Nei giorni scorsi la cancelliera tedesca Angela Merkel è intervenuta personalmente per stigmatizzare le sempre più partecipate e frequenti manifestazioni organizzate nelle città del paese dal neonato movimento Pegida che a partire dall’inizio dell’autunno ha portato in piazza decine di migliaia di dimostranti contro la pretesa islamizzazione della Germania. “Oggi alcuni sono tornati a gridare ‘Noi siamo il popolo’ ma ciò che realmente pensano è: ‘Voi non appartenete a questo popolo a causa del vostro colore della pelle e della vostra religione” ha detto Angela Merkel durante il discorso di fine anno, aggiungendo: “Per questo vi chiedo di non seguire coloro che convocano queste manifestazioni giacché nei loro cuori albergano pregiudizi e odio”.
Molte le cronache che hanno fatto notare che dietro gli slogan compassati e le fiaccolate attentamente depurate dai tradizionali simboli neonazisti si nascondono personaggi e sigle dell’estrema destra più o meno radicale. E a gestire il servizio d’ordine della ‘maggioranza silenziosa’ in versione germanica sono spesso teste rasate e militanti dei gruppi nazi.
Il fondatore e leader del movimento si chiama Lutz Bachmann, ha 41 anni, possiede un’agenzia fotografica e di pubbliche relazioni e ha confessato sul suo profilo Facebook che alle spalle ha una condanna a tre anni e mezzo di carcere. Da quello che se ne sa, ha abbandonato gli studi intrapresi per diventare cuoco per dedicarsi ad aggredire i clienti delle prostitute, per poi fuggire in Sudafrica; dopo tre anni vissuti nel paese sotto falso nome venne scoperto ed espulso in Germania, dove ha dovuto scontare la pena per poi essere liberato dopo due anni di reclusione. Ma poi fu arrestato di nuovo mentre spacciava cocaina e condannato ad altri due anni di libertà condizionata. Nel suo curriculum non certo invidiabile anche una denuncia per guida in stato d’ebbrezza, rapine e aggressioni. L’autoproclamato “salvatore dell’Occidente” non sembra proprio uno stinco di santo. Eppure in pochi mesi la sua creatura – che prende di petto soprattutto i rifugiati, che in Sassonia rappresentano appena lo 0,1% della popolazione – è diventato un fenomeno politico di massa. “Non sono razzista” ha spiegato nel corso di un’intervista al Bild – “Non siamo contro il diritto d’asilo ma combattiamo i rifugiati economici”, chiarendo che il problema per Pegida in realtà non è tanto la religione prevalente degli immigrati che arrivano in Germania – l’Islam – quanto l’immigrazione in sé, e gli immigrati poveri in particolare.
Ed ora le forze mobilitate da Pegida – che sta per Patrioti Europei contro l’islamizzazione dell’Occidente – potrebbero saldarsi con il partito della borghesia nazionalista ed euroscettica tedesca, quell’Alternativa per la Germania che, nato nel febbraio del 2013 da una scissione di destra dei democristiani, ha già ottenuto ottimi risultati elettorali in varie consultazioni. La notizia di queste ore – quella che forse ha convinto Frau Merkel a intervenire di persona – è che Afd e Pegida inizieranno nei prossimi giorni un giro di riunioni dirette a sondare la possibilità di formare un’alleanza politica di destra, nazionalista e xenofoba che concentri i propri sforzi contro l’immigrazione, la libertà di movimento all’interno dell’area Schengen e l’accoglienza dei rifugiati politici. Se i colloqui dovessero procedere positivamente ne potrebbe nascere un vero e proprio Fronte Nazionale capace di superare tranquillamente il 10% dei voti.
Da notare che a compiere il primo passo è stata la dirigente della Sassonia di Alternative für Deutschland, Frauke Petry, forte di ben 13 deputati regionali nel suo Land, che ha invitato formalmente il movimento xenofobo e islamofobo a intavolare un giro di negoziati politici con gli euroscettici. A sdoganare quelli di Pegida in vista di una possibile convergenza ci ha pensato il segretario di Alternativa per la Germania, Bernd Lucke, che commentando il messaggio di fine d’anno del primo ministro ha detto: “La signora Merkel classifica la gente come xenofoba, invece di ascoltarla e l’obbligo del cancelliere è ascoltare la gente”. A difendere gli islamofobi anche un membro del governo federale, il socialcristiano Michael Müller, titolare del dicastero per la Cooperazione e lo Sviluppo, secondo il quale “la gran maggioranza della gente che partecipa alle manifestazioni di Pegida non è razzista (…) I tedeschi con redditi bassi hanno la sensazione che a causa dei rifugiati loro vengano penalizzati. I rifugiati, così come i migranti, vengono considerati da questa gente come competitori”. Una presa di posizione che ha portato Katja Kipping, presidente del partito di sinistra Die Linke, a definire la Unione Social Cristiana (CSU) della Baviera il “braccio parlamentare” di Pegida.
A parte il battibecco politico, la questione è seria. Secondo un sondaggio pubblicato dalla rivista Stern, un terzo della popolazione tedesca mostra comprensione per le manifestazioni xenofobe mascherate da antislamiche, e ammette senza pudori che l’Islam ha troppa influenza nella vita quotidiana del paese. Il sondaggio mostra anche che il 71% degli elettori di AfD appoggia esplicitamente Pegida.
Il movimento di estrema destra, che ha portato in piazza 17 mila persone lo scorso 22 dicembre, ha già annunciato per oggi nuove manifestazioni a Dresda e a Colonia. Contro di loro le autorità ecclesiastiche che in entrambe le città hanno annunciato che spegneranno i riflettori che illuminano di notte le rispettive cattedrali in segno di protesta contro gli xenofobi.
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