Tempi duri per la Germania, sotto tutti i punti di vista. Economia in recessione, disoccupazione in aumento, rivolta dei sudditi e degli alleati dell’Unione Europea. E ora anche uno scandalo che rivela l’esistenza di una specie di piccola Abu Ghraib in salsa germanica, per quanto gestita da una società di sicurezza privata e non dall’esercito o dalla polizia di Berlino.
Che, naturalmente, ora si dicono completamente all’oscuro di quanto accadeva nel centro per “l’accoglienza” dei rifugiati di Burbach, in Nordreno-Vestfalia, di proprietà della European Homecare, dove i migranti venivano maltrattati, picchiati e letteralmente torturati dai vigilantes in divisa nera.
Le prove degli abusi sono inequivocabili, in particolare alcune immagini che ritraggono un giovane rifugiato schiacciato a terra con le braccia ammanettate dietro la schiena e due energumeni della società di sicurezza privata che lo irridono, mentre uno gli preme uno stivale sul collo.
A far scattare le indagini è stata la denuncia di un giornalista, che ha mostrato alla polizia un video – poi finito ‘sul tavolo’ del Ministro degli Interni regionale – in cui due vigilantes della società tedesca SKI costringono un rifugiato, ripetutamente picchiato, a sdraiarsi su un materasso sporco di vomito. Azione accompagnata dalla frase “Chiudi gli occhi e addormentati lì, nel tuo vomito” pronunciata da una delle due guardie.
«Sono immagini che altrove si sono viste solo a Guantanamo», ha commentato il capo della polizia locale, Frank Richter, durante una conferenza stampa convocata dopo una perquisizione realizzata dalla Polizia nel lager nel corso della quale sono stati sequestrati manganelli, tirapugni e la foto di cui sopra che si trovava insieme ad altre immagini simili sulla scheda del cellulare di uno degli aguzzini. Secondo testimonianze e racconti dei rifugiati rinchiusi nel centro le violenze, le intimidazioni e le umiliazioni sono state gravissime e continue.
Attualmente la procura regionale del Nordreno-Vestfalia sta indagando su quattro vigilantes – due dei quali con precedenti penali per atti di violenza – accusati di lesioni gravi e detenzione di armi proibite, anche se finora i magistrati non hanno rinvenuto prove di un’aggravante di tipo razziale che farebbe lievitare l’eventuale pena per i colpevoli degli abusi.
Il caso ha suscitato in Germania una ridda di polemiche, ma abbiamo la sensazione che il tutto verrà presto derubricato a episodio locale e isolato. Ma non è certo la prima volta che nel paese viene alla luce un tale trattamento riservato ai migranti. Negli ultimi mesi altri due i centri di accoglienza per i rifugiati, che in Germania vengono subappaltati a ditte private, sono stati investiti da accuse simili.
E’ possibile che un paese ricco e civile come la Germania debba affidare a ditte private l’accoglienza di coloro che fuggono da guerre e persecuzioni politiche? Il mondo politico tedesco – e anche il governo locale, formato da una coalizione tra Socialdemocratici e Verdi – si difende affermando che il numero di richiedenti asilo nel paese è troppo alto e che le istituzioni non riescono a far fronte all’emergenza. E i politici di Berlino si difendono – utilizzando argomenti simili a quelli usati in Italia dalla Lega o dal Ministro Alfano – affermando che all’interno dell’Unione Europea neanche 10 dei 28 paesi membri si fanno carico dell’accoglienza dei rifugiati che provengono dagli altri continenti.
Intanto a a Madrid il Tribunale Militare Territoriale numero 12 è in procinto di processare cinque militari spagnoli accusati di aver torturato dei prigionieri iracheni all’interno della Base España. I fatti per i quali i militari vengono processati risalgono all’inizio del 2004 quando i soldati di Madrid si recarono nella cella in cui erano rinchiusi due iracheni “per umiliarli” in segno di vendetta dopo un attacco sferrato da un gruppo della resistenza irachena contro un convoglio militare di Madrid, che all’epoca operava nel paese a fianco delle truppe di occupazione statunitensi. La giustizia militare ha aperto un’inchiesta contro i cinque soldati solo dopo che nel marzo del 2013 il quotidiano El Pais diffuse un video nel quale tre dei cinque militari attualmente sotto processo prendevano a calci due prigionieri nella loro cella, mentre gli altri due li osservavano e incitavano e un sesto registrava la scena con la sua telecamera. I cinque – un capitano del Centro Nazionale di Intelligence, due ufficiali uno della Legione e l’altro della Guardia Civil e due poliziotti – sono accusati di aver violato il Codice Militare di Guerra.
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