EDIMBURGO – “Non si tratta di cambiare bandiera o capitano, si tratta di costruire una società diversa”. E’ questo il messaggio che nelle ultime ore di campagna elettorale, così come hanno fatto in un crescendo di mobilitazione che non ha eguali nella storia recente della società scozzese, stanno lanciando i gruppi della sinistra radicale che ieri sera a Edimburgo hanno organizzato diversi momenti di confronto e visibilità. Uno dei quali, all’interno della Augustine Church, ha riunito un centinaio di entusiasti partecipanti mentre a poca distanza, nel parco di Meadows, altre centinaia di persone distribuivano materiale per il ‘si’ accompagnati da una colonna sonora fornita per l’occasione da una band locale. Non nota come i Mogway o i Franz Ferdinand, che qualche giorno fa hanno suonato per chiedere ai loro fans di votare indipendentista, ma comunque apprezzata.
Le troupe di una televisione giapponese e di una emittente tedesca, insieme a quelle di alcuni media locali, si contendono i manifestanti che sventolano le bandiere scozzesi o quelle catalane. I più ricercati sono quelli con i capelli azzurri, o i cani con al collo la Croce di Sant’Andrea. Da Barcellona e dintorni sono arrivati davvero in tanti per assistere allo storico evento di oggi, e non si tratta solo di giornalisti o esponenti politici, ma ci sono anche tanti comuni cittadini desiderosi di respirare un’aria di libertà e di futuro che vorrebbero si respirasse anche da loro il prossimo 9 novembre. Un rappresentante della Cup, il movimento della sinistra indipendentista radicale catalana, interviene brevemente alla conferenza e ricorda che catalani e scozzesi hanno a disposizione – se la sono conquistata, nessuno ha regalato loro nulla – una occasione storica per cambiare il corso della storia e iniziare ad autodeterminare il proprio futuro. Ma non certo per trasferire il potere dai potentati di Londra o Madrid a quelli di Edimburgo o Barcellona. Si tratta di costruire una “indipendenza per milioni, non per milionari” è del resto uno degli slogan più utilizzati dalla campagna denominata “Radical Indipendence” che in questi mesi, e anche ieri sera, ha riunito comunisti, socialisti, ecologisti radicali e antimilitaristi, organizzati o meno, in una mobilitazione partita in sordina ma che negli ultimi giorni è montata come non era mai successo.
Sono anche alcuni degli attivisti più addentro a stupirsi del crescendo di entusiasmo, partecipazione, creatività che sta portando nelle strade per un porta a porta capillare migliaia di persone, molte della quali non si erano mai impegnate direttamente in alcuna attività politica. Il fatto che per la prima volta nella storia il 97% degli aventi diritto al voto si siano registrati per poter votare la dice lunga sul momento che la società scozzese sta vivendo. Ancora più inusuale il corteo spontaneo partito ieri sera da Meadows e che lungo il percorso che lo ha condotto fino al parlamento scozzese ha raccolto i partecipanti alla conferenza della ‘Radical Indipendence’. Una manifestazione spontanea, disordinata ma molto rumorosa, come non se ne ricordavano da anni, mentre nelle strade del centro di Edimburgo caroselli di automobili strombazzanti percorrevano le strade principali. Ovunque bandiere scozzesi: sulle auto, sui balconi, sulle porte, spesso associate a quelle catalane. Insieme a quelle della Corsica, o del Quebec. E non sono mancate neanche alcune bandiere palestinesi, sventolate dalle automobili o portate da manifestanti che si avvicinavano ad un parlamento che, se oggi si dovesse affermare il ‘si’, nel 2016 ospiterebbe una assemblea costituente incaricata di redigere una nuova Costituzione.
La capillare presenza nelle strade dei sostenitori dell’indipendenza ha riattivato energie sopite, valori a lungo rimossi dal discorso pubblico, speranze riaccese dalla possibilità di decidere quale Scozia si vuole edificare. Una occasione unica per recuperare un punto di vista ed un progetto collettivo e contestare un modello basato sull’individualismo e la delega ai leader dei vari partiti. Un modo di contendere l’egemonia della campagna al laburista Snp del premier Salmond, e di stigmatizzare i paludati dibattiti televisivi in cui a scontrarsi sono spesso vip ed esperti che nulla hanno a che fare con le condizioni di centinaia di migliaia di abitanti della Scozia alle prese con i tagli allo stato sociale, la disoccupazione, il degrado delle periferie.
Ed è ovvio che all’interno del fronte indipendentista si giochi la partita di valori da affermare, del modello di società da costruire. Una socialdemocrazia integrata nell’Unione Europea e nel Commonwealth guidato dalla Regina d’Inghilterra per il partito egemone, lo Scottish National Party. Una Scozia repubblicana, basata sull’eguaglianza e sulla giustizia sociale, un’istruzione e una sanità di qualità, smilitarizzata e solidale per coloro che si riconoscono nell’arcipelago che in queste settimane ha preso forma nella ‘Radical Indipendence’.
E che ieri ha incassato l’importante endorsement di Billy Bragg, un affermato artista inglese che però dalla sua prospettiva internazionalista ha chiarito che occorre sostenere il movimento nazionale scozzese, progressista, contro un nazionalismo inglese retrogrado e reazionario. La solidarietà di Bragg espressa dalle colonne del Guardian è un sostegno ‘pesante’. Così come quello arrivato poch ore prima di Andy Murray, popolare campione di tennis.
Stamattina i 2600 seggi hanno aperto presto, alle 7, e non chiuderanno prima delle 22, per permettere ad una massa inconsueta di votanti di poter esprimere la propria opinione. Secco e breve il quesito: “Dovrebbe
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alfredo
Forza Scozia, avanti tutta per sconfiggere e cacciare la micidiale tarantola de ragno unito.