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“Brutalità, torture, metodi militari d’interrogatorio”: dito puntato dell’Onu contro gli Stati Uniti

Stati uniti sotto accusa per le torture. Il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura nei giorni scorsi ha stilato un rapporto con critiche piuttosto dure e circostanziate non solo contro la prigione-lager di Guantanamo, ma anche sui metodi d’interrogatorio militari, la detenzione in isolamento e l’abuso di potere nelle carceri. Ed anche la brutalità delle forze di polizia. Un gruppo di membri del Comitato contro la tortura nei giorni scorsi ha avuto un colloquio con i genitori di Michael Brown, il diciottenne ucciso dalla polizia a Ferguson. Il Comitato nel redigere il rapporto, infatti, si basa su proprie indagini così come su dati forniti da difensori dei diritti umani sulle violazioni della Convenzione contro la tortura. 

Per Alessio Bruni, componente del comitato, se gli Usa vogliono rispettare pienamente la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura dovrebbero intervenire in “numerose aree”. Tra le raccomandazioni formulate dall’Onu, figurano quelle di “investigare tutti i casi di brutalità delle forze dell’ordine” e perseguire i responsabili e di limitare l’uso della pistola elettrica Taser da parte della polizia ai casi in cui vita o incolumità siano davvero direttamente minacciate. Il Comitato chiede inoltre agli Usa di rivedere almeno le modalità delle esecuzioni capitali per scongiurare sofferenze prolungate ai condannati, di aderire alla moratoria contro la pena di morte e di “incrementare gli sforzi per prevenire e combattere la violenza nei luoghi di detenzione: inclusa gli abusi sessuali da parte del personale di polizia e penitenziario o di altri reclusi”.
Washington ha ratificato in teoria la Convenzione Onu contro la tortura nel 1994 ma la situazione, soprattutto da quando è stata introdotta da Bush la legge antiterrorismo è peggiorata. Proprio in questi giorni, per esempio, è arrivata la notizia da Guantanamo che 36 dei 148 detenuti non saranno incriminati o processati e continueranno ad essere imprigionati a tempo indeterminato. 79, invece, sono i prigionieri che sono in attesa di essere trasferiti in altri Paesi, mentre altri 33 potranno essere incriminati formalmente e processati.
Riguardo ai 36 detenuti che saranno detenuti a tempo indeterminato gli Usa si sono addirittura appellati al diritto bellico. “Come parte del conflitto, gli Stati Uniti hanno catturato e detenuto nemici belligeranti ed è permesso dal diritto bellico di trattenerli fino alla fine dell’ostilità”, sostengono in una dichiarazione ufficiale. Va ricordato che subito dopo il suo insediamento nel 2009, Barack Obama si era impegnato a chiudere Guantanamo, in risposta agli anni di critiche e condanne arrivate dalla comunità internazionale. Ma in tutti questi anni i suoi tentativi hanno trovato la netta opposizione del Congresso, anche di esponenti democratici.

Sulla prigione Usa nei pressi di Cuba c’è una vera e propria cortina di ferro. Sintomatico il rifiuto da parte dell’inviato speciale dell’Onu per la lotta alla tortura, Juan Mendez, di recarsi in visita a Guantanamo perchè, come ha ribadito l’inviato americano a Ginevra, Keith Harper, non avrebbe potuto, per motivi di sicurezza e riservatezza, avere accesso, come aveva chiesto, diretto ad i detenuti. Solo gli avvocati e la Croce Rossa hanno questo accesso, ha detto Harper. Ma Jens Modvig, membro del comitato, ha messo in dubbio che tutti i detenuti abbiano accesso ad un adeguato sostegno legale.

da Controlacrisi.org – in consorzio Clic

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