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Guerra commerciale: la Russia contro Danone e Pepsi

Accuse pesantissime quelle del ministro dell’agricoltura russo Nikolai Fedorov alle multinazionali straniere del calibro di Danone e PepsiCo, quest’ultima presente nel Paese da ben prima che la Coca Cola fosse sdoganata in concomitanza con il crollo dell’Unione Sovietica. Secondo le accuse dell’esecutivo di Mosca, le controllate russe di Danone e Pepsi metterebbero sul mercato prodotti lattiero-caseari quanto meno di pessima qualità, se non addirittura adulterati. “In questi prodotti c’è un massimo del 20% che proviene da latte vero, il resto è un miscuglio di latte, olio di cocco, olio di palma e altri additivi” ha denunciato il ministro. Parole tanto pesanti da convincere la potente associazione del business europeo Aeb a prendere posizione affermando di essere “fiduciosa che queste affermazioni non riflettano la posizione delle più alte autorità russe”.

Il ministro ha anche invitato i governatori regionali a monitorare le attività di Wimm-Bill-Dann (Pepsico) e Unimilk (Danone) e ha suggerito che i produttori lattiero-caseari internazionali stanno sfruttando gli allevatori russi e non dovrebbe essere consentito di “scremare a buon mercato la crema del prodotto grezzo che i nostri poveri contadini producono”.
Danone ha contrattaccato insistendo sul fatto che i suoi standard sono tra i più alti nel settore lattiero-caseario. E la sua controllata russa si è detta “profondamente offesa” dai commenti del ministro: “calunnia diretta”. Anche PepsiCo ha prontamente confutato le affermazioni di Fedorov. Il timore delle due multinazionali però è giustificato: Danone genera circa il 10% delle sue vendite in Russia e gestisce 20 stabilimenti nel paese con più di 12.000 impiegati, con un investimento di 2 miliardi di dollari; PepsiCo ha investito in Russia 9 miliardi di dollari, gestisce 30 impianti di produzione, impiega 25 mila lavoratori e vende in Russia il 7% della sua produzione mondiale.
Vista anche la rilevanza delle imprese, il business europeo ha fatto quadrato. Secondo la Aeb, Associazione delle imprese europee, “le controllate russe di società estere fabbricano prodotti di altissima qualità, nel rispetto di tutte le norme russe, seguendo le stesse regole degli altri produttori russi”.
La rapida escalation delle tensioni politiche, diplomatiche e militari tra Mosca e i governi occidentali dopo la reazione non conciliante di Mosca al golpe filo-Ue e filo-Nato a Kiev, ha già avuto un impatto enorme per le aziende alimentari che esportano prodotti in Russia, a partire da quelle italiane. In risposta alle sanzioni occidentali, le autorità russe hanno infatti imposto ad agosto un embargo su carne, pesce, latticini prodotti dagli Stati Uniti, Unione europea, Australia, Canada e Norvegia.
Aziende lattiero-casearie del calibro di Valio, FrieslandCampina e Arla o della carne come Atria, Danish Crown e HKScan hanno visto colpite seriamente le proprie esportazioni. Finora, le imprese internazionali che operano con impianti locali di produzione sono state in gran parte salvate dall’impatto dei divieti di importazione in Russia. Almeno, fino alla fine della scorsa settimana, quando durante una visita a Omsk, Fedorov ha sferrato il suo attacco.

Nel mirino delle autorità russe nei mesi scorsi erano finiti molti “ristoranti” della catena statunitense McDonald’s, decine dei quali sono stati chiusi dalle autorità sanitarie a Mosca e in tutta la Federazione Russa a causa di “palesi violazioni delle norme igienico-sanitarie”.

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