Il Wall Street inguaia Obama rivelando che, a metà ottobre, il presidente Usa ha inviato in segreto una lettera segreta alla guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei. Interloquendo con il leader politico e religioso iraniano, Obama avrebbe messo nero su bianco gli “interessi comuni” di Usa e Iran in questa congiuntura storica: la sconfitta dei jihadisti dello Stato islamico in Siria e Iraq. Ma la Casa Bianca sottolinea nella lettera che questa possibile collaborazione è condizionata al raggiungimento di un accordo globale sul programma nucleare iraniano.
Richiesto di un commento, il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha detto ieri che la politica degli Stati Uniti nei confronti dell’Iran non è cambiata, aggiungendo di non poter commentare la corrispondenza privata tra Obama e un leader straniero. “Io non mi fido dei dirigenti iraniani – ha commentato invece in una conferenza stampa il presidente del Congresso, John Boehner – e non credo che gli Stati Uniti debbano introdurli nella lotta contro l’ISIS. Mi auguro che le trattative in corso siano negoziati seri, ma ho i miei dubbi”.
Secondo il Wall Street Journal, la lettera di Obama sarebbe stata inviata a metà del mese scorso e non sarebbe neanche la prima. Sarebbero infatti almeno quattro le lettere inviate da Obama a Khamenei durante il suo doppio mandato presidenziale. Il quotidiano statunitense, nè le fonti ufficiali, al momento, forniscono però indicazioni se ci sono state e come siano state le risposte.
Da quando si è manifestato il problema dell’offensiva dell’Isis, l’ayatollah Khamenei ha accusato duramente Stati Uniti, Israele e Gran Bretagna, di avere “fortemente aumentato i loro sforzi per creare divisioni tra sciiti e sunniti” e di aver creato al Qaida e l’Isis “per far nascere divisioni e combattere contro la Repubblica Islamica” di Iran.
Sempre secondo il Wall Street Journale, la lettera di Obama a Khamenei sarebbe stata inviata senza informare gli alleati degli Usa in Medio Oriente, in primo luogo Israele, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. La reazione israeliana alla notizia non si è fatta attendere. “Ogni accordo con l’Iran riguardo una cooperazione con l’Isis e’ uno sbaglio a cui Israele si oppone”, ha affermato il ministro degli esteri israeliano Lieberman.
Come noto, le autorità israeliane non sentono ragioni sul programma nucleare iraniano. Israele continua ad esercitare la pretesa di essere l’unica potenza nucleare in Medio Oriente e vede con preoccupazione la possibilità che un altro Stato mediorientale possa avere tecnologia o addirittura armi nucleari. Nel negoziato sul nucleare iraniano, secondo la tabella di marcia definita all’inizio dell’anno, il termine massimo per trovare un accordo globale è il 24 novembre, tra tre settimane. Il segretario di Stato Usa John Kerry ha in programma di incontrare a breve in Oman il ministro degli esteri iraniano Javad Zarif.
Secondo alcuni osservatori, un accordo globale sul programma nucleare iraniano e un’eventuale collaborazione anti-Isis con Teheran, rappresenterebbero un importante successo per Obama, in forte debito di ossigeno dopo le elezioni di medio termine ed ormai a metà del suo secondo mandato presidenziale. Ma proprio l’esito delle elezioni di “mid term” con la vittoria dei repubblicani sia al Congresso che al Senato, potrebbero rappresentare un forte ostacolo a questo scenario. Tra i repubblicani infatti è fortissima la componente “likudzik” più bellicista e ostile all’Iran e sensibile agli interessi di Israele. Ma il patto con l’Iran non è una novità nella politica statunitense. Anche durante la guerra tra Iran e Iraq, tra il 1980 e il 1988, sia gli Stati Uniti che Israele giocarono su molti tavoli. I primi fornendo e trafficando armi (lo scandalo Iran-Contras), la seconda bombardando il reattore iracheno di Osiraq nel 1981, in piena guerra. Un gioco pericoloso e disinvolto che stiamo vedendo all’opera in Medio Oriente con la campagna contro (?) l’Isis.
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