Sta diventando sempre più concreto il rischio che in Ucraina la guerra civile in corso ormai da mesi nell’est del paese faccia un salto di qualità e veda il coinvolgimento diretto delle potenze occidentali anche sul piano militare dopo che al regime nazionalista sia l’Ue che gli Stati Uniti hanno concesso armi, finanziamenti e sostegno politico.
A scatenare l’escalation potrebbe essere il maggiore impegno militare da parte di Mosca che nel giro di pochi giorni ha deciso di correre in soccorso delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk prima con l’invio di un convoglio di aiuti umanitari e poi con l’ingresso in territorio ucraino di migliaia di volontari del Donbass – e internazionali – che si sono addestrati e armati in territorio russo. Il maggiore protagonismo di Mosca – che fa seguito a mesi di sostegno ambiguo agli insorti dell’Ucraina russofona – ha permesso alle milizie popolari di aprire un secondo fronte nei pressi di Mariupol. Il che ha causato un allentamento della morsa e dell’assedio delle due grandi città ribelli da parte dell’esercito ucraino e dei battaglioni punitivi composti dai miliziani dell’estrema destra che affiancano le forze armate regolari.
Al di là delle diverse valutazioni possibili sull’entità del sostegno di Mosca, quella che doveva essere una operazione militare di breve durata si è rivelata assai più impegnativa per gli oligarchi alla guida del nuovo regime di Kiev. Nonostante i bombardamenti indiscriminati contro città e villaggi anche con missili Grad e armi proibite – ad esempio quelle al fosforo bianco – la resistenza delle popolazioni del Donbass non è stata piegata.
Negli ultimi giorni si è combattuto sul confine tra Ucraina e Russia sulla costa del Mare di Azov dove le milizie hanno preso il controllo di alcune importanti località e si apprestano a loro volta ad assediare Mariupol, importante città costiera a poche decine di chilometri dalla penisola di Crimea. Secondo il regime di Kiev la manovra mirerebbe a creare un ‘corridoio’ da Lugansk fino proprio alla penisola che mesi fa si è resa indipendente e con un referendum ha deciso l’annessione alla Federazione Russa.
Da tempo il regime di Kiev e i suoi sponsor occidentali insistono sul fatto che convogli militari russi abbiano sconfinato in Ucraina a volte partecipando agli scontri militari. Circostanza sempre negata da Mosca e anche da alcuni giornalisti occidentali, fino a quando all’inizio della settimana il governo russo ha ammesso uno sconfinamento di paracadutisti definito però un errore. Mentre ancora oggi i funzionari di Mosca smentivano l’ennesima accusa di Kiev – “un altro convoglio di carri armati russi anche se con le insegne delle Repubbliche Popolari ha sconfinato” – ci ha pensato il nuovo primo ministro della Repubblica Popolare di Donetsk, Alexander Zakharchenko, a dare in parte ragione al regime ucraino, affermando che circa 3-4 mila volontari russi hanno combattuto tra le fila delle milizie che tengono testa alla cosiddetta ‘operazione antiterrorismo’ di Kiev. “Molti di loro hanno lasciato la Repubblica, ma la maggior parte è rimasta”, ha detto in una intervista del canale russo “Rossiya 24” Zakharchenko secondo il quale si tratterebbe in buona parte di militari dell’esercito russo intervenuti nella difesa del Donbass a titolo personale. “Oggi mi viene spesso chiesto come sia possibile che l’esercito della Novorossiya, composto da unità partigiane possa non solo resistere alle forze armate ucraine, ma anche sconfiggerle sul campo di battaglia”, ha detto Zakharchenko, aggiungendo che “Kiev e l’Occidente hanno ripetutamente parlato di una invasione militare russa per giustificare in qualche modo le pesanti sconfitte che esercito ucraino subisce ormai da diversi mesi”. “Non abbiamo mai nascosto il fatto che molti volontari russi stiano combattendo con noi e senza il cui aiuto saremmo in una situazione molto difficile”. Oltre a ex militari in pensione Zakharchenko ha affermato che tra i volontari russi ci sono “anche militari di professione che combattono tra le nostre fila. Ma sono qui in congedo e invece che farsi le loro vacanze combattono insieme a noi per la nostra libertà”.
Ma Francia, Stati Uniti e Nato affermano che a partecipare alle operazioni militari in territorio ucraino sono battaglioni di soldati della Federazione Russa, dotati di armi d’avanguardia e agli ordini del governo di Mosca. Oggi un alto esponente dell’Alleanza Atlantica ha parlato di “1000 uomini” mandati dalla Russia a Donetsk, circostanza smentita dal governo russo.
Di fronte al capovolgimento di fronte dettato dalla controffensiva delle milizie popolari a Mariupol e alla loro strenua resistenza a Lugansk e Donetsk – dove l’artiglieria ucraina ha distrutto una scuola – il regime nazionalista filoccidentale ha chiesto ufficialmente il sostegno militare dei suoi sponsor internazionali ed ha mobilitato alcune istituzioni internazionali sperando che intervengano risolutamente nel conflitto. Accogliendo una richiesta avanzata dal governo della Lituania, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Uniti ha indetto una riunione di emergenza sull’Ucraina oggi alle 12 (ora di New York, le 18 in Italia). L’ambasciatore ucraino presso l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce), anch’essa convocata d’urgenza da Kiev, ha parlato non più di sconfinamenti ma di ‘invasione diretta’ ed ha chiesto l’internazionalizzazione di una crisi che, in realtà, è esattamente il risultato dell’intervento occidentale a fianco dei movimenti nazionalisti e degli oligarchi ucraini che portò al golpe di febbraio.
Ora il presidente Poroshenko, reduce da una stretta di mano con Vladimir Putin a Minsk che non ha risolto proprio nulla, vuole che i blocchi occidentali aumentino le già pesanti sanzioni comminate alla Russia, a partire dal congelamento di tutti i beni russi e il divieto di transazioni finanziarie per le banche di Mosca.
Non solo. Kiev insiste con i comandi della Nato – di cui il paese non fa ancora parte ma con cui ha stabilito forti legami militari – affinché l’Alleanza Atlantica si schieri apertamente e immediatamente contro la Russia, intenzione per altro già dichiarata esplicitamente ieri dal suo segretario generale che ha già annunciato di voler far maggiormente sentire la sua presenza nell’Est Europa. Si capirà nel vertice in programma il 4 e 5 settembre in Galles – al quale Mosca non è stata invitata – quanto la Nato è disposta a portare lo scontro con la Russia sul piano militare diretto. Nel dubbio, il presidente Poroshenko – che oggi ha annullato una visita in Turchia per partecipare a una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza Nazionale ha comunque chiesto anche all’Unione Europea una ‘assistenza militare ampia’.
In attesa di capire fino a dove vuole spingersi il vasto fronte dei paesi occidentali che sostengono i golpisti ucraini, ora gli analisti si interrogano sulla strategia di Mosca: la Russia punta a provocare la caduta del regime di Kiev oppure ad annettere alcuni dei territori russofoni del paese oppure ancora a inasprire lo scontro militare estendendo i combattimenti ad altri territori così da poter avere più carte dal giocare in una eventuale trattativa con la controparte che comunque manterrebbe nell’orbita russa il Donbass pur all’interno di un quadro dell’Ucraina sostanzialmente unitario? Molto dipenderà da quanto Usa e Ue spingeranno l’acceleratore contro la Russia. Finora è stata infatti l’aggressiva iniziativa occidentale a determinare una reazione di Mosca che fino ad ora non sembrava affatto scontata.
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