il Kurdistan iracheno, due baluardi – con tutte le contraddizioni del caso – della presenza occidentale nella regione, e a Washington hanno deciso di non lasciarli fare. Ma non è stato sempre così.
In un quadrante geopolitico in cui il nemico da indebolire era l’asse ‘sciita’ tra Hezbollah, Siria e Iran, non è sembrato fuori luogo all’amministrazione Obama favorire l’emergere di un nuovo soggetto sunnita che sostenesse gli interessi egemonici della Casa Bianca in Medio Oriente; un ragionamento simile a quello che ha fatto il partito al governo in Turchia, espressione di una fratellanza musulmana sunnita che ha pensato di utilizzare diverse formazioni islamiste, da quelle più moderate a quelle più estremiste, per indebolire i curdi siriani e mettere un piede nella vicina Siria nel frattempo gettata nella tragedia della guerra civile (termine improprio visto che a combattere a Damasco sono milizie ed eserciti di decine di paesi). I fondamentalisti sunniti erano utili anche contro il governo sciita iracheno gestito da Al Maliki, e tutto ha ‘funzionato’ abbastanza bene finché le milizie jihadiste non sono cresciute troppo, ingrossate da migliaia di turchi, ceceni, afghani, pakistani, indonesiani ed europei, mettendo in campo il folle progetto dell’instaurazione di un califfato islamico su Siria e Iraq e cominciando a perseguire attivamente la pulizia etnica di territori sempre più vasti. Solo a quel punto il governo di Erdogan ha cominciato ad allentare il sostegno agli jihadisti, e ancora più tardi l’amministrazione Obama si è convinta ad infliggere qualche colpo alle milizie di Al Baghdadi, anche se non troppo forte da determinarne la sconfitta. I fondamentalisti sunniti, avrà pensato la Casa Bianca, potrebbero sempre rivelarsi utili in futuro, e se è d’obbligo per ora indebolirli non è opportuno eliminarli dallo scenario, non si sa mai…
Ma, mentre i media occidentali scoprono la persecuzioni dei cristiani del nord dell’Iraq e plaudono all’intervento dell’aviazione statunitense nella regione, i documenti riservati resi pubblici in questi anni da Wikileaks ci raccontano la vera storia delle relazioni tra Casa Bianca e fondamentalismo islamico sunnita.
“Gli Stati Uniti hanno permesso che lo Stato Islamico crescesse. Nel 2010 la Siria invitò Washington a cooperare per combattere i gruppi estremisti ma gli Stati Uniti, all’opposto, li armarono” scrive sul suo account di Twitter il team di WikiLeaks pubblicando nuovi scottanti documenti. Ad esempio, quello dal quale risulta che nel febbraio del 2010 il capo dell’intelligence di Damasco, il generale Ali Mamluk, e il viceministro degli Esteri siriano, Faisal al Miqdad, incontrarono una delegazione statunitense guidata da Daniel Benjamin, coordinatore del team antiterrorismo del Dipartimento di Stato Usa. Un incontro mai avvenuto prima durante il quale Mamluk sottolineò che la sicurezza della frontiera tra Siria e Iraq avrebbe dovuto interessare anche gli Stati Uniti. Mamluk affermò che sul tema la Siria era disposta a negoziare con i governi di Washington e Baghdad, avvertendo che i servizi di sicurezza di Damasco stavano già arrestando centinaia di estremisti islamici, molti dei quali armati, che usavano la Siria per penetrare in territorio iracheno. In nome della auspicata collaborazione contro l’estremismo islamico Damasco chiese a Washington il riconoscimento del ruolo della propria intelligence, la sua eliminazione dalla lista dei paesi che sostengono il terrorismo e l’affievolimento delle sanzioni economiche statunitensi e internazionali già comminate alla Siria. Ma Benjamin, su mandato dell’amministrazione Obama, non accettò la proposta e gli Stati Uniti cominciarono a lavorare proprio contro le raccomandazioni di Damasco (e del buon senso). E sappiamo come è andata a finire…
Secondo quanto rivelato dai documenti resi pubblici dall’ex agente della National Security Agency Edward Snowden, ora riparato in Russia, sarebbero stati proprio la Cia e il Mossad ad addestrare e ad armare l’Isil all’interno di un’operazione denominata “Nido dei calabroni”. «L’unica soluzione per proteggere lo Stato ebraico è quella di creare un nemico alle sue frontiere e di indirizzarlo contro gli Stati islamici che si oppongono alla sua presenza» afferma un documento della Cia reso noto da Wikileaks (almeno secondo alcuni media internazionali che però finora non hanno pubblicato per intero i file in questione).
Nel 2013 anche la stampa statunitense, compreso il Washington Post, cominciò a pubblicare articoli nei quali si informava l’opinione pubblica interna del fatto che la Cia aveva iniziato a rifornire i ‘ribelli siriani’ di armi e finanziamenti. Non ci si dovrebbe stupire quindi del fatto che oggi decine di migliaia di miliziani sunniti bene armati e assai determinati occupino vaste regioni della Siria e dell’Iraq, attacchino l’esercito libanese e minaccino direttamente i paesi occidentali.
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