Inatteso colpo di scena nei rapporti già tesissimi tra giunta al potere in Ucraina e governo russo. Dopo molti giorni di tira e molla, rassicurazioni e smentite e balletti vari, il governo russo ha deciso questa mattina di dare ordine al convoglio carico di aiuti umanitari fermo da più di una settimana al posto di frontiera di Izvarino di lasciare il confine e di entrare nel Donbass. Senza il consenso delle autorità centrali di Kiev che, a giudicare dalle prime reazioni, non l’hanno presa bene.
A informare della decisione è stato il ministero degli Esteri di Mosca in persona, sostenendo che «tutti i pretesti» utilizzati per diversi giorni dal governo nazionalista «per ritardare l’invio degli aiuti si sono esauriti». «Non possiamo più sopportare questo oltraggio, queste chiare bugie e questo rifiuto di Kiev di giungere a un accordo. La Russia ha deciso di agire» afferma Lavrov in una nota inviata alla stampa. “Abbiamo una forte sensazione che le autorità ucraine correnti stiano intenzionalmente trascinando la consegna degli aiuti umanitari per fare in modo che non resti nessuno che possa ricevere questa assistenza” recita ancora la dura dichiarazione che mette esplicitamente in guardia Kiev contro ogni tentativo di interrompere una “missione puramente umanitaria”. “Il convoglio con tonnellate di carichi umanitari, così necessari per le persone di queste regioni, è stato bloccato per una settimana sul confine russo-ucraino” – dice la nota. “Durante questo periodo di tempo la Russia ha compiuto sforzi senza precedenti per risolvere le formalità necessarie in tutte le direzioni ed a tutti i livelli possibili”.
Poco dopo l’agenzia russa Itar-Tass ha riferito che almeno 32 dei circa 280 tir carichi di acqua, generatori, sacchi a pelo e medicinali destinati alle martoriate popolazioni delle città del Donbass vittima dei bombardamenti e dell’assedio delle forze militari di Kiev hanno varcato la frontiera. Secondo l’agenzia Ria Novosti ad attraversare il confine sarebbero stati invece già 70 camion Kamaz.
Secondo quanto riferito dai giornalisti e da alcuni testimoni il convoglio composto da camion bianchi è scortato da alcuni pulmann e automobili con a bordo alcuni miliziani delle Repubbliche Popolari che hanno il compito di difenderlo, evidentemente, da eventuali attacchi. Ambigua la reazione della Croce Rossa Internazionale, che del resto non ha dimostrato grande coraggio o impegno neanche nei giorni scorsi. Secondo una nota diffusa dalla CRI i suoi rappresentanti non si sono uniti alla carovana a causa della mancanza di «sufficienti garanzie di sicurezza».
Sul fronte dei combattimenti sia i comandi militari golpisti sia le milizie popolari rivendicano importanti risultati. Secondo Kiev l’avanzata del suo esercito è “inarrestabile” anche se di fatto le dichiarazioni trionfali sulla ‘liberazione’ di Lugansk di qualche giorno fa si sono rivelate prive di fondamento e nella città al confine con la Russia gli scontri proseguono. Si è rivelata pura propaganda – e a buon mercato – la notizia diffusa ieri sul sequestro di due carri armati russi da parte delle truppe ucraine, ennesimo tentativo di accusare Mosca di essere intervenuta direttamente nella guerra civile.
La Difesa ucraina ha comunque comunicato di aver distrutto 11 lanciamissili Grad e tre carri armati nei pressi della città di Snizhne e di aver ucciso addirittura 100 insorti. Il governo ucraino ha però dovuto ammettere l’abbattimento di un elicottero militare Mi-24 nei pressi di Gheorghievka, nella regione di Lugansk, avvenuto due giorni fa e la morte dei due piloti.
Gli insorti invece hanno annunciato di aver ripreso il controllo di due importanti postazioni ad ovest di Snizhne e di aver catturato 13 soldati ucraini.
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