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Russia: è il Cremlino a organizzare le proteste liberali?

Come ormai da oltre un mese, anche per sabato prossimo la cosiddetta “opposizione liberale” ha annunciato una nuova manifestazione a Mosca, “per il futuro del nostro paese”, in vista del voto amministrativo del 8 settembre e col pretesto della mancata registrazione di alcuni candidati cosiddetti “auto-nominati” per la Duma di Mosca.

La questione delle candidature è sempre più spesso sollevata anche dal PCFR di Gennadij Zjuganov, che denuncia una vera e propria “guerra dell’informazione” contro il partito e lamenta provocazioni contro i candidati del PCFR, un po’ dappertutto nel paese e in quasi tutte le circoscrizioni della capitale: distruzione di volantini, intimidazioni ai militanti e ai candidati, cancellazioni delle registrazioni. II segretario del Comitato cittadino Nikolaj Zubrilin, deputato uscente alla Duma di Mosca e candidato per la nuova Assemblea elettiva, denuncia gli attacchi portati dall’establishment municipale utilizzando la “manovalanza” del LDPR di Vladimir Žirinovskij. I rappresentanti di questo partito, scrive Zubrilin, “hanno tradito gli interessi dei propri elettori. Criticando a parole le riforme liberali, le hanno però votate alla Duma federale: sia la monetizzazione delle agevolazioni sociali, sia l’aumentare dell’età pensionistica”.

Ora, in vista delle nuove manifestazioni, Pavel Petukhov, del PCFR di Irkutsk, propone un contributo abbastanza originale, ripreso da Sovetskaja Rossija, Livejournal, Russkij Lad, Novij Sotsializm e altre pubblicazioni, in cui si chiede addirittura “perché il potere organizzi le proteste liberali”. Nonostante la marcata omissione dell’attività di ogni altra organizzazione comunista che non sia il PCFR, la spiccata accentuazione del ruolo di quest’ultimo e il silenzio sulla sua ambigua antonimia tra Vladimir Putin e “governo liberale” di Dmitrij Medvedev, la tesi di Petukhov merita quantomeno attenzione. Per questo, si propone l’intervento per intero, osservando solamente come, ad esempio, la discussione circa la partecipazione o meno dei comunisti alle manifestazioni liberali in Russia, cui accenna Petukhov, sia stata in qualche sede effettivamente sollevata.

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L’eco delle “due torri”

E’ diventata un luogo comune la designazione dei liberali-occidentalisti patrii quale opposizione non sistemica. Sia gli stessi liberali, che la polizia impongono ostinatamente lo stesso punto di vista: il governo sta combattendo contro i liberali e i liberali contro il governo.

La leggenda varia a seconda del pubblico: o sono agli ordini del Dipartimento di Stato e combattono non solo contro il potere putiniano, ma anche contro la Russia in quanto tale, o, al contrario, lottano contro questo governo nell’interesse del popolo (solo che, per qualche ragione, il popolo, stupido, non lo capisce). Ma le persone pensanti già una decina di anni fa avevano cominciato a porsi delle domande su tale quadro propinatoci.

In effetti, fino al 2001 i partiti liberali sono stati il principale pilastro del potere. Nel 1996 sostennero attivamente Eltsin e, nel 2000, Putin. I liberali sono tuttora insediati al governo e ne costituiscono il nucleo, determinandone il corso socio-economico. Improvvisamente, nel 2001, questi stessi liberali (ovviamente, tranne quelli rimasti al governo) passano improvvisamente all’ “opposizione” e iniziano a tenere regolarmente meeting anti-Putin. Quale pretesto per le prime azioni, fu utilizzata la situazione creatasi attorno a NTV (l’emittente allora di proprietà del magnate dei media Vladimir Gusinskij – ndt).

Negli ultimi 18 anni, tali azioni sono diventate usuali. L’interesse per esse è alimentato da vari eventi nelle ex repubbliche dell’URSS: “majdan” in Ucraina, “rivoluzione delle rose” in Georgia, tentativi di azioni simili in Bielorussia, Moldavia e così via. Di tanto in tanto, i “majdan” liberali in Russia sono abbastanza affollati e ciò consente alle autorità e ai loro propagandisti di parlare di una “minaccia arancione” (il primo tentativo di majdan in Ucraina, nel 2004 – ndt), come, ad esempio, nel 2011-’12.

Ma, stranamente, ogni volta, tutte queste “majdan russe” non si concludono con la caduta del regime o il suo indebolimento, ma, al contrario, con il suo rafforzamento rispetto alla situazione pre-majdan. Così avvenne nel 2012, quando Putin difficilmente avrebbe potuto vincere le presidenziali, senza la finzione di una “minaccia majdan” in piazza Bolotnaja (e la “risposta” alla Poklonnaja Gora). Anzi, subito dopo questa pretesa “vittoria sui liberali”, i vincitori trascinarono la Russia nel WTO: una vera e propria vittoria dell’ideologia liberale.

Nel 2014 la leadership del Cremlino assunse una posizione estremamente strana sul majdan a Kiev. Invece di sostenere il legittimo presidente Janukovič, che aveva tutto il diritto di reprimere i golpisti con la forza (e se la Russia lo avesse sostenuto, egli le sarebbe rimasto obbligato in tutto, e come vicino avremmo avuto uno stato amico e alleato), il Cremlino rifiutò di aiutarlo, riconobbe la nuova leadership di Kiev e in cambio, sembra, ottenne la Crimea. Invece, rimangono tuttora non riconosciute le Repubbliche del Donbass, DNR e LNR.

Gli strati patriottici russi avevano tutte le ragioni per protestare contro tale linea del Cremlino. Ma proprio in quel momento, i liberali presero a organizzare nuovamente manifestazioni, accusando la leadership russa di aggressione contro l’Ucraina, annessione della Crimea, ecc. La diffusione di queste assurdità “a contrario” portò al fatto che la gente finì per dimenticare le vere recriminazioni verso il potere e il rating di Putin volò di nuovo alle stelle.

E questa situazione si ripete ogni volta. I liberali organizzano proteste con un programma tale da allontanare le masse e gettarle tra le braccia del Cremlino. Sarebbe strano supporre che lo stiano facendo inconsciamente, per stupidità, che davvero vogliano sinceramente combattere contro Putin, ma oggettivamente lo aiutino. Come “parte di quella forza che eternamente vuole il male e opera eternamente il bene” (Mefistofele, nel “Faust” goethiano – ndt. O al contrario, a seconda del punto di vista). E lo stanno facendo già da quasi due decenni, senza aver imparato nulla.

È molto più logico supporre che il ruolo dei liberali nell’attuale sistema politico risieda proprio nel fatto di fare la propria comparsa al momento giusto come “opposizione molto cattiva” (tipo: il ruolo del “poliziotto cattivo”) in modo che il potere, in tale contesto, non sembri poi così cattivo. Con ciò si spiega la prosperità dei “leader” liberali, la presenza dei loro adepti nel governo e il loro costante cicaleccio nei media. Non fanno altro che eseguire le funzioni di “dipartimento per gli affari dell’opposizione” nell’apparato di propaganda del potere.

E questo non contraddice per niente il ruolo del Dipartimento di Stato e dell’Occidente in tutti questi eventi. L’attuale potere russo dipende completamente dall’Occidente e quest’ultimo non ha alcun bisogno di rovesciarlo. Forse solo nel caso in cui perdesse le ultime tracce di fiducia da parte della popolazione, e allora sarebbero davvero necessari nuovi scagnozzi, pronti a sostituirlo. Ma questo non è all’ordine del giorno oggi o domani (anche se, forse, già dopodomani).

Dopotutto, non solo le imitazioni, come è il caso della Russia, ma anche le vere majdan non sono dirette contro le élite al potere. Al contrario, sono proprio le élite che le organizzano, quando il malcontento della gente tracima e deve essere riportato nella giusta direzione. Ad esempio, in Ucraina, il Partito comunista, dopo una serie di fallimenti alle elezioni degli anni 2000, aveva iniziato ad aumentare repentinamente il proprio rating e alle elezioni del 2012 aveva ottenuto oltre il 13% dei voti e nelle regioni orientali, più del 20%. Era abbastanza realistico il passaggio del candidato del PCU al secondo turno delle presidenziali. Ma l’élite giocò d’anticipo, mandando in scena il majdan del 2013-2014, che era formalmente diretto contro il Partito delle Regioni, al potere, ma di fatto aveva un netto carattere anticomunista. Come risultato, il Partito Comunista uscì di scena, mentre i “regionali”, al contrario, si adattarono bene al “nuovo” sistema politico.

Ma torniamo alla Russia. Tra gli analisti politici, ha un certo peso il punto di vista secondo cui dietro l’opposizione liberale non ci sia il Cremlino nel suo insieme, ma solo una parte dell’élite al potere: la cosiddetta “torre liberale”. Si fanno i nomi di Kudrin, Čubajs, Kirienko: sarebbero loro a portare in piazza i propri sostenitori per fare pressione sugli avversari interni all’élite, vale a dire i “patrioti del Cremlino”, forze di polizia e dell’esercito.

Ma è poco probabile che questo punto di vista sia corretto. Sarebbe più logico supporre che fossero proprio i “patrioti del Cremlino” a organizzare le manifestazioni liberali per screditare l’idea liberale e indebolire le posizioni dei loro concorrenti. Tuttavia, il risultato delle azioni di massa, come già detto, è sempre lo stesso: il rafforzamento del sistema nel suo insieme e non di una delle due “torri del Cremlino”, la cui sussistenza (ovviamente, in senso metaforico) può esser messa legittimamente in dubbio.
Ecco che anche oggi i liberali portano folle di persone ai meeting a Mosca e nelle megalopoli, tipo San Pietroburgo, Ekaterinburg, ecc. Il pretesto, a quanto pare, è banale: il rifiuto di registrare una serie di candidati liberali auto-nominati alle elezioni per la Duma municipale di Mosca. Perché è stata loro rifiutata la registrazione? Oggi queste idee sono molto impopolari nel paese. A Mosca, ovviamente, hanno un sostegno maggiore; ma anche lì i liberali non potrebbero ottenere più di 3-5 mandati su 45, il che influirebbe poco sull’equilibrio generale delle forze. Ed è improbabile che questi deputati appoggerebbero l’opposizione di sinistra del PCFR sulle questioni chiave: piuttosto, al contrario, voterebbero per lo più con i rappresentanti di “Russia Unita”, essendo, come quella, partiti di orientamento oligarchico e capitalista.
Dunque, il rifiuto della registrazione serviva proprio come pretesto per le manifestazioni: allo stesso modo di come, la primavera scorsa, le autorità avevano abilmente organizzato le proteste a Ekaterinburg, facendo finta di voler costruire una chiesa negli spazi del parco pubblico. Se davvero avessero voluto costruirla, lo avrebbero fatto, nonostante i meeting di protesta. Invece, l’obiettivo era quello di spingere frontalmente credenti contro atei, per presentarsi poi come arbitri.

E a che scopo oggi le autorità hanno bisogno di questi meeting? Il fatto è che, dopo la riforma pensionistica e per l’acuirsi della crisi socio-economica, è cresciuto il consenso per le idee di sinistra. Già nell’autunno dello scorso anno, “Russia unita” aveva subito una serie di sconfitte alle elezioni regionali, perdendo contro i candidati del PCFR e persino del LDPR. I pronostici indicano che la situazione si ripeterà quest’anno. Il PCFR ha tutte le possibilità di vincere in un certo numero di regioni, sia per l’elezione del Governatore, che per le assemblee legislative.

Per “Russia unita”, il problema non consiste solo nel fatto che essa stessa verrà sconfitta, ma anche nel fatto che perderà non contro i liberali, a quella socialmente affini e il cui rating è vicino allo zero, bensì contro i comunisti, portatori di un’ideologia e un programma diametralmente opposti.

Dunque, si deve fare in modo che, agli occhi di una parte significativa della popolazione, l’opposizione venga associata alla russofobia, all’occidentalismo, al Dipartimento di stato e alla minaccia di majdan. Semplicemente, alle autorità non erano rimasti altri assi da giocare: quindi hanno nuovamente portato in piazza i capi liberali (è indicativo che questi marcino sotto lo stesso tricolore di Vlasov, innalzato anche da “Russia unita”), assicurando loro una massiccia campagna propagandistica.

Infatti, qualsiasi PR è utile, anche quello negativo. Più troll filo-governativi scrivono quanto siano cattivi Navalnyj, Sobol e simili “filo-Depstat” e “podpindosniki” (espressione intraducibile; “esterofili” – ndt), più si attira l’attenzione su di loro. Il filisteo medio ragionerà così: se vengono così rimbrottati, significa che in qualche modo hanno colpito il potere e sono pericolosi per esso. Ma il filisteo non pensa al fatto che non ci siano e non possano esserci differenze ideologiche tra i liberali al potere e quelli all’opposizione.

Le autorità e i loro media non attaccano quasi mai i comunisti (più esattamente: ciò viene fatto, ma di solito attraverso film o “documentari” pseudo-storici, senza riferimento diretto al presente), essi vengono semplicemente ignorati, si finge che non ci siano affatto comunisti in Russia e l’intera lotta venga condotta tra governo e liberali. Proprio questo fatto indica chi sia effettivamente il principale nemico del governo, e non quello disegnato dalla propaganda.

Quindi, i meeting liberali di un certo peso si svolgono solo nelle capitali, ma grazie al quadro presentato dalle TV e alla massiccia propaganda sui social network, quelli vengono trasmessi in tutto il paese. Tanto più che simili meeting costituiscono autentici spettacoli che attirano banderisti ucraini, minoranze sessuali con bandiere arcobaleno, poster con richieste di decomunistizzazione e, allo stesso tempo, bandiere rosse di alcune organizzazioni pseudo-comuniste. Più si va nell’assurdo, più è interessante per un auditorio di massa.

Di contro, le azioni di protesta del PCFR si svolgono dappertutto per il paese, ma ovviamente i media filo-governativi, i presunti blogger d’opposizione e i gruppi prezzolati sui social network le ignorano, cercando di rimuovere completamente dall’ordine del giorno le proteste socio-economiche. Cosa chiedono i comunisti? L’abolizione della riforma pensionistica e di simili leggi cannibalesche? A differenza di quelle di femministe e LGBT, queste sono richieste vitali per tutti, ma ciò è troppo intricato e troppo noioso, non è uno spettacolo.

Chiaramente, non è un caso che la principale manifestazione liberale a Mosca si sia svolta una settimana prima della manifestazione del PCFR. Si contava innanzitutto sul fatto che una parte di moscoviti si sarebbero uniti alle proteste dei liberali, e poi invece, il 17 agosto, o avrebbero avuto paura dei manganelli della polizia (“e se picchiano di nuovo?”), oppure semplicemente sarebbero stati esausti. All’altra parte dell’auditorio, veniva richiesto di associare qualsiasi protesta alle forze liberali, filo-occidentali, al famigerato DepartState, e per questo motivo non avrebbe dovuto partecipare nemmeno al meeting comunista.

Ma il principale auditorio di riferimento di questa campagna di manipolazione delle coscienze non sono i partecipanti (o i potenziali partecipanti) alle proteste, bensì coloro che stanno seduti davanti ai televisori o ai computer. E’ proprio per questi ultimi, che si dà da fare l’esercito di troll di internet e blogger prezzolati, sia quelli apertamente a favore del governo, che quelli d’opposizione. Per quanto detto sopra, essi quasi non scrivono del PCFR e, se lo fanno, lo accusano di un’enorme varietà di peccati – dal putinismo alla confusione della protesta, dall’unione con Navalnyj al lavoro per il Dipartimento di Stato. Caratteristico, che questi troll non litighino mai tra di sé, anche se dicono qualcosa di opposto. Ed è chiaro il perché: i padroni sono gli stessi.

Così che, obiettivo dell’attuale governo è quello di utilizzare un’imitazione di majdan per sviare l’attenzione della popolazione dal PCFR, il suo programma, le sue azioni di protesta socio-economica. Eliminando dalle elezioni alcuni candidati “auto-nominati”, cercano di inculcare nell’elettore l’idea che solo candidati filo-governativi siano ammessi a partecipare alle elezioni del 8 settembre. Ciò significa ridurre l’affluenza e il sostegno ai candidati del PCFR, il che dovrebbe, nei piani degli organizzatori di tutta questa macchinazione, offrire a “Russia unita” una chance di conservare almeno un certo controllo sugli organi di potere.
Nella lotta del potere oligarchico contro i comunisti e le forze patriottiche-nazionali nel loro insieme, i liberali non sono che degli esecutori, che creano confusione informativa e distraggono dal confronto reale.

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