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Londra: “invieremo truppe a Kiev”. Mosca: “non provocate una potenza nucleare”

“La Gran Bretagna e altri sei Paesi creeranno una forza multilaterale di 10mila uomini per rafforzare la risposta Nato all’aggressione russa in Ucraina”. A diffondere la notizia è stato oggi il quotidiano Financial Times, spiegando che l’annuncio è atteso per la prossima settimana al vertice del’Alleanza Atlantica in programma nel Galles. La ‘joint expeditionary force’ includerà unità navali e truppe di terra e sarà guidata dagli inglesi, ma con il coinvolgimento anche di Danimarca, Lettonia, Estonia, Lituania, Norvegia e Olanda. Anche il Canada avrebbe espresso interesse per l’iniziativa.

Si tratta di un annuncio gravissimo, foriero di un ulteriore innalzamento dello scontro iniziato con Mosca quando nell’autunno scorso Unione Europea e Stati Uniti hanno cominciato a sostenere un regime change a Kiev sfociato poi a febbraio in un colpo di stato e dopo qualche settimana in una guerra civile che ha visto il coinvolgimento – per la maggior parte indiretto – della Russia.

L’annuncio del Financial Times segue una escalation di dichiarazioni sempre più bellicose da parte dei paesi che compongono l’Alleanza Atlantica. La tesi che giustificherebbe l’intervento diretto della Nato in territorio ucraino è che Mosca ha violato l’integrità territoriale del paese inviando truppe e armi, anche se per ora i comandi militari occidentali non sono riusciti a fornire alcuna prova di quanto affermano, se non foto satellitari tutt’altro che chiare presto sbugiardate da Mosca. Ma dopo che il regime Poroshenko-Yatseniuk ha più volte gridato alla ‘invasione’ affermando che convogli di carri armati erano penetrati in suolo ucraino e truppe russe avevano addirittura occupato alcune località nei dintorni di Mariupol – in realtà si tratta della controffensiva lanciata dalle milizie popolari, supportate dal sostegno logistico russo – anche Washington e Londra hanno rilanciato l’accusa.

“La Russia – ha intimato l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Catherine Ashton a Milano nella conferenza stampa al termine della riunione informale dei ministri degli Esteri dei 28-  deve porre un freno alle ostilità, porre un freno al passaggio di equipaggiamenti nella zona di conflitto e ritirare le sue forze armate” dall’Ucraina. Dopo che la Nato aveva parlato della presenza in territorio ucraino di “almeno 1000 soldati russi” oggi Londra ha rilanciato, affermando che le truppe di Mosca che hanno sconfinato sono in realtà ben 5000, anche in questo caso senza fornire alcuna pezza d’appoggio. Eppure 5000 soldati con al seguito camion, carri armati, lancia missili e quant’altro non dovrebbero essere difficili da vedere e documentare per paesi che spiano da anni miliardi di persone, governi e vertici militari dei paesi alleati compresi.

“Siamo di fronte a una situazione gravissima e una crisi drammatica: potremmo arrivare a un punto di non ritorno se non si ferma l’escalation”, afferma con incredibile faccia tosta il presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso, dopo il faccia a faccia con il presidente ucraino Petro Poroshenko, che oggi partecipa ai lavori del Consiglio Europeo straordinario.

Di fronte ai continui rovesci delle sue truppe e alla prospettiva che il conflitto continui anche nel prossimo autunno-inverno – il che darebbe un ulteriore vantaggio alle milizie indipendentiste già più motivate di un esercito ucraino sempre più sbandato – l’establishment di Kiev accelera il processo di adesione alla Nato, che finora Poroshenko aveva affermato di non voler affrettare per non andare al muro contro muro con Mosca. Oggi il premier nazionalista Arseni Iatseniuk ha informato di voler proporre “un progetto di legge per annullare lo status di neutralità dai blocchi militari dell’Ucraina e tornare sulla via dell’adesione alla Nato”. Una soluzione che il segretario generale uscente, Anders Fogh Rasmussen, sembra accogliere con entusiasmo: “Ogni Paese ha diritto di decidere da solo le alleanze”.

E’ intanto giallo sull’arresto di due funzionari dell’ambasciata russa a Kiev. Il terzo segretario Andrei Golovanov e l’addetto diplomatico Mikhail Shorin sarebbero stati arrestati nella capitale ucraina nonostante avessero dei passaporti diplomatici, e Mosca li ha dichiarati “dispersi”. Anche se tre giorni fa il ministero degli Esteri ucraino ha ammesso l’arresto nei pressi di un bar di due persone in possesso di “bombe a mano” e di documenti “somiglianti” a passaporti diplomatici russi, il ministero dell’Interno ucraino ha negato che Golovanov e Shorin siano stati arrestati. Ora il ministero degli Esteri di Mosca accusa Kiev di avere arrestato Golovanov e Shorin “con un pretesto completamente falso” e chiede “l’immediato rilascio” dei diplomatici e il rispetto “delle convenzioni internazionali sull’immunità diplomatica”.

Naturalmente Vladimir Putin e il governo di Mosca reagiscono a muso duro alle continue minacce da parte dell’occidente paragonando il comportamento delle truppe di Kiev nell’est dell’Ucraina a quello dei nazisti che bombardavano le città e massacravano gli abitanti e avverte l’Alleanza Atlantica che non è il caso di “scherzare” con “una potenza nucleare” come la Russia. Putin precisa che l’obiettivo della Russia “non è minacciare qualcuno, bensì sentirsi sicura”, ma il tono dell’intervento del capo del Cremlino è durissimo: Mosca è una delle maggiori potenze nucleari e “non si tratta di parole, ma della realtà”: quindi, “non é il caso di scherzare con noi”.

In attesa di una escalation militare che potrebbe avere conseguenze disastrose il braccio di ferro tra occidente e Mosca continua a salire di tono anche in campo economico ed energetico. Oggi il ministro dell’Energia russo, Aleksandr Novak, ha ribadito al commissario Ue per l’Energia Gunther Oettinger che esistono “forti rischi” per le forniture di gas all’Europa in inverno perché Kiev – a cui Mosca ha chiuso i rubinetti dell’oro blu a giugno per una disputa sul prezzo del metano e sul debito miliardario mai pagato alla Russia – potrebbe sottrarre illegalmente parte del gas diretto in Europa attraverso i metanodotti ucraini in vista della stagione fredda. Ieri la Gazprom si era comunque detta disponibile a offrire all’Ucraina uno «sconto» di 100 dollari ogni mille metri cubi sul prezzo del gas, rispetto ai 486 dollari fissati dopo il golpe filoccidentale del febbraio scorso. 
Nel frattempo – mentre l’Fmi dà via libera al versamento di 1,4 miliardi di dollari a favore dell’Ucraina – il braccio di ferro delle sanzioni tra Russia e Occidente fa crollare il rublo: che oggi ha toccato quota 37,02 per un dollaro.

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