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Kiev: fosse comuni e crimini di guerra, ma i media hanno perso la testa

Alcune ore fa il presidente ucraino, l’oligarca Petro Poroshenko, ha fatto sapere di aver firmato un decreto che autorizza il governo a chiudere temporaneamente le frontiere con la Russia. La possibilità è quella di un vero e proprio blocco di tutto il confine orientale nel tentativo, dice il ‘re del cioccolato’, di fermare “l’ingerenza” della Russia negli affari ucraini. Il decreto chiede infatti di esaminare la “chiusura provvisoria al traffico marittimo, di auto e pedoni dei checkpoint sul confine dello Stato ucraino con la Federazione russa”.

La decisione è stata adottata, paradossalmente, nello stesso giorno in cui Poroshenko ha annunciato che per la prima volta da mesi non sono stati registrati morti nelle ultime ventiquattro ore, circostanza smentita dalle autorità di Donetsk secondo le quali alcuni bombardamenti su un quartiere residenziale avrebbero ucciso due civili. E quando la Nato ha – anche in questo caso senza fornire alcuna prova delle sue affermazioni – certificato che ieri “le ultime truppe russe hanno abbandonato il territorio ucraino”. Il tenente colonnello Jay Janzen, portavoce dell’Alleanza Atlantica, ha inoltre sottolineato la diminuzione netta degli scambi di artiglieria tra le forze armate ucraine e le milizie popolari del Donbass ma poi ha subdolamente messo le mani avanti, affermando che “le forze speciali russe rimangono attive in territorio ucraino e sono difficili da scovare”. Così difficili che finora nessuno lo ha mai fatto.
Da parte sua il governo russo ha denunciato ieri per l’ennesima volta i crimini di guerra compiuti dall’esercito di Kiev e dalla milizie neonaziste contro la popolazione civile delle regioni assediate e bombardate. “I dati in nostro possesso – scrive in una nota la Cancelleria di Mosca – dimostrano numerose esecuzioni a sangue freddo di civili per mano delle forze ucraine”.

La dichiarazione segue di alcune ore un annuncio, da parte delle autorità della Repubblica Popolare di Donetsk, del ritrovamento di un’altra fossa comune in un territorio strappato recentemente ai nazionalisti ucraini. Ritrovamento che segue quelli già denunciati e documentati nelle scorse settimane, dove sono stati gettati abitanti delle zone conquistate ritenuti partigiani delle repubbliche ‘separatiste’ e quindi giustiziati ma anche centinaia di soldati ucraini e membri dei cosiddetti battaglioni punitivi, uccisi in vere e proprie esecuzioni di massa nel caso in cui si rifiutavano di combattere oppure sepolti in fosse comuni per evitare che il conteggio ufficiale delle perdite nel campo nazionalista crescesse troppo, alimentando le proteste da parte dei parenti e delle comunità di provenienza.
Questa volta ad essere scoperte dai miliziani del Donbass sono state una fossa comune nella località di Telmanovsk – dentro c’erano sepolti sommariamente una trentina di civili – e altre due all’interno di una vicina miniera a Kommunar e a Nizhnjaja Krynka, a circa 60 chilometri da Donetsk, che celavano le spoglie di 5 guerriglieri e di 4 civili ormai in stato di decomposizione. Uno dei corpi era di una donna senza testa. Nelle scorse settimane, del resto, alcune teste di guerriglieri delle Repubbliche popolari uccisi dalle forze di Kiev erano state spedite alle loro famiglie all’interno di cassette di legno, senza suscitare né interesse né indignazione nel vasto panorama dei media occidentali così sensibili alle decapitazioni dell’Isis.
Nella maggior parte dei casi – ha affermato il portavoce del parlamento di Donetsk, Boris Litvinov – i cadaveri ritrovati erano ammanettati o legati con le mani dietro la schiena e sono stati uccisi con vari colpi al busto e un colpo di grazia alla testa. Esecuzioni sommarie di prigionieri quindi, e non civili e miliziani uccisi in combattimento. Il presidente della Repubblica Popolare di Donetsk, Alexandr Zajárchenko, ha anche denunciato che alcuni dei cadaveri rinvenuti sono privi degli organi interni, come era già avvenuto in passato in altre zone.

Il luogo dove è stata scoperta la fossa comune più grande era stato occupato alcuni giorni fa dalla 25esima Brigata Aerotrasportata dell’esercito ucraino e dai membri del Battaglione Aydar della Guardia Nazionale, uno dei più spietati e più volte accusato in passato di torture, esecuzioni sommarie e altri crimini di guerra. Battaglione Aydar che proprio ieri, secondo quanto rivendicato dalle milizie popolari di Lugansk, avrebbe subito gravi perdite in uno scontro avvenuto nell’area di Komi­sa­ro­vka.

A puntare il dito contro il Battaglione Aydar, poche settimane fa, era stata addirittura Amnesty International, che difficilmente brilla per indipendenza dai governi occidentali e dai loro interessi. E che pure ha dovuto informare di aver documentato «un crescendo di abusi, tra cui sequestri di persona, detenzioni illegali, maltrattamenti, rapine, estorsioni e forse anche esecuzioni” commessi dagli estremisti di destra guidati da Ser­gej Mel­ny­chuk. Anche l’Osce aveva accusato di ‘eccessi’ i tagliagole di Melnychuk. Poi, lo scorso 19 settembre, i membri del Battaglione Aydar erano stati costretti ad abbandonare un golf club che avevano utilizzato come loro base a circa 10 chilometri da Lugansk. Quando i miliziani delle forze armate della Novorossija sono entrati nel complesso hanno trovato il corpo di una giovane donna, brutalmente picchiata e torturata. 

Il governo di Kiev non ha rilasciato commenti particolari sui ritrovamenti, anche se il capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale ucraino, Andrej Lisenko, ci ha tenuto a dire che nella zona non sono mai stati presenti membri della Guardia Nazionale, ma effettivi di altre forze di sicurezza governative non meglio specificate.
Di fronte a quanto sta emergendo grazie alla diminuzione dei combattimenti, il Pre­si­dente della Com­mis­sione affari esteri della Duma di Mosca, Alek­sej Push­kov, ha dichia­rato all’agenzia Itar-Tass che la Rus­sia chiederà al Con­siglio d’Europa, al Par­la­mento di Strasburgo e all’Osce se è accettabile per loro che «a Kiev siano oggi al potere per­sone diret­ta­mente respon­sa­bili di que­sti cri­mini di guerra e con­tro l’umanità».
Fatto sta che ormai, dopo mesi di combattimenti, bombardamenti, battaglie ed esecuzioni di massa il numero reale delle vittime della guerra civile ucraina sembra assai più alto delle 3000 certificate ufficialmente dalle Nazioni Unite e dalle autorità golpiste di Kiev.
Molto scalpore ha destato tra gli abitanti del Donbass e in Russia il ferimento di un ragazzino da parte di alcuni membri della Guardia Nazionale, probabilmente ubriachi, che a Mariupol hanno aperto il fuoco senza motivo contro due adolescenti che in bicicletta avevano eluso un posto di blocco governativo.

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